vv. 891-915
O tomba, o talamo, o sotterranea
casa perenne, dove mi dirigo
verso i miei (cari), un grandissimo numero dei quali,
che sono morti, Persefone ha accolto;
ultima tra i quali io, e davvero nel modo di gran lunga peggiore, (895)
scendo, prima che per me si compia la parte di vita.
Essendo(vi) giunta, certamente nutro molto nelle speranze
di arrivare cara al padre, gradita a te,
o madre, cara a te, capo fraterno;
poiché io con la mia stessa mano lavai voi morti (900)
e (vi) sistemai e pubbliche
libagioni (vi) diedi; ora invece, o Polinice,
avendo coperto il tuo corpo, ottengo queste cose.
Eppure io, per quelli che hanno senno, ti onorai bene.
Infatti giammai né se fossi stata madre di figli, (905)
né se il mio sposo, morto, si fosse putrefatto,
contro la volontà dei cittadini avrei preso questo peso.
Dunque in virtù di quale legge dico queste cose?
Essendo a me morto un marito, ne avrei avuto un altro,
ed un figlio da un altro uomo, se avessi perduto quello; (910)
ma essendo sepolti la madre ed il padre nell’Ade,
non c’è fratello il quale potrebbe mai nascere.
Certamente per questa legge, avendoti io sovraonorato,
a Creonte sembrò che (io) avessi sbagliato queste cose
e che avessi osato cose terribili, o capo fraterno.