
In Italia il fenomeno interessa circa 54mila ragazzi in età scolare secondo lo studio portato avanti dal Consiglio nazionale delle Ricerche di Pisa (Cnr – Ifc), volto a definire una prima stima quantitativa attendibile degli Hikikomori italiani. L'indagine è stata svolta su un campione di oltre 12mila studenti e ha portato alla luce non solo le cause, ma anche le conseguenze di un fenomeno sempre più esteso.
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Il fenomeno in Italia
Oggi in Italia, secondo lo studio, "il 2,1% del campione di oltre 12mila studenti intervistato attraverso un questionario attribuisce a se stesso la definizione di Hikikomori", il che, "proiettando il dato sulla popolazione studentesca, permette di stimare che circa 54 mila studenti siano colpiti da questo fenomeno". Parole queste di Sabrina Molinaro, ricercatrice del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa, intervistata dall' 'Agi'."Il 18,7% - aggiunge Molinaro - afferma, infatti, di non essere uscito per un tempo significativo, escludendo i periodi di lockdown, e di questi l'8,2% non è uscito per un tempo da 1 a 6 mesi e oltre: in quest'area si collocano sia le situazioni più gravi (oltre 6 mesi di chiusura), sia quelle a maggiore rischio (da 3 a 6 mesi). Le proiezioni ci parlano di circa l'1,7% degli studenti totali (44.000 ragazzi a livello nazionale) che si possono definire Hikikomori, mentre il 2,6% (67.000 giovani) sarebbero a rischio grave di diventarlo".
Ansia sociale, frustrazione: le cause
Sulle cause del fenomeno Hikikomori in Italia ci sarebbe molto da dire. Una prima indicazione arriva da Sonia Cerrai, in forza anche lei Cnr – Ifc: ”L’aver subito episodi di bullismo, contrariamente a quanto si possa ritenere, non è fra le ragioni più frequenti della scelta. Mentre si evince una fatica diffusa nei rapporti coi coetanei, caratterizzati da frustrazione e autosvalutazione” ha spiegato la ricercatrice.Il senso di inadeguatezza nei confronti dei propri compagni spinge questi ragazzi ad isolarsi: ma qual è la reazione dei familiari rispetto a questa scelta? ”Un altro dato parzialmente sorprendente riguarda la reazione delle famiglie: più di un intervistato su 4, fra coloro che si definiscono ritirati, dichiara infatti che i genitori avrebbero accettato la cosa apparentemente senza porsi domande. Il dato è simile quando si parla degli insegnanti” ha aggiunto Cerrai.