
Ho bussato. “Avanti”, ha detto una voce dall’altra parte della porta. Sono entrato e lui era lì, seduto dietro la scrivania. “Ciao”, ho esordito io, “Sono qui per l’intervista sul primo giorno di scuola”. “Certo, accomodati”, mi ha risposto lui, che ha aggiunto: “Piacere, io sono Harry Potter”. Gli ho sorriso. “Lo so. So benissimo chi sei”.
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Intervista immaginaria a Harry Potter sul suo primo giorno di scuola
“La mia fama mi precede”, ha scherzato lui, che poi si è fatto un po’ cupo. “Come sempre, d’altronde”.“Scusami, non volevo...”.
“No, non devi scusarti, figurati!”. Harry Potter ha riso. “È solo che è stata una costante della mia vita. Ma ormai ci sono abituato”.
“Immagino”, ho detto io, guardandomi attorno. L’ufficio era piccolo e pieno di scartoffie. In bella vista, poggiate sul mobiletto dietro la scrivania, c’erano alcune foto incorniciate. Al centro, un ritratto di tre giovani sorridenti: Harry, Hermione e Ron.
“Mi dicevi che volevi sapere del mio primo giorno di scuola”, ha detto lui, riportandomi alla realtà.
“Sì”, ho risposto io. “Vedi, siamo a settembre, il mese del rientro a scuola. Per molti studenti, però, sarà il primo giorno. Ti va di raccontarmi della tua esperienza?”.
“Il mio primissimo giorno di scuola, a essere sinceri, non lo ricordo bene. I miei zii mi avevano iscritto a una scuola babbana. Mi pare che si chiamasse St. Grogory's. Poi c’è stata Hogwarts”.
“Raccontami di Hogwarts”.
“Quello sì che me lo ricordo bene. Il mio primo giorno. Praticamente è come se fosse ieri”. Harry sospira mentre si rigira tra le mani una penna.
“Come è stato?”, ho chiesto io, che ormai pendevo dalle sue labbra.
“Ricordo perfino l’odore…”, ha fatto lui, con lo sguardo lontano. “Ricordo la sala comune, ricordo le luci delle fiaccole alle pareti, le candele sospese in aria, il cielo stellato sopra di noi”. Harry ha annuito. “Diciamo… sì, diciamo che è stato magico”.
“Mi sembra l'aggettivo più azzeccato!”, ho scherzato io.
Ma lui era totalmente preso dai suoi ricordi: “Il primo giorno c’è stato lo smistamento. Io ero emozionatissimo. Quando mi sono seduto alla sedia e la professoressa McGranitt ha poggiato il cappello parlante sulla mia testa, mi sentivo svenire. Tutti che mi guardavano… Il mio cuore batteva così forte che avevo paura che si sentisse anche da fuori”.
“Però alla fine è andata”.
“Sì, decisamente. A volte, ancora mi riecheggia in testa la voce del cappello parlante”.
“Sei stato tu a scegliere la casata, giusto?”, gli ho chiesto.
“Più o meno. Diciamo che più che altro lo avevo supplicato di non mandarmi a Serpeverde”.
“Quindi sei contento di come sono andate le cose?”.
“Penso davvero che il primo giorno di scuola sia stato uno dei giorni più importanti di tutta la mia vita”, ha detto lui. Poi si è corretto: “Della mia nuova vita… Vedi, è stato il giorno in cui ho conosciuto Ron ed Hermione”. Harry ha indicato alle sue spalle, lì dove stava la foto. “Sono i miei migliori amici. Senza di loro sarebbe stato tutto diverso. Tutto quanto”.
“Un consiglio per gli studenti che affrontano i primi giorni di scuola?”.
“Tenetevi sempre a distanza dai terzi piani proibiti”.
“Nelle scuole babbane è difficile che ci siano piani proibiti”.
“Giusto”, ha convenuto lui. “Allora questo: non serve la magia per raggiungere la felicità. Molto meglio farsi degli amici. Tutti hanno, da qualche parte, un Ron e una Hermione che li aspetta!”.
“Grazie del tuo tempo, Harry”.
“Grazie a te”. Lui mi ha allungato un pacchetto stropicciato di dolciumi. La scritta diceva: Caramelle Tutti i Gusti Più Uno. “Vuoi?”.
Ho preso una caramella, l’ho scartata e l’ho messa in bocca. Era morbida. “È stato un vero piacere”.
“Anche per me”.
Non appena sono uscito dal suo ufficio, ho sputato via la caramella. Era semplicemente disgustosa. Sapeva di malocchio, con un leggero retrogusto di sfortuna.