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Concetti Chiave

  • Seneca, nato a Cordova nel 4 a.C., si trasferisce in Italia e si avvicina alla filosofia pitagorica e poi allo stoicismo grazie a Fabiano, che influenza profondamente la sua formazione.
  • Seneca viene esiliato in Corsica dall'imperatore Claudio, ma viene richiamato come precettore di Nerone nel 49, diventando suo consigliere finché si ritira a vita privata nel 62.
  • Il filosofo si dedica alla divulgazione di temi etici attraverso uno stile drammatico, influenzato dallo stoicismo, e tenta di rendere la filosofia accessibile a tutti.
  • Seneca scrive dialoghi e trattati filosofici, in cui esplora temi come la virtù, l'ira, e la brevità della vita, cercando di connettere il pensiero stoico con i valori etici del suo tempo.
  • Nelle sue tragedie, Seneca rappresenta il potere e le passioni umane come forze distruttive, utilizzando uno stile drammatico e una narrazione che riflette le sue idee filosofiche.

Indice

  1. La vita di Lucio Anneo Seneca
  2. La formazione filosofica
  3. I dialogi
  4. Consolationes
  5. Dialoghi dedicati a Sereno
  6. De Ira
  7. De vita beata
  8. De brevitate vitae
  9. De providentia
  10. I trattati
  11. Naturales quaestiones (7 libri)
  12. De beneficiis (7 libri)
  13. De clementia (3 libri)
  14. Le epistulae ad Lucilium
  15. Le tragedie
  16. Il Tieste
  17. Le troiane
  18. Edipo
  19. La Fedra
  20. Le fenici
  21. Medea
  22. Hercules furens
  23. Hercules Oetatus
  24. Octavia
  25. Caratteristiche delle tragedie

La vita di Lucio Anneo Seneca

Lucio Anneo Seneca nasce a Cordova, in Spagna, nel 4 a.C., trasferendosi però subito con la famiglia, di estrazione equestre, in Italia.

Da giovane, si appassiona inizialmente alla filosofia pitagorica (che professava, tra le altre cose, la reincarnazione), aderendo successivamente allo stoicismo dopo essere entrato in contatto con il filosofo Fabiano; questi, capace di presentare in modo affascinante le tematiche filosofiche, segnerà la formazione di Seneca.

Il giovane e cagionevole Seneca, intorno ai trent’anni, si trasferisce da una zia in Egitto (26) per andare incontro ad un clima più mite, tornando in italia nel 31 e intraprendendo l’attività forense e politica.

Nel 41, con la salita al potere di Claudio, Seneca, vicino alla famiglia di Germanico e dunque all’opposizione rispetto all’imperatore in carica, viene mandato in esilio in Corsica dallo stesso Claudio, spinto dalla moglie Messalina.

In seguito al nuovo matrimonio con Agrippina, questa chiede che Seneca divenga il precettore del giovane figlio Nerone (49), destinato a diventare imperatore nel 54. Il filosofo assume, insieme a Burro, il ruolo di importante consigliere del giovane imperatore fino a che questi, diventato ingestibile, comincia a dare segni di squilibrio dispotico. Seneca, inizialmente connivente per ragioni di convenienza, nel 62 si ritira a vita privata.

Nel 65 il filosofo viene coinvolto, non si sa in che termini, nella Congiura dei Pisoni, complotto della nobiltà contro Nerone; sventata la congiura, Seneca viene obbligato al suicidio nello stesso anno.

La formazione filosofica

Il mondo latino non ha prodotto particolari contributi al panorama filosofico rispetto, per esempio, agli innumerevoli pensatori greci; ciò si rispecchia nella lingua latina stessa, carente di termini tecnici in ambito filosofico, difficoltà sofferta da autori come Cicerone, Lucrezio e lo stesso Seneca. Questi, ricollegandosi principalmente a filosofie preesistenti (traendo, in stile eclettico, da stoicismo, pitagorici, etc…), punta soprattutto su problemi di carattere etico, stabilendo alcuni cardini del pensiero occidentale che presentano, tra l’altro, alcune somiglianze con il nascente pensiero cristiano (esiste una raccolta di lettere inventate tra San Paolo e Seneca).

Politicamente, Seneca si oppone al principato, tranne che nella fase di collaborazione con Nerone.

Seneca intende principalmente divulgare e mettere alla portata di tutti (e non solo degli addetti ai lavori) gli argomenti filosofici (orientamento parenetico), adottando in generale uno stile particolarmente “drammatico” per insinuarsi nella psicologia (ai fini della persuasione) del lettore

I dialogi

Seneca adotta il dialogo (in cui comunque si esprime maggiormente il filosofo), forma già adottata diffusamente nell’ambito della filosofia latina (da Cicerone, per esempio).

Consolationes

Si tratta di una serie di dialoghi che sfruttano dei luoghi comuni per consolare chi è colpito da un dolore.

Ad Marciam (40): Seneca si rivolge a Marcia, colpita dalla morte del giovane figlio
Ad Helviam matrem (42): Seneca scrive alla madre dall’esilio in Corsica, sostenendo di essere pienamente soddisfatto nei suoi bisogni (scrivendo coontemporaneamente agli amici pregando di essere aiutato a tornare in patria)

Ad Polybium (43): Seneca consola a Polibio, liberto (ex-schiavo dell’imperatore) che aveva recentemente perduto un fratello (per ottenere, probabilmente, l’intervento dello stesso a suo favore presso l’imperatore).

Dialoghi dedicati a Sereno

De tranquillitate animi: il saggio, in piena ottica stoica, deve impegnarsi in ogni modo (la politica, la letteratura, etc…) per il bene della società, al quale è sempre possibile contribuire. L’opera viene scritta prima del ritiro a vita privata.

De otio: la prospettiva di Seneca, dopo la fine della collaborazione con Nerone, cambia; egli sostiene ora la legittimità di una vita lontana dalla politica da parte del saggio, di fronte ad uno stato corrotto (intesa in senso politico come Res publica minor), così che lo stesso possa dedicarsi, per esempio, alla filosofia o ad altre attività da cui la comunità umana in generale (Res publica maior) possa trarre beneficio.

De constatia sapientis: l’equilibrio interiore del saggio.

De Ira

Seneca in quest’opera (dedicata al fratello Novato) analizza le emozioni e l’influenze di queste sull’animo e sul comportamento umano, trattando principalmente degli effetti dell’ira, vista sia come impulso irrazionale talvolta lasciato al libero sfogo.

De vita beata

L’opera, dedicata al fratello Gallione (lo stesso del De Ira, nel frattempo adottato dal retore Giunio Gallione), tratta del rapporto tra ricchezza e virtù. Seneca (tra l’altro, un usuraio), con la massima nemo sapientiam paupertate damnavit, propone un uso saggio della ricchezza.

De brevitate vitae

L’opera, dedicata all’amico Paolino (il prefetto dell’annona, responsabile dell’approvigionamento alimentare della città), tratta della durata della vita umana, vista dal filosofo come sufficiente se sfruttata in maniera saggia e orientata allo studio della filosofia; egli definisce occupati coloro che si dedicano ad attività futili.

De providentia

Providentia è il termine con cui Seneca traduce il termine greco logos, intendendo dunque l’ordine cosmico delle cose. In quest’ottica, Seneca vede le difficoltà e le disgrazie della vita come occasione per temprare il carattere dei forti. Di fronte a grandi sofferenze, per il filosofo è lecito con un solo passo passare verso la libertà, ovvero il suicidio. Manzoni reinterpreterà in ottica cristiana lo stesso concetto di provvidenza (la sofferenza prepara gioie più grandi).

I trattati

Oltre ai dialoghi, Seneca scrive alcuni trattati di ordine filosofico e politico.

Naturales quaestiones (7 libri)

Nell’antichità, la filosofia andava di pari passo con le discipline scientifiche (i primi filosofi greci erano degli studiosi naturalisti). Seneca, sulla stessa scia, indaga le origini di alcuni fenomeni naturali (attribuendo così alla ragione, e non agli dei, le cause degli eventi).

De beneficiis (7 libri)

Seneca scrive il trattato negli anni del ritiro a vita privata: il filosofo intende stabilire il tipo di rapporto che debba instaurarsi tra chi concede un favore (il beneficio) e chi lo riceve. Si suppone che si tratti di un’allusione implicita a Nerone, che aveva goduto dell’aiuto e della connivenza di Seneca per poi escluderlo dalla vita politica.

De clementia (3 libri)

L’opera, indirizzata a Nerone, tratta del tema del “buon sovrano”: Seneca vede la forma di governo assolutista del princeps come conforme al logos stoico. Il sovrano, il cui potere garantisce la stabilità dello stato, deve tenere un atteggiamento benevolo verso i sudditi, esercitando la propria bontà con razionalità e attenzione per il bene comune. L’autore si “illude” dunque (colpevolmente o meno) di poter educare i sovrani (come Nerone) al sapere filosofico e ai principi dello stoicismo.

Le epistulae ad Lucilium

Le lettere di Seneca, realmente spedite e indirizzate a Lucilio (un giovane campano suo “allievo”), scritte dopo il ritiro a vita privata, esprimono un’adesione ancora viva del filosofo ai principi dello stoicismo.

Il filosofo comincia le sue “lezioni” affrontando argomenti semplici con lettere brevi, andando via via trattando argomenti più complicati con epistole più lunghe.

La letteratura greca presentava già degli esempi di epistole di carattere filosofico (come quelle di Platone, probabilmente dei falsi, ed Epicuro).

I temi trattati nelle epistole spaziano dal vero bene al tempo (cotidie morimur, moriamo ogni giorno)

Le tragedie

Le tragedie di Seneca sono dette coturnate (ambientate in Grecia) e trattano quasi tutte miti greci con protagonisti sovrani e despoti disposti a uccidere e competere ogni sorta di crimine pur di ottenere o conservare il potere. Seneca (che vede il potere in ottica negativa e pessimista) non può fare quindi un’opposizione diretta al regime neroniano ma rappresenta indirettamente la situazione della sua epoca. Tutte le tragedie hanno come protagonisti uomini di potere e potrebbero essere quasi definite horror per i numerosi richiami al sangue e ai delitti.

Il Tieste

Thyestes è una tragedia che racconta di un episodio di tecnofagia (nutrirsi dei propri figli) avvenuto nella famiglia degli Atridi (Agamennone, Menelao, Tieste, Atreo etc…), considerata una famiglia maledetta perché nata da un inganno: infatti, il progenitore degli Atridi Tantalo servì a Zeus la spalla di suo figlio facendola passare per quella di un animale. Zeus se ne accorge e maledice i suoi figli e la sua stirpe.

Tieste ha usurpato il trono del fratello, Atreo, e ne ha sedotto la moglie. Questi, per vendicarsi, lo invita a cena insieme ai suoi figli, che vengono poi uccisi e serviti come pietanza all’ignaro Atreo, che si ciba dunque della propria prole (tecnofagia)

Il potere chiama sangue: Seneca raconta una terribile violazione dell’ordine naturale delle cose stabilito dagli dei, che voleva divise le cose naturalmente divise (in questo caso, carni di figli e genitori si uniscono, dovendo invece per natura restare divisi).

Egisto, figlio sopravvissuto di Tieste, si vendicherà poi contro Agamennone, figlio di Atreo, grazie alla moglie di questi.

Le troiane

Le Troades racconta le donne troiane, rimaste sole e vedove di guerra, che continuano a soffrire a causa della catena di delitti istigata dal conflitto (per esempio, viene ucciso il figlio di Ettore perché si teme che un giorno si possa vendicare). La donna soffre dunque a causa dei lutti e della guerra, innescata dal desiderio di potere.

Edipo

L’oedipo è uno dei miti più affascinanti e torbidi del panorama letterario antico che tratta la leggenda di un uomo che ha voluto evitare il proprio destino, non riuscendoci. Edipo cresce a Corinto, in Grecia, come figlio del re e della regina locali. Messo in guardia da un insulto (bastardo) Edipo dubita della propria natura e si reca dall’Oracolo di Delfi che gli predice che egli sposerà sua madre e ucciderà suo padre. Impaurito dalla profezia, Edipo fugge da Corinto avviandosi verso Tebe. Nel tragitto, ad un crocevia, Edipo uccide un uomo in viaggio con i suoi servi. Tebe nel frattempo è infestata dalla Sfinge che uccide coloro che non risolvono il suo enigma. Edipo indovina e libera la città dalla maledizione, portando gli abitanti ad eleggerlo come nuovo re e nuovo marito della regina rimasta vedova. Allo scoppio di una nuova peste il re Edipo manda un sacerdote dall’oracolo, che svela come lo stesso Edipo sia l'assassino del precedente re della città. Giunge poi notizia della morte dei sovrani di Corinto: Edipo ne è sollevato, credendo dunque che la profezia fattagli a Delfi non si sia avverata. Tuttavia, la verità viene svelata da un sacerdote, che gli comunica come i suoi veri genitori non fossero i sovrani di Corinto, ma il re e la regina di Tebe: come profetizzato, Edipo ha dunque ucciso suo padre (l’omicidio sulla strada per Tebe) e sposato sua madre.

La tragedia insegna innanzitutto l’importanza del rispetto degli oracoli e del destino voluto dagli Dei. Seneca vuole evidenziare come ovunque ci sia potere ci sia sangue e male. Edipo il potere non l’ha cercato, gli era stato dato (per aver risolto l’enigma della Sfinge) e dopo averlo ottenuto gli sono subito giunte le peggiori disgrazie.

La Fedra

La Phaedra narra di una donna, Fedra, che aveva sposato il re di Atene Teseo, molto anziano e già padre di Ippolito, del quale Fedra si innamora. Ippolito, devoto della dea Diana, la rifiuta e la donna per vendicarsi scrive una lettera accusandolo falsamente di violenza. Teseo uccide il figlio e, a questo punto, Fedra si suicida. Il tema centrale la necessità di essere padroni delle proprie emozioni e dei propri istinti.

Le fenici

Le Phoenissae unisce due tragedie greche, l’Edipo a Colono di Sofocle e Sette contro Tebe di Eschilo. Il mito preso in considerazione è sempre quello di Edipo e i suoi quattro figli. Edipo, scoperto con orrore di essersi unito carnalmente alla propria madre, si acceca, venendo abbandonato dai figli maschi ma non dalle femmine, che restano ad assisterlo.

La prima parte della tragedia parla dell’ultima fase della vita di Edipo, che maledice i suoi figli maschi per averlo abbandonato: la maledizione ha effetto e i due figli maschi, accordatisi per regnare ad anni alterni su Tebe, finiscono in guerra fra loro dopo che Eteocle si rifiuta di cedere lo scettro a Polinice. Torna il tema del potere mantenuto a caro prezzo e a causa del quale vengono meno perfino i legami familiari.

Medea

Giasone, privato del suo trono, si reca nella Colchide (odierna Georgia) per conquistare il Vello d’Oro, un mantello che conferisce immenso potere a chi lo possiede, e recuperare il proprio regno. Giasone viene aiutato nelle ardue prove da Medea, figlia del re locale innamoratasi di lui. Giasone porta con se in Grecia il Vello conquistato e Medea (che aveva anche ucciso il fratello). Dieci anni dopo, Giasone vuole sposare un’altra donna, figlia di un re, pre il proprio vantaggio personale. Medea medita vendetta e uccide i propri figli per farlo soffrire, incenerendo allo stesso tempo la sua nuova sposa. In questa tragedia ricorre il tema del potere e quello delle passioni incontrollate e irrazionali che si oppongono alla razionalità del logos, la ragione.

Hercules furens

Ercole, nato da Zeus e dalla mortale Alcmena e odiato da Giunone, moglie tradita di Zeus, viene reso folle da un demone inviato da quest’ultima, trucidando la propria famiglia.

Hercules Oetatus

Ercole conquista Ecalia e invia alla moglie Deianira la giovane figlia del re sconfitto, Iole. Gelosa della rivale, la donna invia ad Ercole una tunica intrisa del terribile sangue di centauro, credendo in realtà si tratti di un filtro d’amore. Ercole, indossato il mantello, muore e viene assunto in cielo tra gli dei.

Octavia

La tragedia (del genere delle praetextae) è di dubbia paternità: Seneca compare infatti, in modo inusuale, tra i personaggi. Successivamente, viene persino raccontata la morte di Nerone (avvenuta tre anni dopo la morte di Seneca).

Caratteristiche delle tragedie

Poteri e passioni sono temi ricorrenti nelle tragedie di Seneca: l’attaccamento al potere e le passioni incontrollate sono motore degli eventi raccontati. Il filosofo, ritiratosi a vita privata, trova un modo nascosto e indiretto di fare opposizione al regime tirannico di Nerone.

Il teatro senecano è complicato per quanto riguarda la rappresentabilità: la complessità del testo e degli eventi raccontati (frequenti scene di sangue) fanno pensare (questione disputata e non chiara) che si trattasse di un semplice teatro di lettura, letto ad un uditorio ma non realmente messo in scena con costumi e scenografie.

Nelle tragedie di Seneca si oppongono personaggi negativi, assetati di potere (spesso sovrani e di alto rango), e personaggi positivi, che tentano di evitare il male, ma spesso solo secondari (servi, nutrici, etc…). Si oppongono dunque bona mens (o logos, che puntualmente finisce sconfitta) e furor (pazzia).

Nelle tragedie, ricorrono spesso i temi trattati nelle precedenti opere di carattere filosofico, ma in una prospettiva negativa e pessimista.

Seneca è il primo e unico tragediografo romano dal quale siano giunti testi integrali, consentendo un confronto con i modelli greci, con i quali il filosofo ha un rapporto più autonomo (non solo una traduzione, ma una rielaborazione).

Lo stile è caratterizzato da un pathos esasperato (personaggi dominati dalle emozioni incontrollate, il che porta anche dialoghi veloci, frammentati e poco articolati), uso delle sententiae (piccoli proverbi inseriti nei dialoghi, massime di saggezza che esprimono brevemente concetti morali). Il personaggio del messaggero ricorre nelle tragedie per raccontare episodi avvenuti al di fuori della narrazione. (ekphrasis)

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'importanza della formazione filosofica di Seneca?
  2. La formazione filosofica di Seneca è cruciale poiché, nonostante la lingua latina fosse carente di termini tecnici filosofici, egli riesce a divulgare e rendere accessibili a tutti i temi filosofici, influenzato principalmente dallo stoicismo e dalla filosofia pitagorica.

  3. Come si riflette il tema del potere nelle tragedie di Seneca?
  4. Nelle tragedie di Seneca, il potere è spesso associato a sangue e crimini, con protagonisti sovrani e despoti disposti a tutto pur di mantenere il controllo, riflettendo una visione negativa e pessimista del potere.

  5. Qual è il ruolo delle "Consolationes" nella produzione di Seneca?
  6. Le "Consolationes" sono dialoghi che utilizzano luoghi comuni per consolare chi è colpito da un dolore, dimostrando l'abilità di Seneca nel trattare temi emotivi e personali attraverso la filosofia.

  7. In che modo Seneca utilizza i dialoghi per esprimere le sue idee filosofiche?
  8. Seneca adotta il dialogo come forma espressiva per divulgare le sue idee filosofiche, seguendo una tradizione latina già consolidata, e utilizzandolo per esplorare temi etici e morali in modo accessibile.

  9. Quali sono le caratteristiche distintive delle tragedie di Seneca?
  10. Le tragedie di Seneca sono caratterizzate da un pathos esasperato, personaggi dominati da emozioni incontrollate, e l'uso di sententiae, riflettendo temi filosofici in una prospettiva negativa e pessimista.

Domande e risposte