Concetti Chiave
- L'influsso della cultura greca portò a una divisione tra i Romani: i Filellenici, che accolsero con entusiasmo l'ellenizzazione, e i tradizionalisti, che temevano la minaccia ai valori della res publica.
- I Romani ebbero un atteggiamento ambivalente verso la cultura greca, caratterizzato da ammirazione ma anche da diffidenza, vedendo nella filosofia greca un potenziale sovversivo nell'educazione dei giovani.
- L'episodio di Carneade nel 155 a.C. evidenzia la diffidenza romana verso l'ellenismo, con Catone che chiese l'espulsione dei filosofi greci per proteggere i valori tradizionali romani.
- Il metodo di Carneade, "Oratio in utramque partem", suscitò preoccupazione poiché promuoveva il relativismo, visto come una minaccia alla stabilità culturale romana.
- Nella prima metà del II secolo a.C., si verificarono diversi episodi di espulsione di filosofi greci, culminati nel 161 e 173 a.C., per preservare l'identità culturale romana.
Difesa dell'identità culturale romana
L’ellenizzazione della civiltà romana coinvolse le mentalità, gli usi, i costumi e i comportamenti dei Romani. A questo processo di cambiamento ci furono però anche resistenze e opposizioni. Si ha così una divisione della popolazione: da una parte i Filellenici (es. il circolo degli Scipioni), i quali erano entusiasti dell’apporto della cultura greca; dall’altra i tradizionalisti, tra cui Catone il Censore, che si opposero fermamente affermando che il modello culturale ellenico avrebbe potuto minacciare il mos maiorum e di conseguenza tutto l’insieme dei valori sui quali era fondata la res publica.Nei confronti della cultura greca i Romani ebbero sempre un duplice atteggiamento: ammirazione e interesse, ma contemporaneamente diffidenza e sospetto.
La filosofia greca infatti fu subito vista come fattore sovversivo nella formazione e nell’educazione delle giovani menti romane.
Diffidenza nei confronti dell'ellenismo
Per comprendere la diffidenza nei confronti dell’ellenismo è utile citare l’episodio di Carneade: nel 155 a.C. furono inviati a Roma da Atene tre filosofi, in veste di ambasciatori, abili a tenere orazioni in pubblico. L’esibizione di Carneade fu quella che riscosse più successo; egli, infatti, in due giorni separati e consecutivi parlò della giustizia: sostenne prima la tesi dell’esistenza del diritto naturale, poi quella contraria. Utilizzò infatti il metodo chiamato “Oratio in utramque partem”, ovvero, pro e contro la stessa tesi. Catone, dopo aver visto l’entusiasmo suscitato nei giovani, chiese al Senato che gli ambasciatori ritornassero in patria. Egli infatti vide nel relativismo di Carneade una minaccia ai valori tradizionali che i ragazzi romani dovevano accettare e seguire alla lettera.Quello di Carneade non fu un caso isolato. Infatti nella prima metà del II secolo a.C. ci furono molteplici provvedimenti di espulsione per i filosofi. Nel 161 a.C. quasi tutti i filosofi e retori furono cacciati, e nel 173 a.C. furono mandati via da Roma due filosofi epicurei.
Domande da interrogazione
- Qual era l'atteggiamento dei Romani nei confronti della cultura greca?
- Chi erano i Filellenici e i tradizionalisti nella società romana?
- Perché Catone il Censore si oppose alla presenza dei filosofi greci a Roma?
I Romani avevano un atteggiamento duplice verso la cultura greca, caratterizzato da ammirazione e interesse, ma anche da diffidenza e sospetto, temendo che potesse minacciare i valori tradizionali romani.
I Filellenici, come il circolo degli Scipioni, erano entusiasti della cultura greca, mentre i tradizionalisti, come Catone il Censore, si opponevano fermamente, temendo che l'ellenismo potesse minacciare il mos maiorum.
Catone si oppose perché vedeva nel relativismo di filosofi come Carneade una minaccia ai valori tradizionali romani, temendo che potesse influenzare negativamente l'educazione dei giovani.