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Concetti Chiave

  • Orazio, nato a Venosa nel 65 a.C., ricevette un'educazione completa grazie al padre e formò il suo pensiero filosofico ad Atene, trovandosi coinvolto negli eventi successivi all'assassinio di Cesare.
  • Le opere di Orazio spaziano dagli Epodi alle Satire, alle Odi, al Carmen saeculare e alle Epistole, ciascuna con caratteristiche uniche che evidenziano il suo sviluppo stilistico e tematico.
  • Orazio adottò la dottrina epicurea, basata sull'ataraxia e la metriotes, cercando un equilibrio tra piacere e moderazione, senza seguire la polemica anti-superstiziosa di Lucrezio.
  • Nelle sue poesie, Orazio esplora temi come l'opposizione tra città e campagna, la scelta della poesia come libertà, la fugacità del tempo e l'amore, evidenziando un controllo emotivo e un approccio epicureo.
  • Lo stile di Orazio varia tra la semplicità delle Satire e delle Epistole e il classicismo delle Odi, caratterizzato da una limpidezza formale e un equilibrio tra contenuto e forma poetica.
ORAZIO
Profilo dell'Autore
La vita:

nasce a Venosa nel 65 a.C. da un liberto. Consegue comunque un’istruzione completa grazie al padre che si trasferì a Roma per permettergli di completare gli studi presso i maestri più importanti. Intorno ai vent’anni perfezionò la formazione ad Atene dove i suoi studi di filosofia furono interrotti dai fatti che seguirono l’uccisione di Cesare: Bruto e Cassio posero la loro base operativa in Grecia e Orazio, indotto dall’amore per la libertà assorbito nelle accademie filosofiche, si legò alla loro causa partecipando alla battaglia di Filippi (42 a.C.) finita con la disfatta. Tornò in Italia nel 41 grazie ad un’amnistia e trovò il suo podere confiscato e si guadagnò da vivere come segretario di un questore. In quegli anni compose le prime opere stringendo amicizia con Virgilio e Vario Rufo dai quali fu presentato nel 38 a Mecenate che dopo pochi mesi lo chiamò a far parte del suo circolo. Tra i due nacque un’amicizia sincera e profonda favorita dalla comune fede epicurea. In seguito al desiderio di Orazio di tranquillità della campagna Mecenate gli donò nel 33 una villa in Sabina nel quale il poeta soggiornò declinando addirittura l’offerta di Augusto che lo avrebbe voluto come suo segretario privato. Nel 35 Orazio pubblicò il primo libro delle Satire, il secondo nel 30, contemporaneamente ai 17 Epodi. I primi 3 libri delle odi maturarono lentamente nella quiete in campagna fra il 30 e il 23. Fra il 23 e il 20 venne composto il primo libro delle Epistole. Nel 17 Orazio ricevette l’incarico da Augusto di comporre l’inno celebrativo, il Carmen saeculare, che lo consacrò poeta ufficiale. Negli anni compresi tra il 19 e il 13 seguirono il secondo libro delle Epistole e il quarto delle Odi; Orazio morì alla fine dell’8 a.C.

Le opere
Gli epodi: sono 17 componimenti scritti tra il 41 e il 30 con il metro del distico, di origine greca, che alterna un verso lungo a uno breve (detto in greco epodos da cui il nome). Orazio li chiamò iambi per due aspetti:
o Perché il metro giambico è in essi prevalente;
o In riferimento alla poesia greca giambica greca di Archiloco e Ipponatte caratterizzata dalla violenza dell’invettiva e a quella del poeta ellenistico Callimaco, più dotta e meno aggressiva.
Orazio rivela negli Epodi una passionalità tipicamente giovanile segnata dagli anni successivi alla battaglia di Filippi non ancora filtrata dall’esperienza e dalla maturità artistica. Gli argomenti sono vari e dimostrano perlopiù attenzione per l’attualità e per il mondo: alcuni componimenti riguardano le vicende civili, altri hanno carattere scherzoso o di invettiva, altri comprendono il tema amoroso.

Le satire: sono 18 componimenti in due libri, 10 nel primo e 8 nel secondo per un totale di oltre 2000 esametri. Al tempo di Orazio la satira era codificata in due forme, la satira menippea (caratterizzata dalla libera mescolanza di prosa e versi) e quella luciliana caratterizzata dall’esametro e dalla varietà delle tematiche. La satira di Orazio si colloca nella satira di Lucilio dalla quale la distingue una dimensione più intima e riservata e la rinuncia all’aggressività polemica. Dette da Orazio stesso “sermones” le satire sono un pacato conversare all’insegna dell’urbanità e della moderazione. In esse Orazio fissa le tematiche di base di una critica di costume che raggiunge un originale equilibrio tra la denuncia del vizio e l’umana comprensione. I temi trattati sono vari: su una base morale si presentano scelte di vita, esperienze biografiche, personaggi e situazioni.

Le odi: pubblicati nel 30 gli Epodi e il secondo libro delle Satire, Orazio si volse alla lirica creando il suo capolavoro. L’originalità della raccolta, secondo Orazio stesso, sta nell’aver dato vita a una lirica romana adottando forme metriche greche. Orazio nelle Odi – in latino Carmina – porta a perfezione la lirica dei poeti novi e di Catullo, risalendo alle origine della lirica greca così da recuperare la formalità dei poeti eolici e raggiungendo livelli di perfezione artistica destinati a diventare canonici nel genere. I primi tre libri pubblicati nel 23 sono composti da 88 componimenti in metri lirici.
o Il primo libro (38 odi) tratta del tema della primavera, della fugacità del tempo, dell’invito a godere la vita (carpe diem), dell’argomento amoroso e del tema conviviale.
o Il secondo libro (20 odi)tratta di componimenti dedicati agli amici; riprende anche il tema della fugacità della tranquillità campestre.
o Il terzo libro (30 componimenti) esaltano le antiche virtù e le gloriose imprese di Augusto.
o Il quarto libro (15 odi) elaborato tra il 17 e il 13 ritorna sui temi già analizzati quali il godere del tempo che fugge, il tema della primavera, i momenti epici di Roma, l’età augustea e la fine delle guerre civili.

Il Carmen saeculare: è un inno in 19 strofi saffiche: fu cantato nel 17 nella ricorrenza dei Ludi saeculares, voluti da Augusto per celebrare l’avvento dell’età dell’oro annunciata da Virgilio nella IV Ecloga. E’ caratterizzato da uno stile elevato e solenne.

Le Epistole: il primo libro composto dopo i primi 3 delle Odi, fu pubblicato nel 20 e contiene 20 epistole in esametri, il secondo comprende 2 epistole in esametri raccolte successivamente in un unico libro con l’Ars poetica. Furono composte verosimilmente tra il 19 e il 13.
o Nel primo libro giustifica la nuova forma poetica e spiega l’ispirazione morale, considerando poi i principi della sapienza epicurea.
o Nel secondo libro comprende 2 epistole di argomento letterario, tema comune all’Ars poetica che è un manuale in versi nel quale Orazio, rifacendosi alla tradizione aristotelica, espone la propria teoria letteraria che concepisce la poesia come frutto di paziente elaborazione attraverso la quale si esprime il vero talento poetico.

Le componenti del pensiero e della morale oraziana: Orazio è imbevuto della dottrina epicurea: la sua morale si basa sul concetto di ataraxia ovvero l’imperturbabilità che deriva dall’assenza di paure e desideri e desume inoltre da Epicureo la concezione del piacere stabile goduto all’insegna della moderazione, che è il presupposto di felicità. Orazio richiama anche la concezione epicurea degli dei che vivono beati senza curarsi delle cose umane (Per Epicuro gli dei vivono nell'Intermundia e non si curano delle vicende umane, la preoccupazione per gli uomini e l'ira verso di essi, infatti, andrebbe ad intaccare il loro stato di imperturbabilità, e se essi fossero soggetti a questo tipo di sentimenti e non fossero iperturbabili allora non sarebbero nè perfetti, né divini). Non segue però Lucrezio nella polemica contro la superstizione tanto da accoglierne a volte spunti. Epicurei sono anche il culto dell’amicizia e l’amore per la campagna e le cose semplici. Molte altre suggestioni si intrecciano nella morale oraziana che fa della ricchezza e della sua mutevolezza alle situazioni la sua caratteristica peculiare. Alcuni concetti etici appartenevano ad un patrimonio comune diffuso dalla cosiddetta diatriba, un movimento di opinione divulgato dai predicatori e mediato dalla coscienza popolare in forma di luoghi comuni relativi al vivere secondo natura disprezzando le convenzioni sociali e il condizionamento delle civiltà. A ciò si collegano due idee cardine della morale oraziana:
L’autarkeia: ossia l’indipendenza interiore da ogni condizionamento esterno che si collega all’idea epicurea che la felicità si consegue soddisfacendo i bisogni naturali e necessari.
La metriotes: ossia la morale del giusto mezzo, collegata sempre all’etica epicurea, che aveva le sue radici nella saggezza greca ed è tradotta da Orazio con il concetto di aurea mediocritas che codifica uno stile di vita lontano dagli eccessi.
Orazio aderisce in parte ai principi di Aristippo, filosofo greco, che identificava il bene con il piacere che si traduce in Orazio nell’affermazione dell’autarkeia e nella tutela della propria indipendenza. In Orazio compare anche lo stoicismo non solo nell’impegno civile ma anche nell’aspetto di imperturbabilità del saggio e il bisogno di virtù e coerenza che si avverte soprattutto nelle Epistole. Orazio sente il bisogno di una saggezza certa che lo spinge a cercare risposte in varie direzioni adottando una morale provvisoria che, fatti salvi alcuni principi base, gli consenta di servirsi di ogni filosofia senza esserne servo.

Flacco, Quinto Orazio (4) articolo
La lingua e lo stile: la poesia di Orazio tocca una pluralità di stili e di forme espressive. Tralasciando gli Epodi, che risentono di uno sperimentalismo giovanile, si possono individuare due modalità di base, complementari, che mettono in gioco un alto grado di perizia tecnica finalizzato a effetti diversi.
• Il sermo delle Satire e delle Epistole: la semplicità di Orazio è ricerca di immediatezza contrassegnata da una conversazione, che per essere più aderente alla realtà, si presenta impoetica privilegiando parole ordinate e forme del parlato. La sintassi è mossa soprattutto nelle Satire e più statica ma efficace e spiritosa nelle Epistole, sempre segnata da una sottile ironia che sdrammatizza le problematiche morali; la libertà del ritmo ricalca periodi disarticolati e enjambement. La raffinatezza tecnica è quindi finalizzata alla naturale semplicità.
• Lo stile classico delle Odi: nelle odi Orazio cerca di ottenere il massimo dell’energia poetica attraverso un minimo di segni: viene raggiunto così, eliminando tutto il superfluo e cercando la concentrazione attraverso il potenziamento della parola e la studiata collocazione di ogni termine all’interno del periodo, il massimo livello dell’arte classica. Questo livello si manifesta nella limpidezza delle soluzioni formali sostenute dall’intensità dei contenuti e dall’equilibrio tra i componenti.
Il classicismo delle odi si manifesta nella creazioni di ricercate giustapposizioni, dette callidae iuncturae, ovvero espressioni che addensano in poche parole immagini efficaci o concetti pregnanti (es: carpe diem). In questo si può vedere la differenza da Virgilio che tramite espressioni reali evocava il mistero e la suggestione mentre Orazio, come il cesello, rende un mondo senza misteri. A sostenere il classicismo di Orazio vi è il labor limae (rifinitura dei tesi), il lucidus ordo (luminosa armonia) e la mentalità dell’uomo, con il suo bisogno di chiarezza e equilibrio. La classicità è data anche dalla varietà dei metri e dalla capacità di ricavarne suggestive risonanze ritmiche.

Orazio poeta augusteo: Orazio è spesso presentato come poeta augusteo in quando opera negli anni in cui si instaura il principato di Augusto. Non è da dimenticare però la sua instabilità politica e la precarietà delle sue condizioni economiche che alimentarono in lui il senso di irrazionalità della storia e imprevedibilità degli eventi. Il periodo precedente al principato di augusto fu percorso da grandi paure, di nuove guerre civili ecc.. Orazio sostenitore della pax augustea, convinto che la pace fosse il presupposto indispensabile per poter godere la serenità della vita, non negò il consenso al regime augusteo pur salvaguardando la libertà delle sue scelte di vita e di poesia.

I TESTI
Città e campagna: l’opposizione tra città e campagna fa la sua comparsa con Terenzio che propone città e campagna come due modelli morali: la città era simbolo di educazione liberale e permissiva, la campagna di severità e rigore. Questa identificazione non durò ma, con il passaggio dell’economia romana dalla fase agricola a quella commerciale, fu sostituita dall’idea di città come centro frenetico ai cui non ci si poteva sottrarre se non con il ritorno alla campagna: la città era però per il giovane risoluto a fare carriera meta da raggiungere, ma una volta conseguita una posizione sociale si cercava la pace in campagna. Questa dinamica fu vissuta da Orazio che nella satira I 6 ringrazia il padre di averlo portato a Roma per educarlo. La città è quindi simbolo di promozione e di accettazione sociale. Dopo essere diventato un uomo importante, con l’ingresso al circolo di Mecenate che gli era invidiato da molti, Orazio può permettersi di desiderare la vita di campagna che il dono della villa sabina di Mecenate gli permise di godere. La campagna è spesso caratterizzata dalla moderazione, dalla sobrietà e con il topos del locus amoenus, ovvero come paesaggio in grado di diffondere serenità.

La scelta della poesia: una vita contro tendenza: Orazio ebbe la consapevolezza di operare all’interno di un genere nobile, di conquistare la gloria poetica. Dietro all’io lirico del poeta è rintracciabile l’io empirico cioè la sua realtà biografica che ci descrive come antepose al potere la scelta poetica. Nel 25 infatti Augusto aveva offerto a Orazio la possibilità di diventare segretario della sua corrispondenza privata ma Orazio rifiutò per salvaguardare la propria autarkeia che implicava una libertà assoluta e a volta anche solitudine. Orazio non voleva quindi farsi coinvolgere in un sistema cortigiano che lo avrebbe si circondato di potere, senza però conferirgli la gloria e non gli avrebbe permesso la libertà a cui aspirava. La scelta poetica di Orazio fu quindi consapevole e autentica: la poesia fu scelta di libertà. Orazio esprime il suo valore con orgogliosa coscienza poetica nell’ode a Mecenate (I 1), esprimendo il suo auspicio di essere annoverato tra i poeti e nell’ode III 30 saldando l’affermazione dell’immortalità poetica messa in relazione con l’eternità di Roma concepita dall’uomo partecipe della pax Augusta, dimenticando per un attimo il senso di precarietà più volte proclamato.

L’attimo che fugge: l’originalità di Orazio sta nella percezione del tempo. La connessione tra l’amore, la gioventù e il sentimento del tempo era diventata quasi un luogo comune dopo le considerazioni di Catullo e Virgilio. L’originalità di Orazio sta nel aver saputo trasformare questo luogo comune in una nuova occasione poetica rivisitando la connessione tra amore e tempo sia sotto un’ottica di una giovinezza ancora acerba per l’amore (Cloe), sia che l’incombere della vecchiaia stenda su tutto un’ombra malinconica. In alcuni testi invece il tempo che fugge costituisce la nota dominante e il rapporto con l’amore risulta quasi invertito: l’amore interviene sancendo solo una riflessione sul tempo. Il rimpianto della giovinezza che fugge e il distacco ironico dalla passione animano diverse opere di Orazio., come l’ode I 9 dove è presentata la fugacità della vita, l’invito a vivere il giorno dopo senza darsi pensiero del domani e godendo della giovinezza, vista con un certo rimpianto. Nell’ode I 11 Orazio invita Leuconoe a non sciupare l’ora presente per indagare il domani: meglio vivere attimo dopo attimo e carpire alla fuga del tempo l’attimo che fugge, senza sperare in un domani sottratto al controllo degli uomini. Il Carpe diem non è solo quindi un invito a godere la vita ma piuttosto a essere consapevoli di se stessi e dei propri limiti rinunciando, come nella morale epicurea, ai progetti per il domani, ai tentativi di conoscere il futuro e a speranze illusorie.

Il tempo dell’amore: un tema forte nella poesia Oraziana è quello dell’amore. La morale epicurea vieta gli eccessi non gli svaghi innocenti compatibili inoltre con l’ataraxia. L’amore era compatibile con l’epicureismo: non era un bisogno imprescindibile ed andava bene se non faceva danno. Orazio ricavò un idea dell’amore come sentimento naturale che poteva essere soddisfatto a condizione che non degenerasse nel turbamento passionale incompatibile con il principio dell’autosufficienza. Orazio vede la donna come oggetto di desiderio: di essa loda la bellezza e le doti fisiche, senza darsi pensiero dell’identità, della provenienza e della condizione sociale. Anzi: la matrona, congelata allo stereotipo di donna di casa, è considerata un essere senza identità e senza corpo della quale non si può vedere nulla oltre che il viso. La liberta, al contrario, non presenta ostacoli e la si può vedere quasi nuda. Questo modo di vedere si ricollega all’amore libertino di Catullo ma risente anche dell’equilibrio di Orazio, fautore della mediocritas che escludeva la passionalità di Catullo e che gli impediva di vivere e rovinarsi per una donna. Proprio perché non identificava la sua vita con l’amore fu immune dalle sofferenze degli elegiaci. Dalla lirica oraziana si possono collegare frammenti che portano a una concezione unitaria della donna costituendo una fenomenologia d’amore: Orazio trasmette un’idea d’amore tutt’altro che passionale, che non disdegna appuntamenti e amori ancillari ma non esclude nemmeno un rapporto duraturo. Il non farsi travolgere dalla passione denota un controllo dei sentimenti quasi inumano. L’etica epicurea fondata sulla rinuncia trasmette all’opera amorosa di Orazio un velo di malinconia.

Il tempo della morte: il tema dell’amore è legato alle stagioni e al tempo e questo richiama l’idea della morte. Orazio è preoccupato dell’idea della vecchiaia e della fine che in tutte le sue opere ha cercato di esorcizzare, difendendo la propria serenità con l’invitò al carpe diem. L’immagine della morte è colta da Orazio sotto alcune inquadrature: come ultima linea rerum, orizzonte estremo di un destino ineluttabile che non si può prevedere e che conviene accettare con rassegnazione; e come uti conviva satur, come un commensale sazio. Sta all’accortezza del saggio non lasciarsi sorprendere concependo speranze la dove la vita è breve: meglio cogliere l’attimo ribadendo il carpe diem. Orazio concepì un progetto di vita ambizioso all’insegna dell’autarkeia epicurea. Eppure nel bilancio della propria vita tracciato nelle ultime epistole non è riuscito a liberarsi delle paure della morte, ritrovandosi non “sazio” ma pieno di angosce che ingenerano in lui un “torpore mortale” (epistola I 8, 10). Nella stessa epistola (II 2) Orazio prende congedo ritenendosi sazio e facendo idealmente spazio ai giovani che hanno più diritto di lui di divertirsi in quanto lui s’è già divertito. Con divertimento Orazio (ludere) riassume il piacere della vita, dell’amore ma anche quello della poesia: di essi ha goduto a sufficienza. Ora Orazio preferisce dormire a scrivere: per gli ultimi 5-6 anni di vita infatti Orazio, dove essere stato privato dell’amore, dei conviti, del gioco, perde anche la poesia, chiudendosi nel silenzio. Intanto Orazio, con la sua poesia, aveva portato a compimento (ode III 30) un monumento più duraturo del bronzo.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'importanza della filosofia epicurea nel pensiero di Orazio?
  2. La filosofia epicurea è centrale nel pensiero di Orazio, basandosi sull'ataraxia, l'imperturbabilità derivante dall'assenza di paure e desideri. Orazio adotta anche il concetto di piacere stabile e moderato come presupposto di felicità, e il culto dell'amicizia e dell'amore per la campagna.

  3. Come si caratterizzano le opere principali di Orazio?
  4. Le opere di Orazio si distinguono per la varietà di stili e forme espressive. Gli Epodi mostrano una passionalità giovanile, le Satire offrono una critica di costume pacata, le Odi raggiungono la perfezione artistica con forme metriche greche, e le Epistole esplorano temi morali e letterari.

  5. In che modo Orazio percepisce il tempo e l'amore nelle sue opere?
  6. Orazio percepisce il tempo come fugace, invitando a vivere il presente con il concetto di "carpe diem". L'amore è visto come un sentimento naturale, compatibile con l'epicureismo, purché non degeneri in turbamento passionale, mantenendo un controllo dei sentimenti.

  7. Qual è il rapporto di Orazio con la città e la campagna?
  8. Orazio vive l'opposizione tra città e campagna, vedendo la città come simbolo di promozione sociale e la campagna come luogo di pace e serenità. Dopo aver raggiunto una posizione sociale, desidera la tranquillità della campagna, simboleggiata dalla villa donatagli da Mecenate.

  9. Come Orazio affronta il tema della morte nelle sue opere?
  10. Orazio affronta la morte come un destino ineluttabile, esorcizzandola con l'invito al "carpe diem". La morte è vista come l'ultima linea delle cose, da accettare con rassegnazione, e Orazio cerca di difendere la propria serenità vivendo il presente e godendo dei piaceri della vita.

Domande e risposte