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Intervista immaginaria a Monkey D. Luffy sul rientro a scuolaSono corso al porto di Civitavecchia non appena ho saputo che era lì. Sebbene mi desse le spalle l’ho riconosciuto subito, per via della solita maglietta rossa e dell'inconfondibile cappello di paglia.
Monkey D. Luffy è seduto per terra sul molo, con le gambe penzoloni. Davanti a lui, il mare.

Frame sigla anime One Piece

“Permetti due parole?”, gli ho chiesto. Lui si è girato verso di me e mi ha rivolto un gran sorriso a trentadue denti: “Due parole non si negano a nessuno”.

Intervista immaginaria a Monkey D. Luffy, anche conosciuto come Cappello di Paglia

Ho indicato il posto al suo fianco. “Posso?”.

Monkey D. Luffy ha battuto per due volte a terra con il palmo: “Vieni”.

Mi sono accomodato e, seguendo il suo esempio, ho preso anch’io a fissare il mare. Era calmo, praticamente piatto.

“Ci conosciamo?”, mi ha chiesto lui a un certo punto.

“No”, ho risposto. “Ma sono venuto qui a posta per te. Sai, lavoro per Skuola.net”.

“Ne ho sentito parlare, che taglia ha?”.

“Nessuna taglia, non è un pirata! È un portale dedicato agli studenti”.

Luffy si è schiarito la gola e si è dato una sistemata al cappello di paglia. “Il portale degli studenti, certo. Errore mio”.

“Vorrei farti qualche domanda sul tema del rientro a scuola, gli ho detto. Poi ho aggiunto: “Siamo a settembre, in questi giorni tutti gli studenti si siederanno di nuovo ai banchi dopo la pausa estiva”.

Lui ha mandato un sospiro verso il mare, senza però perdere il sorriso. “Lo so bene. Per me, ogni volta, era un piccolo trauma”.

“Ah sì?”.

“Diciamo che la scuola non era proprio il mio forte. Luffy si è messo a ridere alle sue parole, o forse ai suoi ricordi. “Sono sempre stato piuttosto indisciplinato. Un ragazzo, diciamo così, un po’ su di giri. Farmi stare seduto era un problema per gli insegnanti”.

“Te lo ricordi il tuo primo giorno?”, ho chiesto io.

Mi hanno legato alla sedia.

“Come?”.

“Il mio primo giorno. Certo che me lo ricordo, mi hanno legato alla sedia per farmi seguire la lezione”.

“Non molto educativo come metodo…”, ho commentato.

“No, infatti non sono durato tanto”.

“Hai lasciato?”.

“Sì, ma non per quello. Il fatto è che già sapevo che per il mio sogno non mi sarebbe servuto andare a scuola”.

“Servito”.

“Cosa?”.

“Servito, si dice servito”.

Luffy ha sventolato una mano, come per allontanare un moscerino fastidioso. “In ogni caso, non mi è mai servito tanto andare a scuola. A un certo punto ho deciso di mollare e di inseguire il mio sogno”.

“Rischioso”.

È sempre rischioso inseguire il proprio sogno, ma il più delle volte ne vale la pena”, ha spiegato Monkey D. Luffy, gli occhi puntati su un gruppo di minuscoli pesciolini di passaggio. “Ricordo bene anche il mio primo giorno sul mare. È stato fantastico”.

“Da cosa hai capito che quella era la tua strada?”, ho chiesto.

“Dalla sensazione di libertà. Quando sono salito sulla nave mi sono sentito libero. Mi sembrava di respirare meglio”.

“Sembra una bella sensazione”.

“La migliore di tutte”, ha confermato lui.

“Cosa consiglieresti agli studenti che in questi giorni ricominciano la scuola?”.

Concentratevi sul vostro sogno.

“Difficilmente andare a scuola corrisponde al sogno di qualcuno…”.

“No, certo, ma fa parte del percorso, ha detto Luffy. “Neanche a me piace tutto della vita del pirata, ma ogni periodo, anche il più faticoso, è un piccolo passo che mi avvicina al One Piece. Secondo me, anche la scuola va vissuta in questo modo. Vuoi fare il medico o il professore? Beh, allora devi per forza passare per i banchi e per i libri, non c’è scampo”.

“Ho capito”, ho fatto io. “In un certo senso sono d’accordo con te”.

Luffy mi ha rivolto un altro dei suoi sorrisi a trentadue denti. “Anch’io sono daccordo con me”.

“D’accordo”, l’ho corretto io.

“Cosa?”.

“D’accordo, si scrive con l’apostrofo”.

“Ma io sto parlando…”, ha ribattuto lui, confuso.

“Sì, ma questa un’intervista scritta”.