Superamento del desiderio di vendetta di Renzo e mediazione di padre Cristoforo
Nel corso del colloquio con padre Cristoforo, in Renzo ritorna il desiderio di vendetta che viene sopita provvisoriamente, ma ogni tanto torna a galla. Questa volta non è
Lucia che vi si oppone, ma il frate, in nome della sua storia personale fatta di violenza e di perdono. A
Renzo non è consentito incontrarsi con
don Rodrigo, nemmeno a livello legale con il supporto del dott.
Azzeccagarbugli. L’unica persona che può fare da mediatore e padre Cristoforo in virtù del paradosso che regola la sua vita di uomo, che un tempo ha ucciso il nemico ,e di religioso che non è vincolato dalle norme comportamentali che regolano la vite civile del tempo. Egli ricopre il ruolo di spettatore e di mediatore delle contraddizione presenti nella vita reale, contraddizioni che egli stesso prova a causa del suo temperamento focoso che si scontra con l’insegnamento evangelico.
Significato della scena del banchetto: paragone con la scena del perdono
La scena del banchetto, molto lunga e articolata, ci introduce in un modo fino ad ora sconosciuto. Di questo ambiente, il lettore può conoscere così i personaggi e il contesto storico (esempio delle dinastie e dei primi ministri a cui nel romanzo si fa cenno per la prima volta. A questo aspetto, si aggiunge la suspense nell’attesa dell’incontro diretto fra don Rodrigo e il padre cappuccino. Molta significativa è la dispute che si tiene fra i commensali su argomento cavalleresco: si nota un contrasto fra forma e contenuto poiché il discorso assomiglia ad una gara di retorica mentre il contenuto si basa tutto sull’intolleranza. Nel capitolo precedente, la scena del perdono poteva essere definita come un convito d’amore e di comunione sociale (tutte le classi sociali sono presente all’episodio e tutte gioiscono). Qui, invece, siamo in una situazione opposta. Infatti ci troviamo al modo di pensare del Seicento fatto di pregiudizi, cioè la sicurezza dell’ignoranza, la presunzione della stupidità, la sfrontatezza della corruzione. Con la stessa superficialità, i convitati trattano di argomenti sociali (la carestia) e politici (la successione al ducato di Mantova) e la giustizia si trasforma in giustizia sommaria, giustificata dalle norme comportamentali cavalleresche.
Ruolo di don Rodrigo nella discussione dei commensali e corrispondenza con Padre Cristoforo
Nella scena, don Rodrigo è lo spettatore e il direttore della conversazione: è lui che ne varia gli argomenti da trattare, che ne decide la fine, che dirige gli interventi del dottor Azzeccagarbugli e del frate, che aizza i commensali uno contro gli altri, senza però mai esprimersi apertamente. Possiamo anche individuare una sottoli corrispondenza che si viene ad instaurare fra don Rodrigo che suscita la discussione, ma ne resta in disparte e padre Cristoforo che si impone il silenzio, che rifiuta di entrare nella logica del dibattito e che aspetta, con un certo disagio che tutto quel vocio abbia termine.
Il silenzio come attesa dell’incontro diretto
Il lettore attende l’incontro diretto fra i due personaggi e coglie per contrasto la tendenza di don Rodrigo a rinviarlo, alimentando i discorsi con dei nuovi argomenti. Questo atteggiamento deriva forse dal presentimento confuso che egli aveva avuto non appena ha scorto il frate sulla porta della sala del banchetto. In questo modo, nel pieno dell’animazione della discussione che, di volta in vota, vede emergere il conte Attilio, l’Azzeccagarbugli o il podestà, per opposizione acquista risalto il silenzio che regna fra don Rodrigo e padre Cristoforo: don Rodrigo cerca di sfuggire al frate, mentre padre Cristoforo attende con calma don Rodrigo.