
Tutti favorevoli, o quasi, alla proposta di abbassare l’età del primo voto a 16 anni. Sembrava una provocazione, come se ne fanno tante in politica, quella avanzata dall’ex presidente del Consiglio Enrico Letta. Dal destino incerto. Invece in poche ore, complice forse l’eco suscitato dal movimento ambientalista Fridays for Future (che ha per protagonisti proprio degli adolescenti), l’idea di allargare quello che tecnicamente si chiama “diritto all’elettorato attivo” ha ricevuto il plauso di tutti i leader principali. A partire dall’attuale premier Conte, che durante la videochat con Skuola.net ha detto che “abbassare la soglia per votare a 16 anni va benissimo. Ci sta. Non è iniziata ancora una riflessione di governo ma potremmo farla: anzi forse sarebbe più utile che la si facesse in sede parlamentare".
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Voto ai sedicenni, cambiare non è così semplice
Non potrebbe essere altrimenti. Perché, al di là delle dichiarazioni dal forte impatto, realizzare un cambiamento del genere non è così semplice e immediato. Per farlo bisogna procedere a una riforma della Costituzione. Il diritto di voto, infatti, è disciplinato dall’art.48 della Costituzione che, al primo comma, recita: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età”. Ovvero 18 anni. Bisognerebbe cambiarne il testo, sostituendo ‘maggiore età’ con ’16 anni’. A meno che non si voglia portare ulteriormente indietro la maggiore età, come avvenne quando si passò da 21 a 18 anni, come avvenuto nel 1975. Ma lì la faccenda sarebbe ben più complessa. E poi c’è la questione del Senato: oggi può votare per eleggere i senatori solo chi ha compiuto 25 anni. Che fare? Abbassare tale soglia a 18 anni? O direttamente a 16? Comunque niente di fantascientifico, visto che alcuni Paesi europei questa possibilità esiste già.
La procedura
Tornando al nostro diritto di voto, trattandosi di una norma costituzionale, è obbligatorio attivare la cosiddetta procedura rafforzata (così come prevista dalla stessa Costituzione, all’art.138): un doppio voto, con la richiesta di una maggioranza assoluta al secondo passaggio, da parte di entrambi i rami del Parlamento (Camera e Senato), ognuna a una distanza minima di tre mesi dall’altra. Con un eventuale referendum popolare confermativo, se richiesto. Un po’ quello che sta avvenendo attualmente con il taglio del numero dei parlamentari. Letta prevede che possa essere “una riforma costituzionale da fare in un anno”. Tecnicamente si può fare. L’accordo sembra esserci. Ma la prudenza è d’obbligo, considerando anche l’esperienza del passato.
Abbassare l’età del voto? C’è chi ci ha già provato
Il diritto di voto, infatti, è una materia con cui si sono cimentati in molti negli ultimi anni. Con altrettanti buchi nell’acqua. Tante le iniziative dal contenuto simile. Nel 2007, ad esempio, l’allora segretario del Partito Democratico, Walter Veltroni, propose di estendere il voto ai 16enni (e agli extracomunitari residenti in Italia da almeno cinque anni) ma solo per le elezioni amministrative (per Comuni e Regioni). Stessa sorte per una proposta della Lega, datata 2015, che invece voleva dare quest’opportunità anche per il rinnovo della Camera e del Senato. Nel 2016 è l’ispiratore del M5S, Beppe Grillo, a caldeggiare l’abbassamento dell’età del primo voto a 16 anni e, più di recente, addirittura a 14 anni.