Il paesaggio autunnale
Il capitolo IV è interamente dedicato alla figura di Padre Cristoforo su cui si concentra l’attesa del lettore e la speranza di
Renzo,
Lucia e Agnese. Questo aspetto è sottolineato dalla descrizione del paesaggio autunnale illuminato dal sole nascente come si trattasse di un nuovo inizio del romanzo. Alcuni critici vi hanno visto delle sottili allusioni alla natura descritta nel capitolo I: se il primo paesaggio viene definito paradisiaco, il secondo è visto nel suo significato storico, come simbolo dell’avvenuta rottura dell’iniziale equilibrio a seguito del peccato originale. Questo spiega la tristezza più o meno velata che aleggia sulla natura. I contadini, svogliati, distribuiscono con parsimonia i semi nei solchi, i mendicanti che chiedono l’elemosina, la giovane pastorella è scarna e ci ciba di erbe sottratte agli animali, la vacca è magra e ovunque regna la miseria e la fame.
La storia e il racconto
Alla descrizione accurata del volto del frate, segue un flashback di durata insolita. Per la grande ricchezza di avvenimenti si può affermare che si tratta di un “racconto nel racconto” che aumenta l’interesse per il personaggio e motiva i passi successivi. La stessa funzione avranno la storia della
monaca di Monza e la disgressione sul cardinale Borromeo. Il personaggio è sempre descritto soltanto quando la vicenda lo chiama alla ribalta con la funzione di un possibile mediatore in grado di sciogliere un nodo causato da un momento di estrema tensione; allora, il tempo del racconto principale si arresta per fare posto ad un passato in cui la vita di un individuo affiora all’interno di storia della società del Seicento.
Le sequenze narrative del flashback
Nel racconto della vita di Ludovico possiamo mettere in risalto due sequenze fondamentali: nella prima lo scrittore fornisce l’antefatto sociale che fa da sfondo agli eventi a cui fa seguito l’episodio dialogato del duello e del suo epilogo tragico; nella seconda il rimorso produce un rinnovamento profondo nell’animo del protagonista che si conclude con una nuova scena dialogata, ossia con l’incontro col fratello dell’ucciso e con la concessione del perdono. Di questi due momenti principali, dobbiamo sottolineare l’aspetto scenico e corale tramite la presenza della folla spettatrice: dopo l’uccisione, Ludovico resta in mezzo alla folla che commenta ampiamente e con frastuono, l’accaduto; la scena del perdono avviene alla presenza di numerosi astanti; la concessione del perdono è seguita dall’esaltazione della folla che accompagna Ludovico alla porta della città, da cui egli si incammina verso il luogo del noviziato. Da persona umile quale si è dimostrato, la folla lo esalta e questa gioia si estenda a tutti i gruppi sociali e perfino ai bravi, prova che tutti, indistintamente, hanno riconosciuto la capacità di bene che d’improvviso si è rivelata. Questa ricaduta sociale della vicenda può suggerire altre storie esemplari di santi come Pietro Valdo e Francesco d’Assisi.
La scena del perdono
Nella scena del perdono, che consacra la vocazione religiosa di Cristoforo, sono contrapposti i simboli dell’orgoglio e dell’umiltà, secondo una schema consueto della letteratura religiosa. Tuttavia, tale luogo comune viene superato da una visione più complessa. È come se i ruoli si rovesciassero e si venisse a stabilire un nuovo equilibrio tra i personaggi: prima l’orgoglio aveva generato orgoglio, provocando quindi il duello e le sue conseguenze tragiche, ora l’umiltà scatena l’umiltà. Si viene così a chiudere il cerchio di un esempio morale e religioso che al problema della violenza risponde con il perdono. Di conseguenza, l’umile che si abbassa viene esaltato, secondo l’insegnamento del Vangelo, e viene reintegrato nella società con cui si crea un legame fraterno. L’uomo orgoglioso, nel chinarsi verso l’inginocchiatoio diventa a sua volta umile. L’inversione dei ruoli viene sottolineata dall’
ironia: “…diavolo ‘un frate! Se rimaneva lì in ginocchio, ancora per qualche momento, quasi quasi gli chiedevo scusa io, che m’abbia ammazzato il fratello”, borbotta il fratello dell’ucciso quando fra’ Cristoforo se ne è andato. Da segnalare infine il concetto di “convito di amore e di comunione” di cui il
Manzoni parma nelle Osservazioni sulla morale cattolica. La trasformazione che interessa fra’ Cristoforo e il fratello dell’ucciso si estende anche alla folla, come segno concreto di pane del perdono.
Aspetto polifonico della scena del perdono
Nella scena del perdono si può notare un intreccio di voci, come si ritrova in tutti i romanzi moderni. Abbiamo quella di
fra Cristoforo, quella del nobile sfidato a duello, quella della folla, in cui la coralità si frantuma in una serie di commenti a più voci, poi quella del fratello che borbotta fra i una frase ironica ed infine l’anonimo del Seicento (La nostra storia nota espressamente….).Il Manzoni parla con voci diverse ed esprime la sua visione della vita riflettendola nei vari punti di vista e nei discorsi degli altri. Egli, tuttavia, non dialoga soltanto con i singoli personaggi, ma anche con le fonti da cui ha attinto l’episodio che gli offrono l’inquadratura, i gesti, le intonazione e certe frasi e parole. Si tratta di un modo con cui tener sempre presente il contesto storico, da cui non è mai possibile evadere.