
Nel tardo pomeriggio di ieri è arrivata la conferma definitiva dopo giorni di attesa: il gruppo sanguigno di Olesya Rostova è diverso da quello di Denise Pipitone, la bambina scomparsa a Mazara del Vallo ben 17 anni fa. Una speranza ormai negata anche dai dati scientifici e che non aveva neanche la madre di Denise, Piera Maggio: il suo legale infatti, giorni fa, aveva già fatto capire come la trasmissione russa dove era comparsa la presunta somiglianza volesse semplicemente cavalcare l’onda mediatica del presunto ritrovamento.
Dagli elementi, davvero molto esigui, su cui si basava la tesi del ritrovamento si capisce benissimo come la trasmissione russa “Let Them Talk” abbia semplicemente cercato di trovare un modo per far alzare il numero degli ascolti, cosa abbastanza comune anche in Italia. Facciamo però un passo indietro e andiamo a vedere cos’è accaduto e dove tutto ha avuto inizio.
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L’annuncio durante la trasmissione russa
Tutto è iniziato quando due settimane fa Olesya Rostova, in lacrime, si è presentata in diretta nella trasmissione sul primo canale russo per lanciare un appello ai suoi genitori raccontando la sua infanzia sofferta. Secondo quando dichiarato da lei, all’età di 5 anni nel 2005 è stata portata via dalla sua famiglia biologica e, per qualche tempo, ha vissuto in una comunità rom. Dopo che le autorità l'avevano sottratta a una rom, spacciatasi per sua madre, era stata trasferita in un orfanotrofio dove ”ha ricevuto” il suo nome attuale.La somiglianza con Piera Maggio però non è stata ipotizzata dalla trasmissione russa ma è stata notata da un'infermiera russa residente in Italia che, dopo avere visto la trasmissione, ha segnalato l’accaduto alla trasmissione italiana “Chi l’ha visto?” che si è subito attivata per mettersi in contatto con il programma russo. Così è iniziata a prendere piede anche in Italia la nuova pista sul caso di Denise e il conduttore Dmitry Borisov, un’istituzione del Primo Canale della tv di stato russa, ha portato avanti l’incastro tra il suo caso, uno delle centinaia che "Lasciali Parlare" offre al suo affezionato pubblico, e quello della bambina scomparsa nel 2004 a Mazara del Vallo.
La storia di Denise Pipitone
Denise Pipitone scomparve il 1° settembre 2004 a Mazara del Vallo, mentre giocava in strada insieme ai cugini vicino alla casa della nonna e della zia materna. Allora la bimba aveva solo 3 anni, e da allora sono state davvero tante le segnalazioni arrivate: la prima è datata il 18 ottobre 2004 quando la bambina fu avvistata davanti alla banca di Milano insieme ad un gruppo di nomadi. Piera Maggio, dopo aver visto il video delle telecamere di sorveglianza dell’istituto bancario, riconobbe la bambina ma, nonostante le ricerche incessanti, di Denise si persero le tracce.Le indagini successivamente si indirizzano verso amici e parenti e nel mirino finì la stessa vita privata della madre, Piera, costretta a rivelare come il padre naturale di Denise non fosse il marito Toni Pipitone ma un suo amante, Piero Pulizzi. Le vicende della famiglia si complicarono ulteriormente e tanti, nel corso degli anni, sono stati gli avvistamenti e le presunte rivelazioni. Per esempio, nel 2015 una ragazzina scrisse su Facebook proprio a Piera Maggio dicendole di essere sua figlia ma fu poi smascherata dal programma della Sciarelli.
Guarda il video con i consigli per svolgere in sicurezza la Dad:
Denise Pipitone, la svolta del 2017
Una svolta nel caso arrivò nel 2017, quando ad essere indagata per il rapimento della bambina fu la sorellastra, Jessica Pulizzi. La ragazza, appena diciassettenne, venne accusata di aver organizzato il rapimento con la complicità della madre Anna Corona per vendetta e gelosia nei confronti della bambina.La sua posizione era molto ambigua data la mancata coincidenza tra le dichiarazioni rilasciate in Questura e quanto emerso dai tabulati telefonici. A far insospettire era anche la presunta presenza di Jessica, nello stesso giorno, nella zona in cui fu rapita la piccola Denise. Tuttavia Jessica Pulizzi, nonostante gli indizi iniziali, è stata assolta da ogni accusa per mancanza di prove e per non aver commesso il fatto.
Paolo Di Falco