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Indice

  1. La tragedia e la commedia
  2. La commedia: libertà politica e satira
  3. I valori nella pòlis: alle origini di un conflitto

La tragedia e la commedia

La tragedia come rappresentazione dei conflitti tra norme giuridiche, leggi divine e doveri morali individuali
Basterà qualche esempio per chiarire questo ruolo del teatro tragico. L’Orestea di Eschilo, rappresentata nel 458 a.C., mette in scena la disfatta del mondo aristocratico degli “eroi” omerici, dominato dalla logica della vendetta, e l’inizio della politica, con l’istituzione dei tribunali cittadini che amministrano la giustizia in nome della legge. L’Antigone di Sofocle, rappresentata nel 442 a.C., rende i cittadini consapevoli del conflitto, tragico perché indecidibile, che può nascere fra le “leggi non scritte” della tradizione religiosa e morale, e quelle politiche della città. Similmente, l’Edipo re (420? a.C.) e l’Edipo a Colono (401 a.C.) di Sofocle affrontano la questione della responsabilità del protagonista: Edipo è colpevole dal tradizionale punto di vista religioso,ma innocente da quello della giustizia della città, che punisce solo le azioni compiute in modo intenzionale e consapevole.

La commedia: libertà politica e satira

La commedia invece trattava più direttamente l’attualità politica e culturale, sottoponendo a una satira feroce i leaders e gli intellettuali più in vista della città, da Pericle a Socrate: uno straordinario esempio di libertà di parola e di pensiero dell’Atene democratica, oltre a un modo per sfogare nella derisione i malumori del popolo della città. Fra i nomi più noti ricordiamo Aristofane, che ha scritto delle parodie indimenticabili sui filosofi e soprattutto i demagoghi al potere nella democrazia ateniese e sulla cieca fiducia dei suoi concittadini nei nuovi modelli educativi dell’epoca.

I valori nella pòlis: alle origini di un conflitto

Ma il sistema di valori e la concezione della virtù umana contrastavano le esigenze della comunità politica, della società della pòlis, che richiedeva soprattutto ai suoi membri capacità di collaborazione, spirito di eguaglianza, rispetto delle norme comuni di giustizia: l’esatto contrario, dunque, del modello di “vero uomo” ereditato da Omero. I poemi omerici sono in conflitto anche con il modello della virtù morale delineato da Socrate e da Platone, caratterizzato dalla temperanza, dal primato della conoscenza rispetto alla forza, dalla giustizia intesa come armonia sociale. Tuttavia, la duratura presenza del mondo omerico nella mente dei greci è confermata dal loro sistema educativo: i bambini imparavano a leggere e scrivere sui testi dei poemi, e ne imparavano a memoria lunghi brani.

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