OMERO MINORE
I poemi del ciclo epico, la Batracomiomachia, il Margite e gli Inni omerici hanno come autore il cosiddetto ‘Omero minore’ poiché gli antichi attribuivano queste opere con tematiche affini all’Iliade e all’Odissea alla figura di Omero, tuttavia questi testi non si possono ricondurre alla fase dell’epos arcaico per la loro forma linguistica recente che fa pensare ad una rielaborazione posteriore benché i contenuti siano molto antichi.
Per Ciclo epico non si intende, però, solo l’Iliade e l’Odissea definiti ‘libri di cultura’ ma anche il ciclo troiano, tebano e la saga degli Argonauti formando così un corpus narrativo dell’epica arcaica.
La Batracomiomachia, attribuita ad Omero, narra di una guerra scoppiata tra topi e rane a causa della morte del re dei topi per annegamento in seguito ad un’immersione del re delle rane mentre il re dei topi era sulle sue spalle e cercavano di fuggire dall’attacco di un serpente marino. La battaglia fu vinta dalle rane grazie all’aiuto di Zeus e all’arrivo di un granchio. Quest’opera non è altro che una parodia dell’epos guerriero, la comicità nasce infatti dall’incoerenza fra lo stile epico e la tematica favolistica. La Batracomiomachia fu tradotta in molte lingue ma l’autore che la seppe tradurre meglio fu Giacomo Leopardi che, però, dichiarò che Omero non ne fosse l’autore.
Il Margite, attribuito ad Omero, è un’opera di cui ci è rimasto solo qualche frammento citato, per altro, in un’altra opera. L’opera prende il nome dal protagonista, l’antieroe Margite, lo sciocco bonaccione per eccellenza, incapace di svolgere qualsiasi attività. Sono assenti gli dei e gli eroi del mito, a differenza della Batracomiomachia. Aristotele considerava quest’opera il prototipo della commedia in contrapposizione all’Iliade e all’Odissea, prototipi della tragedia.
I quindici brevi componimenti tramandati nella Vita erodotea di Omero sono chiamati convenzionalmente epigrammi. I testi trattano diverse tematiche tra cui anche l’epigramma funerario di Omero però, mentre alcuni contengono le motivazioni per il loro inserimento nella Vita, altri sono stati adattati forzatamente. I due carmi più importanti, poiché esempi di poesia popolare in forma letteraria, sono il Camino e l’ Eresione. nel Camino il poeta augura un buon lavoro ai vasai se lo pagheranno o invocherà i demoni distruttori se non lo pagheranno; nell’Eresione assistiamo al canto di fanciulli durante la festa di Apollo. In queste opere troviamo prosodia e metrica tipicamente omeriche e parole sconosciute dai poemi omerici tipiche dell’elaborazione posteriore a questi ultimi.
Gli Inni omerici non si possono definire né inni, in quanto gli inni veri e propri venivano usati nelle celebrazioni religiose ed erano in metri lirici, né omerici perché non possono risalire all’epoca dell’epos eroico nonostante abbiano metrica, lingua e tematiche affini. Il pubblico a cui erano destinati questi Inni è un grosso punto interrogativo ma, il filologo August Wolf, ha dato l’ipotesi migliore fino ad ora. Secondo lui, gli Inni non erano altro che proemi che servivano da avvio all’esecuzione di canti epici nelle feste. Seguendo questa ipotesi, quindi, gli Inni sarebbero serviti da introduzione a riti religiosi.
Gli Inni maggiori avevano uno schema fisso: all’inizio un’invocazione alla divinità, poi la narrazione di imprese divine e, infine, un congedo. L’Inno a DEMETRA: Ade, dio degli Inferi, rapisce Persefone, figlia di Demetra. Accortasi del rapimento, Demetra ad Elusi e gli Elusini, vista la sua tristezza, costruiscono un santuario in suo onore. Con l’intervento di Zeus, Demetra può vedere la figli per tre parti dell’anno, nelle quali il terreno si ricopre di vegetazione, ma una parte deve stare con Ade e il terreno diverrà sterile. Ecco perché Demetra è considerata la dea della vegetazione. Inno ad APOLLO: si divide in due parti: l’Inno Delio, quello più antico, nel quale si celebra l’isola in cui Latona diede alla luce Apollo, e l’Inno ad Apollo Pitico nel quale si celebra l’insediamento del culto di Apollo a Delfi, precedentemente appartenuto a Gea. L’inno ad Hermes: Hermes, figlio di Maia e Zeus, ebbe fin da subito una mente astuta infatti, poco tempo dopo la sua nascita costruì una lira con il uscio di una tartaruga e rubò le vacche ad Apollo. Apollo, scoperto il furto, portò Hermes al cospetto di Zeus, il quale decise, divertito, che sarebbero andati insieme a cercare le vacche. Durante il tragitto Hermes regala la sua lira ad Apollo che divenne il suo attributo perenne. L’Inno ad AFRODITE: narra l’amore tra Afrodite e Anchise, dal quale nascerà Enea, e quest’Inno, oltre a raccontare, celebra la dea e i discendenti di Enea.
Gli Inni minori sono: gli Inni a Dioniso, Pan e Ares.
Di Esiodo, a differenza di Omero, siamo certi della sua esistenza. Nelle sue opere come, ad esempio, la Teogonia e le Opere e i giorni, infatti, il poeta parla di se inserendo nome, nascita, fatti di famigli e, anche se è un dettaglio non proprio autobiografico, la sua investitura poetica da parte delle Muse. Questa investiture costituisce un fatto nuovo che diventerà, in seguito, motivo letterario di grande fortuna sia nel mondo greco che in quello romano. Non abbiamo un luogo di nascita definito, si è indecisi, infatti, se sia nato a Cuma, poiché il padre partì da lì per fuggire dalla miseria o ad Ascra in Beozia, luogo dove il padre si stabilì; non è certo però se, quando il padre partì, lui fosse nato o no. Aneddoti autobiografici: lite con il fratello Perse per problemi di eredità, vita da piccolo possidente in Beozia, agone di Calcide.
Di Esiodo leggiamo per intero la Teogonia e le Opere e i giorni. Del corpus esiodeo facevano, però, parte anche il Catalogo, lo Scudo che comincia con un’eoia tra un dio e Alcmena e l’esaltazione di quest’ultima, il poema continua, poi, con la narrazione della battaglia di Eracle, figlio di Alcmena, e Cicno, figlio di Ares con particolare descrizione alla scudo di Eros che occupa gran parte dell’opera; e il catalogo delle donne o Eoie che narra la genealogia relativa ad una donna mortale che si unisce con un dio).
L’epos omerico presentava gli stessi dei di Esiodo, e dava anche notizie sulla loro genealogia. Se però in Omero i predecessori di Zeus erano Oceano e Teti, in Esiodo, sono Gaia e Ouranòs. Questo prova solo che Esiodo seguiva diverse tradizioni genealogiche ma comunque valide e adatte a tutto il mondo greco.
Il lavoro dei campi, unito all’elogio del dovere è un argomento nuovo in quanto governato da un severo concetto di giustizia. La sezione sull’agricoltura è la parte più insolita dell’opera, che offre una serie di norme tecniche. Le spie che indicano la stagione e il momento dell’anno sono costituite da accurate descrizioni di eventi naturali, che sono molto funzionali ad una cultura senza calendari. Molto presenti sono le sentenze che nascono da un patrimonio antico, strettamente legato all’uso dell’esametro. Notevoli sono anche le kennigar, specie di indovinelli con cui si indica un essere non con il suo vero nome ma con un giro di parole che ne evidenzia l’aspetto come, ad esempio, senz’ossa per il polipo e porta-casa per la lumaca. Le Opere si rivolgono alla comunità come tutte le opere della letteratura arcaica. Ci sono molte ipotesi riguardo al pubblico al quale quest’opera era rivolta. Non è da escludere che il poema fosse destinato a esecuzioni in feste oppure poteva essere un’enciclopedia tribale dei villaggi contadini della Beozia.