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di paolodifalco01
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tensioni tra Serbia e KosovoSi infiammano nuovamente le tensioni tra la Serbia e il Kosovo che si vanno ad inserire in uno scenario internazionale già minato dalla guerra in Ucraina iniziata cinque mesi fa dopo l'invasione da parte della Russia e, ancora adesso, senza spiragli imminenti di pace.

Ad accendere la miccia di questa nuova escalation tra la Serbia e il Kosovo sono state le nuove misure varate dal governo di Pristina che sancivano, a partire da oggi, il divieto di utilizzare documenti e targhe serbe nelle regioni del nord a maggioranza serba.

Proprio da qui sono partite le tensione ma, andiamo a vedere cos'è successo.

Le proteste serbe in Kosovo

Stando ai dati dell'agenzia stampa Bloomberg, sono più di 100.000 i serbi che attualmente vivono in Kosovo, stato che ha ottenuto l'indipendenza dalla Serbia, dove in prevalenza vive una popolazione etnica albanese di 1,8 milioni persone.

Dalle regioni del nord del Kosovo a maggioranza serba sarebbero partite le prime proteste e, come reazione al nuovo divieto, i manifestanti con camion e altri mezzi avevano bloccato i due principali passaggi di confine tra Kosovo e Serbia, Jarinje e Bernjak, obbligando le autorità a chiuderli entrambi. Inoltre, secondo alcune fonti non confermate, durante la notte c'erano stati diversi spari di arma da fuoco e così questo scenario ha portato la NATO, presente nel Paese con una missione di pace con 3.770 soldati, a descrivere la situazione come "tesa" sottolineando che era "pronta a intervenire se la stabilità è messa in pericolo". Dall'altro lato, la Forza militare internazionale (Kfor) di cui fa parte anche l'Italia ha invitato degli uomini a pattugliare le strade nell'area vicino alle due frontiere.

Il rinvio della legge e la reazione della Serbia

Dopo le proteste il primo ministro kosovaro, Albin Kurti ha deciso di rimandare l’entrata in vigore delle nuove regole comunicando che:"Tutte le barricate saranno rimosse e la piena libertà di movimento sarà stabilita su tutte le strade del nord del Kosovo". In quest'area del Paese a partire dalla guerra del 1999, il Kosovo aveva tollerato le targhe emesse dalle istituzioni serbe in quattro municipalit. Stando alla nuova legge, che dovrebbe entrare in vigore a settembre, saranno accettate solamente targhe con l’acronimo Rks, cioè Repubblica del Kosovo.

Dopo le proteste il presidente serbo Aleksandar Vucic, in un discorso televisivo con affianco una cartina del Kosovo coperto dalla bandiera serba, ha detto che:"I serbi del Kosovo non tollereranno altre persecuzioni. Cercheremo la pace, ma lasciatemi dire che non ci arrenderemo. La Serbia non è un Paese che si può sconfiggere facilmente come lo era ai tempi di Milosevic". A destare preoccupazione però sono state le sue successive dichiarazioni in cui ha ribadito di non escludere "un'invasione da parte delle truppe kosovare a partire dalla mezzanotte tra domenica e lunedì 1 agosto".

La situazione del Kosovo

Dopo queste dichiarazioni la nuova crisi, rimandata a settembre visto che Pristina non sembra intenzionata a voler fare marcia indietro, si fa sempre più complicata e si inserisce nel quadro già delicato del Paese. Il Kosovo, infatti, è un'ex provincia serba che con le guerre balcaniche del 1912-13 era stata annessa al Regno di Serbia assieme al quale fece parte della Jugoslavia. Successivamente, tra il 1998 e il 1999 fu combattuta una guerra tra l’esercito jugoslavo, controllato dai serbi, e i ribelli kosovari albanesi, che volevano separarsi.

Tale conflitto terminò con l'intervento della NATO che bombardò la Serbia costringendo le sue forze a ritirarsi dal territorio kosovaro. Dieci anni dopo, nel 2008, il Kosovo dichiarò l'indipendenza dalla Serbia e quest'ultima fu riconosciuta dagli Stati Uniti, dalla maggior parte dei Paesi dell'Unione Europea ma non dalla Serbia e dai loro alleati come la Russia e la Cina. Negli ultimi anni le tensioni sono aumentate vista anche l'influenza della Serbia sulla minoranza residente nel Paese.

Bisogna anche sottolineare come entrambi i Paesi aspirano ad aderire all'Unione Europea ma sono stati pochi i progressi nei colloqui intermediati dall'UE per riparare i legami, una condizione chiave per qualificarsi per la potenziale adesione al blocco. Qui entrano in gioco Russia e Cina che si sono schierate con la Serbia sfidando la sovranità del Kosovo e impedendogli di aderire alle Nazioni Unite.

Le dichiarazioni russe e quelle europee

Proprio per questo alle dichiarazioni del primo ministro serbo hanno fatto eco quelle della portavoce del ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova che ha accusato il primo ministro kosovaro Kurti di avere provocato le ultime tensioni, sostenendo che la decisione sulle targhe e gli altri documenti personali è "un altro passo verso l’espulsione della popolazione serba dal Kosovo, e la rimozione delle istituzioni serbe che assicurano la protezione e i diritti dei residenti serbi".

La stessa ha inoltre sottolineato che la Russia "chiede a Pristina, agli Stati Uniti e all’Unione Europea di fermare le provocazioni e di rispettare i diritti dei serbi in Kosovo". A far capire la gravità della situazione sono però le ultimissime dichiarazioni di un senatore della Federazione Russa,Vladimir Dzhabarov che ha detto:"In caso di aggravamento della situazione in Serbia, la Russia fornirà assistenza a Belgrado senza entrare in conflitto".

L’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea (Ue), Josep Borrell, invece ha "accolto con favore la decisione del Kosovo di spostare le misure al primo settembre" ribadendo, su Twitter, che "le questioni aperte dovrebbero essere affrontate attraverso il dialogo facilitato dall’Ue e l’attenzione dovrebbe concentrarsi sulla normalizzazione globale delle relazioni tra Kosovo e Serbia, essenziali per i loro percorsi di integrazione nell’Ue".

Paolo Di Falco

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