Vita ed Opere
Polibio viene considerato l'esponente principale della storiografia ellenistica.
Era greco, originario di Megalopoli, in Arcadia. Il padre fu stratego della lega achea, che si era costituita al termine della guerra peloponnesiaca, intorno al 400 a.C.
La vittoria di Filippo a Cheronea nel 338 a.C. segnò la fine di questa federazione, che fu tuttavia ripristinata nel 280 a.C. contro l'eccessivo potere dei successori di Alessandro: lo stesso Polibio ne fu ipparco, proprio nel periodo in cui iniziò ad affermarsi la potenza romana. La lega inizia allora a dividersi, viste le diverse posizioni assunte nei confronti dell'egemonia di Roma: se una parte si espresse propensa a questa superiorità, l'altra mantenne una posizione di attesa. Polibio fa parte di questa seconda "fazione".
Quando Roma sconfisse la Macedonia nella battaglia di Pidna, Polibio venne condotto a Roma, dove subì un processo; venne però accolto nella casa di Lucio Emilio Paolo, vincitore a Pidna, e amante della cultura greca. Polibio inizia ad entrare in contatto con i figli, soprattutto con Scipione, seguendolo negli studi e negli impegni politici, e assistendolo personalmente nella campagna militare contro Cartagine, distrutta dallo stesso Scipione nel 146 a.C.
Polibio assistette alla distruzione di Corinto ad opera dei Romani, ma grazie all'intervento di Polibio le condizioni di pace imposte ai greci furono sicuramente allentate.
Polibio scrisse Le Storie (40 libri), un'opera storica che si occupa degli avvenimenti compresi tra il 264 a.C. (inizio prima guerra punica) e il 146 a.C.(fine terza guerra punica), ricollegandosi e proseguendo le trattazioni dell'opera di Timeo, la cui narrazione si arrestava nel 265 a.C.
I primi due libri dell'opera vengono considerati una sorta di introduzione, un'esposizione degli eventi compresi tra l'inizio della prima guerra punica (264 a.C.) e il 220 a.C. (inizio della seconda). Nel corso del trattato lo scrittore inserisce una serie di excursus: nel VI libro si occupa della degenerazione ciclica della costituzione: monarchia, aristocrazia e democrazia sfociano rispettivamente nella tirannide, nell'oligarchia e nell'oclocrazia; nel libro XII critica l'opera di Timeo e la sua storiografia; nel libro XXIV è presente invece un excursus di carattere geografico sui paesi del Mediterraneo.
Polibio riuscì a comprendere che la grande potenza romana avrebbe aperto nuove prospettive anche in relazione al modo di concepire la storia. L'obiettivo di Roma era quello di creare un vasto impero, e la stessa storiografia avrebbe dovuto riflettere l'aspirazione romana, assumendo quindi un carattere universale nelle proprie trattazioni. Si può, sotto questo punto di vista, individuare un punto di rottura con la storiografia ellenistica.
La visione che Polibio ha della storia è pragmatica: vale a dire che essa deve soffermarsi sulle cause degli eventi. I punti base della sua opera sono la concezione utilitaristica della storia (strumento per comprendere il presente, e fare dunque in modo che determinate situazioni non si ripetano più in futuro), lo studio delle fonti (che sottopone a un vaglio accurato, riprendendo Eforo e gli Annales di Fabio Pittore), la conoscenza diretta dei luoghi descritti e l'esperienza politica. Su quest'ultimo punto è fondamentale effettuare un confronto con Tucidide: costui concepiva la storia in relazione alla natura dell'uomo; per Polibio invece la storia è natura dello Stato, dei legami politici. Si evidenzia pertanto, nel comprendere le cause degli eventi, una netta subordinazione alla nascita dello Stato.
Per quanto riguarda, infine, la redazione dell'opera, le posizioni degli studiosi risultano piuttosto controverse. Si pensa che la prima parte (i primi due libri) sia stata pubblicata nel 150 a.C., nel periodo in cui il poeta si trovava a Roma; la seconda parte (fino alla battaglia di Pidna del 168 a.C.) dopo il 146 a.C. L'ultima parte (trattazione degli avvenimenti dal 168 a.C. al 146 a.C.), volta ad elogiare la potenza romana, sarebbe stata composta in età avanzata.