Ithaca
Genius
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Concetti Chiave

  • Il dialogo tra Enea e Venere enfatizza l'incertezza e la ricerca di identità di Enea, mentre si trova in un luogo sconosciuto.
  • Venere racconta la storia di Didone, che fugge da Tiro per sfuggire al crudele fratello Pigmalione, segnando la fondazione di Cartagine.
  • La narrazione di Venere include elementi di tradimento e inganno, mostrando come Didone sia stata spinta a lasciare la sua terra natale.
  • Enea rivela la sua origine troiana e il suo obiettivo di raggiungere l'Italia, sottolineando la sua fama e la sua missione divina.
  • Il testo esplora temi di esilio e sopravvivenza, con Enea che si ritrova disorientato e vulnerabile in un nuovo mondo ostile.

Di Venere il figliuol così rispose:

Niuna ho de le tue veduta, o ’ntesa,

Vergine... qual ti dico, e di che nome

Chiamar ti deggio? Chè terreno aspetto

Non è già ’l tuo, nè di mortale il suono.

Dea sei tu veramente, o suora a Febo,

O figlia a Giove, o de le ninfe alcuna:

E chiunque tu sii, propizia e pia

Vèr noi ti mostra, e i nostri affanni ascolta.

Dinne sotto qual cielo, in qual contrada

Siamo or del mondo: chè raminghi andiamo

E qui dal vento e da fortuna spinti

Nulla o de gli abitanti o de’ paesi

Notizia abbiamo.

A te, s’a ciò m’aiti,

Di nostra man cadrà più d’una vittima.

Venere allor soggiunse: Io non m’arrogo

Celeste onore. In Tiro usan le vergini

Di portar arco, e di calzar coturni;

E di Tiro e d’Agenore le genti

Traggon principio, che qui seggio han posto:

Ma ’l paese è di Libia, ed avvi in guerra

Gente feroce. Or n’è capo e regina

Dido che, da l’insidie del fratello

Fuggendo, è qui venuta. parafrasi del testo Venere appare a EneaA dirne il tutto

Lunga fòra novella e lungo intrico.

Ma toccandone i capi, avea costei

Sichèo per suo consorte, uno il più ricco

Di terra e d’oro, che in Fenicia fosse,

Da la meschina unicamente amato,

Anzi il suo primo amore. Il padre intatta

Nel primo fior di lei seco legolla.

Ma del regno di Tiro avea lo scettro

Pigmalïon suo frate, un signor empio,

Un tiranno crudele e scellerato

Più ch’altri mai. Venne un furor fra loro

Tal, che Sichèo da questo avaro e crudo,

Per sete d’oro, ove men guardia pose,

Fu tra gli altari ucciso; e non gli valse

Che la germana sua tanto l’amasse.

Ciò fe celatamente: e per celarlo

Vie più, con finzïoni e con menzogne

Deluse un tempo ancor l’afflitta amante.

Ma nel fin, di Sichèo la stessa imago,

Fuor d’un sepolcro uscendo, sanguinosa,

Pallida, macilenta e spaventevole,

Le apparve in sogno, e presentolle, avanti

Gli empi altari ove cadde, il crudo ferro

Che lo trafisse, e del suo frate tutte

L’occulte scelleraggini l’aperse.

Poscia: Fuggi di qua, fuggi, le disse

Tostamente, e lontano. E per sussidio

De la sua fuga, le scoperse un loco

Sotterra, ov’era inestimabil somma

D’oro e d’argento, di molt’anni ascoso.

Quinci Dido commossa, ordine occulto

Di fuggir tenne, e d’adunar compagni;

Chè molti n’adunò, parte per odio,

Parte per téma di sì rio tiranno.

Le navi che trovâr nel lito preste,

Caricâr d’oro, e fêr vela in un subito.

Così il vento portossene la speme

De l’avaro ladrone. E fu di donna

Questo sì degno e memorabil fatto.

Giunsero in questi luoghi, ov’or vedrai

Sorger la gran cittade e l’alta ròcca

De la nuova Cartago, che dal fatto

Birsa nomossi, per l’astuta merce

Che, per fondarla, fêr di tanto sito

Quanto cerchiar di bue potesse un tergo.

Ma voi chi siete? onde venite? e dove

Drizzate il corso vostro? A tai richieste

Pensando Enea, dal più profondo petto

Trasse la voce sospirosa, e disse:

O dea, se da principio i nostri affanni

Io contar ti volessi, e tu con agio

Udisse una da me sì lunga istoria,

Non finirei che fine avrebbe il giorno.

Noi siam Troiani (se di Troia antica

Il nome ti pervenne unqua a gli orecchi),

E la tempesta che per tanti mari

Già cotant’anni ne travolve e gira,

N’ha qui, come tu vedi, al fin gittati.

Io sono Enea, quel pio che da’ nemici

Scampati ho meco i miei patrii Penati,

Fino a le stelle ormai noto per fama.

Italia vo cercando, che per patria

Giove m’assegna, autor del sangue mio.

Con diece e diece ben guarnite navi

Uscii di Frigia, il mio destin seguendo

E lo splendor de la materna stella.

Or sette me ne son restate a pena,

Scommesse, aperte e disarmate tutte.

Ed io mendico, ignoto e peregrino,

De l’Asia in bando, da l’Europa escluso,

E ’n fin dal mar gittato or ne la Libia,

Vo per deserti inospiti e selvaggi.

Indice

  1. Incontro con Venere
  2. Storia di Didone e Sichèo
  3. Fuga e fondazione di Cartagine
  4. Enea racconta le sue sventure

Incontro con Venere

Così Enea rispose a sua madre Venere:

ma come posso chiamarti, oh fanciulla? Perché il tuo volto

non è quello di una mortale e la tua voce non ha un suono femminile; certamente dea…

Sei sorella di Febo? O sei tu una Ninfa?

Chiunque tu sia, sii benevola e alleviaci la pena:

svelaci sotto quale cielo, in quali regioni del mondo

noi siamo sballottati; noi vaghiamo ignari

dei luoghi e degli uomini, spinti dal vento e dalle onde spaventose:

in tuo onore sacrificheremo numerose vittime sull’ara>>.

Storia di Didone e Sichèo

Disse allora Venere:

è abitudine delle fanciulle di Tiro portare la faretra

e allacciare alle gambe il coturno di intenso color rosso.

Tu vedi i regni di Cartagine, di Tiro e la città di Agenore.

Ma la terra appartiene ai Libi, una razza battagliera.

Il potere è nella mani di Didone, partita dalla sua patria, Tiro,

per fuggire dal fratello. E’ una lunga storia fatta d’offese

e intrighi, ma ti racconterò i punti essenziali.

La sventurata Didone era moglie di Sichèo, proprietario

di terre fenicie, a lei legato da un grande amore;

suo padre l’aveva unita a lui in prime nozze dopo aver preso gli auspici.

Ma era il fratello a governare presso il regno di Tiro,

Pigmalione, più malvagio per crudeltà di ogni altro.

Tra i due nacque l’odio. Dinanzi agli altari,

accecato dalla brama del potere, iniquo

uccise segretamente Sichèo, preso di sorpresa, non pensando

all’amore della sorella: maligno, nascose per molto tempo il delitto e

con inganni illuse, con vana speranza, l’addolorata sposa.

Ma lei sognò l’insepolto marito che,

sollevando mirabilmente il pallido volto,

le svelò il crudele delitto, scoprì il petto trafitto

dalla lama e le mostrò tutto dell’arcano omicidio del fratello.

Consigliò poi di affrettare la fuga dalla patria,

e, per aiuto al viaggio, le indicò antichi tesori

sotterrati, un deposito segreto d’oro e argento.

Fuga e fondazione di Cartagine

Sconvolta da tutto questo, Didone preparava la fuga e i compagni.

A lei si unirono coloro che nutrono atroce odio o terrore

per il tiranno: riempirono velocemente le navi

già pronte, caricarono l’oro. Portarono via per mare

il tesoro sottratto all’avido Pigmalione: e l’artefice è una donna.

Approdarono nei luoghi dove ora intravedi le mura

possenti e la fortezza di Cartagine,

chiamata Birsa poiché acquistarono tanto suolo

quanto riuscì a delimitarne la pelle di un toro.

Ma chi siete, infine voi, da quali terre venite

o per quali siete diretti?>>.

Enea racconta le sue sventure

Così egli rispose a queste domande,

sospirando e traendo la voce dalla parte più profonda del petto:

nostre sventure e se avessi tempo per ascoltarla,

arriverebbe con Espero la sera, chiudendo l’Olimpo.

La tempesta ci portò sulle spiagge della Libia

dall’antica Troia, se mai sentiste parlare

di questo nome, attraverso mari diversi.

Io sono il devoto Enea e sulla nave porto con me

i Penati portati via agli Achei, conosciuto per fama fino al cielo:

cerco l’Italia, la mia patria, e la mia stirpe deriva dal sommo Giove.

Con venti navi entrai nel mar Frigio, seguendo i destini

a me assegnati, mentre Venere indicava la via;

ne restano appena sette, distrutte dalle onde e dai venti.

Mi aggiro ignaro e bisognoso nei deserti della Libia,

scacciato dall’Europa e dall’Asia>>.

Domande da interrogazione

  1. Qual è la richiesta di Enea a Venere durante il loro incontro?
  2. Enea chiede a Venere di rivelare sotto quale cielo e in quali regioni del mondo si trovano, poiché vagano ignari dei luoghi e degli uomini, spinti dal vento e dalle onde.

  3. Chi è Didone e quale è la sua storia con Sichèo?
  4. Didone era la moglie di Sichèo, un ricco proprietario di terre fenicie. Dopo che suo fratello Pigmalione uccise Sichèo per sete di potere, Didone fuggì da Tiro per fondare Cartagine.

  5. Come è stata fondata Cartagine secondo il racconto di Venere?
  6. Cartagine fu fondata da Didone e i suoi compagni, che fuggirono da Tiro. Acquistarono tanto suolo quanto riuscì a delimitare la pelle di un toro, e costruirono la città chiamata Birsa.

  7. Quali sono le sventure che Enea racconta a Venere?
  8. Enea racconta di essere un Troiano in cerca dell'Italia, la sua patria assegnata da Giove. Dopo essere stato scacciato dall'Europa e dall'Asia, è giunto in Libia con solo sette delle venti navi con cui era partito.

  9. Qual è il significato del nome "Birsa" per la città di Cartagine?
  10. Il nome "Birsa" deriva dall'astuta merce che Didone e i suoi compagni fecero per fondare la città, acquistando tanto suolo quanto poteva essere delimitato dalla pelle di un toro.

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