
Di fatto, il documento sanciva la dissoluzione e la conseguente spartizione dello Stato libero di Fiume, mettendo (solo in apparenza) fine alla questione fiumana. La città, che oggi fa parte del territorio croato, è stata al centro di diverse dispute a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento. Di quegli anni si ricorda l'impresa di Gabriele D'Annunzio, scrittore e poeta, tra i più celebri nel panorama italiano: fu proprio lui, insieme a 2.500 legionari, ad assediare la città, in quella che passò alla storia come impresa di Fiume.
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La città contesa
La città di Fiume (oggi Rejika) ha alle spalle una storia decisamente travagliata come, del resto, molte altre località di frontiera. Da sempre contesa da Italia, Austria e Ungheria, la città nel corso degli anni fu teatro di diversi colpi di scena. Sorvolando sulle dispute settecentesche tra Austria e Ungheria, gli eventi che ci riguardano da vicino originano nel 1867. In quell'anno, la città di Fiume venne unita, come Corpus Separatum, al Regno d'Ungheria; nel corso delle trattative sul nascente Impero Austro-Ungarico. Alla città fu concessa un'amministrazione autonoma con un proprio governatore: in questo modo mantenne alcuni statuti e privilegi, tra i quali l'utilizzo dell'italiano come lingua ufficiale.La dissoluzione dell'Impero Austro-Ungarico, al termine della Prima Guerra Mondiale, riaprì ancora una volta la questione fiumana. Alla Conferenza di pace di Parigi, gli italiani Vittorio Emanuele Orlando e Sidney Sonnino avanzarono ufficialmente la richiesta di potere annettere la città di Fiume all'Italia, proprio per via del fatto che i fiumani erano prevalentemente di lingua e cultura italiana. Dall'altro lato c'era il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni che aveva presentato la medesima richiesta. Le rivendicazioni italiane e jugoslave si scontrarono però con l'ostilità del Presidente USA Woodrow Wilson, che invece propose di creare uno Stato libero di Fiume, spiegando che la città istriana doveva essere un porto utile per tutta l'Europa balcanica. Inoltre, le mire dell'Italia nei territori a est del Mare Adriatico andavano contro i quattordici punti da lui stesso fissati con l'obiettivo di creare una pace duratura tra le nazioni.
D'Annunzio e l'impresa di Fiume
La reazione alla notizia di uno Stato libero agitò i movimenti nazionalisti, formati prevalentemente da ex combattenti italiani, e tra questi c'era anche Gabriele D'annunzio. Proprio il poeta, il 12 settembre 1919, occupò la città insieme a una truppa di 2.500 soldati irregolari, rivendicando l'annessione della città all'Italia. D'Annunzio proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro, uno Stato Indipendente, in vista del congiungimento al territorio italiano.
Il Trattato di Rapallo e lo Stato indipendente di Fiume
Nel 1920, l'insediamento di Giovanni Giolitti a Palazzo Chigi cambiò la sorte della contesa. Fu lui ad affidare il Ministero degli Esteri a Carlo Sforza, già funzionario del governo serbo e amico delle alte sfere politiche in quel di Belgrado. Così i rapporti tra Italia e governo jugoslavo non si incrinarono, nonostante l'impresa di Fiume di Gabriele D'Annunzio. Anzi, le parti si diedero appuntamento a Rapallo, presso Villa Spinola, dove il 7 novembre 1920 cominciarono nuove trattative per decidere il destino di Fiume. Il 12 novembre 1920 il Trattato di Rapallo vide finalmente la luce. L'accordo prevedeva il riconoscimento dei confini italiani e jugoslavi, fissati esattamente sulle Alpi Giulie, nonché l'accettazione di uno Stato indipendente a Fiume.
Il Trattato di Roma: Fiume diventa italiana
La città acquisì, quindi, uno status internazionale simile al Principato di Monaco, però affacciante sul Mar Adriatico. Al rifiuto di D'Annunzio di sgomberare la città, le truppe dell'impresa di Fiume vennero cacciate con la forza dai militari. Il Trattato di Rapallo fu però solo un ulteriore rinvio della faccenda. Sette anni più tardi le parti strinsero un ulteriore accordo, questa volta evidentemente più congeniale ad entrambi.Il 27 gennaio 1924 venne firmato il Trattato di Roma, con cui in pratica Italia e la futura Jugoslavia si spartivano la città indipendente: alla Jugoslavia veniva riconosciuta la sovranità sul delta del fiume Eneo, compreso il borgo di Porto Baross, e sull'estremo territorio settentrionale del distretto fiumano; all'Italia la sovranità sul centro storico di Fiume, e sulla striscia di territorio che garantiva la continuità territoriale della città con la Penisola. Fiume fu quindi città e capoluogo di provincia italiano fino alla Seconda Guerra Mondiale: da lì, con il regime di Tito, inizierà un nuovo, sanguinoso capitolo per la città croata.