Saffo - Inno ad Afrodite, Ode 1
L'ode 1 di Saffo aveva nell'edizione alessandrina il primo posto nel primo libro, era quindi il "pezzo" famoso, paradigmatico dei motivi dominanti della poetica di Saffo. Dionigi d'Alicarnasso la cita nel De compositione verborum, quale esempio di grazia e levigatezza.Il papiro di Ossirinco ha convalidato il testo tradizionale.
L'ode è un esempio di inno "cletico", o d'invocazione; forma poetica caratterizzata da ampia narrazione mitica, schema della preghiera, invocazione e richiesta finale del voto. Nella parte centrale l'esposizione delle ragioni che determinano da parte del fedele l'invocazione e la speranza.
L'ode di Saffo è ariosa e mossa: immagina la dea Afrodite che, prima seduta nel suo tempio, immobile e inavvicinabile, è vista subito dopo presente e vicina nell'atto di aggiogare il carro e pronta a venire accanto a chi la invoca, per consolare le fedeli, addolorate per un amore infelice. L'ode è vivace e piena di grazia, ma il linguaggio non è innovativo e risuona dei nessi della dizione omerica.
Afrodite è invocata come figlia di Zeus. Esiodo nella Teogonia cita l'Afrodite che dagli uomini è così chiamata perchè nata dalla schiuma del mare. Questa dea è posta accanto a Temis, dea urania. Quindi una distinzione tra una dea celeste ed una pandemia. Non si sa chi Saffo invochi tra le due. Secondo il parere di Platone nel Simposio, Saffo invocherebbe quella urania.
Al di là della questione di chi invochi, è fondamentale sottolineare la purezza della descrizione e l'assenza di sottintesi, in una forma che, in una dialettica imprecisa e sfumata, risulta coerente con i moti dell'anima.
La lingua usata da Saffo è l'eolico lesbico.
Il metro: Strofe saffiche composte di quattro versi; tre endecasillabi saffici e un adonio; in linea ritmica di tre periodi, due espressi dagli endecasillabi saffici, un terzo endecasillabo ed una clausola espressa da un adonio . Tra i versi terzo e quarto una sinafia mostra la clausola.