
Due persone molto diverse, non solo sotto il profilo caratteriale. Eppure quello che avevano in comune valeva molto più di tutte le possibili divergenze. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino dedicarono infatti tutta la loro vita lavorativa alla lotta contro la mafia.
Due uomini onesti, che avevano la stessa visione: per dirla con le parole di Nicola Gratteri, “due giganti”. Durante un'intervista rilasciata al portale Skuola.net, il Procuratore della Repubblica di Napoli ha infatti avuto modo anche di ricordare, con un pizzico di commozione, gli ex colleghi.
E proprio oggi, che ricorrono i 33 anni dalla strage di Capaci, che costò la vita a Giovanni Falcone, alla moglie Francesca Morvillo e agli agenti della sua scorta - seguita a poche settimane di distanza da quella di Via D'Amelio, a Palermo, in cui rimase ucciso Borsellino, a sua volta assieme alla propria scorta- vogliamo riportare le sue parole. Importanti per capire la levatura dei due giudici e l'importanza del loro lavoro, per il quale hanno sacrificato l'esistenza.
L'orgoglio della storia italiana
“Quando è stato ucciso Falcone io ero a Bologna per un interrogatorio. C'erano rumori di detenuti che facevano baccano: sbattevano pentole e piatti sulle grate delle celle”, ricorda il Procuratore di Napoli.
Un evento, l'omicidio di Falcone, per lui inaspettato: “Era fuori dalla prima linea, in quel momento non credevo potessere essere un obiettivo”.
Diversamente, Paolo Borsellino sapeva che da lì a poco sarebbe toccato anche a lui: “Quando è stato ucciso Borsellino, ce lo aspettavamo tutti. Anche lui sapeva di avere i giorni contati: questa è stata la sua grandezza. Malagrado questa consapevolezza, ha continuato a combattere fino all'ultimo dei suoi giorni".
Ma c'è un elemento che, per Gratteri, accomuna sicuramente i due personaggi: "Siamo davanti all'orgoglio della storia italiana"