Paolo.Ferrara
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falcone borsellino

Sono trascorsi quasi 30 anni dalla strage di Capaci e da quella via D’Amelio che hanno accomunato il tragico destino di due icone indiscusse della legalità e del coraggio: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

La Giornata della Legalità si tiene proprio nel giorno (23 maggio) in cui il giudice Falcone fu vittima del terribile attentato che costò la vita a lui, alla moglie e agli uomini della sua scorta. Ricordare loro, vittime della mafia per eccellenza, non è solo un’occasione per celebrarli ma è anche un’opportunità per riflettere, discutere e promuovere tra i più giovani quei valori di legalità e giustizia che i due giudici hanno tanto sostenuto durante la loro vita. Ma chi erano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? Ecco alcuni spunti per conoscere meglio queste due importanti figure nella storia d'Italia.

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Paolo Borsellino è uno tra i più importanti magistrati e simbolo, insieme al collega Giovanni Falcone, della lotta contro Cosa Nostra. Da amici di vecchia data, infatti, iniziarono a lavorare insieme nel corso degli anni Ottanta, scambiandosi informazioni sulle due indagini che stavano seguendo, tanto che la guerra alla criminalità organizzata siciliana ha subito una svolta grazie al lavoro coordinato di questi due uomini. Dopo i numerosi omicidi di esponenti delle Forze dell'ordine e il dilagare delle guerre tra clan mafiosi, il Consiglio Superiore della Magistratura, decise di far nascere un vero e proprio Pool Antimafia costituito da giudici che avrebbero combattuto la mafia tutti assieme.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: “Gli uomini passano, le idee restano”

Dopo il concorso per entrare in magistratura, Giovanni Falcone fu giudice di pace a Lentini per trasferirsi poi a Trapani per dodici anni e lavorare come procuratore supplente. Arrivò a Palermo, invece, il giorno dopo il tragico attacco al giudice Cesare Terranova, il 25 settembre 1979. Dopo il maxiprocesso, il 23 maggio 1992 alle ore 17.58, nei pressi di Capaci, lungo l’autostrada che collega la città di Palermo a Mazara del Vallo, Giovanni Brusca fece saltare in aria il tratto autostradale in cui viaggiavano in automobile Giovanni Falcone e sua moglie Francesca Morvillo con 500 kg di tritolo. Con loro morirono anche tre uomini della loro scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Sua la frase che, oggi, rappresenta quasi un comandamento nella lotta alla mafia: "Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola".

Paolo Borsellino, invece, diventato magistrato alla giovane età di 23 anni, venne subito trasferito all’Ufficio istruzione del tribunale di Palermo e qui strinse un ottimo rapporto con Rocco Chinnici, suo superiore, a sua volta ucciso nel 1983. Appena prima di morire, Chinnici formò il famoso Pool Antimafia. Insieme i due giudici, a metà degli anni Ottanta, istituirono un maxi-processo a Palermo basato sulle dichiarazioni del pentito Tommaso Buscetta, che tolse il velo su 'Cosa Nostra', la mafia siciliana. Dopo l’assassinio di Giovanni Falcone del 23 maggio 1992, Borsellino fu consapevole che il successivo sarebbe stato lui e spese i due mesi che lo separarono dalla morte nel promuovere i valori della legalità e della lotta alla criminalità e ai soprusi: il 19 luglio dello stesso anno, mentre stava andando a trovare la madre, un’auto imbottita di tritolo esplose al suo arrivo. Insieme a lui morirono cinque agenti della sua scorta. Ma la sua lezione rimarrà per sempre in eredità a tutte le generazioni future.

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