Epitaffio di Pericle agli Ateniesi
430 ac, Tucidide, Storie, II, 37.
L’epitaffio di Pericle risulta, sebbene alcuni critici diano versioni divergenti al riguardo, essere stato effettivamente pronunciato da Pericle e poi trascritto da Tucidide.
Difatti, appare ambiguo un epitaffio in cui, solo dopo aver celebrato le leggi e le istituzioni dell’Atene democratica, si passa a rendere omaggio ai caduti in battaglia, per essere stato del tutto inventato. Inoltre, se Tucidide avesse inventato il discorso, dando spazio alla sua fantasia, sarebbe andato contro il suo voler continuamente cercare la verità, o quantomeno la verosimiglianza, come accennato nel proemio. Un altro punto da tenere in considerazione è proprio la tirata a favore della democrazia la quale, nell’intento dell’astuto, istruito ed abilissimo oratore Pericle, doveva servire a fomentare gli animi della popolazione contro i nemici, ad arginare il diffondersi di uno spirito di disfattismo e ad impedire che i familiari dei morti nel corso della spedizione in Sicilia insorgessero contro lo Stato. Quindi, è alquanto improbabile che Tucidide abbia inventato il discorso senza rifarsi ad indizi (semeia) e prove (tekmeria), al massimo lo storiografo avrà inserito del “suo” nel testo, forse a fini stilistici. Infine, bisogna tener conto del fatto che Tucidide non avrebbe tratto alcun guadagno nell'incitare gli animi degli Ateniesi.