
Eppure è proprio tra i banchi che si colgono i primi segnali dello spettro autistico, con un iter che contemporaneamente coinvolge famiglia, scuola e insegnanti. Ma questo rapporto funziona? Abbiamo fatto due chiacchiere con Flaminia, mamma di Flavio, nel tentativo di fare luce sulla condizione degli studenti disabili nelle scuole e per cercare di capire quanto ancora c’è da fare riguardo questa tematica.
L’inclusione degli studenti disabili dalla competenza dei docenti
In Italia la legge prevede che ogni bambino affetto da autismo sia seguito da almeno un insegnante di sostegno ed (eventualmente) da altre figure professionali come educatori OEPA, psicologi e assistenti alla comunicazione. Nel caso di Flavio il supporto non è mancato, tuttavia Flaminia segnala alcune difficoltà legate soprattutto ad una mancanza di continuità nella didattica personalizzata del figlio. “Flavio ha avuto da subito l’insegnante di sostegno. Le figure ci sono state ma non erano adatte perché non preparate per la disabilità di Flavio. Abbiamo chiesto di cambiare l’insegnante di sostegno dopo 3 anni perché non ha mai capito come gestire nostro figlio. Come se non bastasse, gli educatori OEPA cambiano tutti gli anni. Nell’ultimo periodo poi la situazione è precipitata, avendo cambiato più di cinque educatori nel giro di un anno e mezzo: dall’inizio dell’anno scolastico ne abbiamo cambiato uno al mese”.C’è da dire che nel nostro Paese l’inclusione dei ragazzi disabili nelle scuole gode di particolare attenzione, tuttavia la continuità di una dimensione quotidiana è fondamentale per mettere un ragazzo affetto da disturbo dello spettro autistico a proprio agio. Il trattamento di questo disturbo presuppone inoltre la conoscenza e la padronanza di tecniche specifiche. Due elementi mancanti - secondo Flaminia - nel percorso scolastico di suo figlio. A questo si aggiunge un approccio da parte degli insegnanti che riflette una didattica appartenente al passato: ”Gli insegnanti di ruolo non sono adatti. Flavio ha una problematica sulla negazione, e va in ansia non appena gli viene detto di non fare una determinata cosa. Gli insegnanti non riuscivano a capire questa dinamica perché non erano formate. Il risultato di questo atteggiamento è la frustrazione di Flavio. Le maestre di vecchio stampo purtroppo appartengono ad un’altra epoca, e la loro preparazione non gli consente di approcciarsi correttamente a bambini come Flavio. Per cui il mio giudizio sulla preparazione dei docenti non può che essere negativo”.
La mancanza di sinergia tra scuola, famiglia e insegnanti è un ostacolo per lo studente
Flavio segue una terapia specifica a scuola e a casa grazie anche all’"Associazione Maratonda", un gruppo di professionisti che ormai da anni opera nel settore neuropsicologico nel territorio di Roma. Per fare in modo che la terapia porti i suoi frutti, è necessario che famiglia, scuola e terapisti seguano un progetto di crescita e una strategia ad hoc condivisa, mirata e performante. In poche parole: famiglia, autismo e scuola devono andare di pari passo. Il progetto di crescita si riflette poi nel PEI - il Piano Educativo Individualizzato - cioè uno strumento utile alla didattica dei ragazzi affetti da disabilità. Solitamente il PEI è concordato congiuntamente da terapisti, scuola e Asl locale e viene associato in questo caso alla dimensione della diagnosi. Il piano ha come obiettivo quello di evidenziare i margini di miglioramento, i punti di forza e le lacune dell’alunno, ma non solo: ”Entro la fine di novembre faremo richiesta per il PEI. Il piano consiste nel favorire l’inclusione di Flavio nella classe. Tuttavia gli educatori OEPA che abbiamo avuto in passato spesso lo hanno portato fuori dalla classe, impegnandolo in attività che di scolastico avevano poco. Vorrei che mio figlio stesse in classe con i suoi compagni”.Per bambini come Flavio infatti non basta “fare presenza” e sedersi al banco per sentirsi parte del gruppo classe. E’ anzi un processo che avviene gradualmente, tramite stimoli e soprattutto con la continuità didattica, prevista dal PEI: ”Flavio non ha avuto una continuità didattica di alcun tipo. L’insegnante di sostegno che c’era prima non sapeva gestirlo al meglio per i motivi che abbiamo detto. Non parliamo poi degli insegnanti di ruolo, totalmente impreparati. Lui da solo però si impegna e ha capacità che andrebbero valorizzate. Per fare un esempio, ultimamente parla solo in inglese ed è l’unico della sua classe che ha imparato l’alfabeto inglese”.
L’appello di Flaminia, mamma di Flavio: “Chiedo insegnanti e assistenti formati: alla scuola chiedo continuità per mio figlio”
E i compagni di classe di Flavio come si rapportano con lui? D’altronde stiamo pur sempre parlando di studenti di quinta elementare. ”I compagni di classe lo amano, sono contenti di stare con lui. Quel briciolo di socialità di cui può godere Flavio la dobbiamo a loro. Anche lui ultimamente è molto più socievole, merito della terapia che segue. Due settimane fa sono andata in gita con la classe e lui è stato bravissimo, nonostante avessimo preso i mezzi che solitamente lo innervosiscono” ci ha spiegato Flaminia.Insomma “i grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta”, come ci insegna un noto racconto. Ed è probabilmente ora di un cambio di rotta significativo - efficace e concreto - che metta tutti gli studenti nella stessa condizione: quella di imparare, ciascuno con i propri modi e tempi. Flaminia ci ha salutato con un appello al mondo della scuola e delle istituzioni: ”Io vorrei che ci fossero insegnanti e assistenti OEPA formati per questo. Devono esserci corsi adeguati alla disabilità mentali, non solo fisiche. Spero che la scuola garantisca continuità, con insegnanti che accompagnino il percorso dei ragazzi per tutti gli anni della scuola. Io, come genitore, faccio parte del “Progetto Sinapsi”, associazione di famiglie che ha lo scopo di sensibilizzare sulla tematica. A breve proporremo dei corsi per gli operatori OEPA, pagati da noi”.