Concetti Chiave
- Livio Andronico, originario di Taranto, fu portato a Roma come prigioniero nel 272 a.C. dove divenne grammaticus, insegnando latino e greco.
- Avviò la letteratura latina nel 240 a.C. con la rappresentazione di un suo testo drammatico, scrivendo tragedie e commedie.
- La traduzione dell'Odissea di Omero in latino, chiamata Odusia, fu la sua opera più importante, rendendo accessibili le opere greche in modo scolastico.
- Nonostante l'importanza iniziale, l'opera di Livio Andronico passò di moda, con critiche già al tempo di Ennio e da parte di Cicerone e Orazio.
- Livio utilizzò un linguaggio solenne e arcaico, cercando di mantenere fedeltà all'originale pur usando formule del linguaggio religioso romano.
Livio Andronico
Nacque a Taranto (colonia greca ma influenzata anche dalla lingua indigena originaria del substrato) e giunse a Roma come prigioniero nel 272 a.C. alla fine della guerra fra Roma e Taranto.
A Roma Livio ebbe l’incarico di grammaticus, doveva insegnare la grammatica perché conosceva latino e greco.
Egli scrisse anche testi drammatici, tragedie e commedie.
Diede inizio alla letteratura latina con la rappresentazione di un suo testo drammatico nel 240 a.C. a Roma.
La sua opera più importante fu però la traduzione in lingua latina dell’Odissea di Omero (Odusia = poema epico in saturni). Ciò fu una novità perché nell’antica Roma le opere greche erano conosciute nella lingua originaria e potevano essere comprese solo dalle famiglie aristocratiche. Questo testo divenne scolastico. Perciò restò comunque un testo non letto da tutti ma, essendo scolastico, era più accessibile.
Livio Andronico passò presto di moda: non solo Cicerone e Orazio trovavano antica la sua arte, ma già Ennio polemizzò contro di lui.
Inoltre, Livio scrisse tragedie legate principalmente alla guerra di Troia e commedie; fu il primo autore delle palliate di cui conosciamo un titolo sicuro, Gladiolus (= sciaboletta): questa commedia aveva come protagonista un soldato fanfarone predecessore del Miles gloriosus di Plauto.
Linguaggio: cercò di esprimere solennità con formule del linguaggio religioso romano oppure con vocaboli arcaici, anche se mantenne la volontà di rispettare l’originale e di riportare tutto con chiarezza.