Commedia Nea (2)

La commedia nea si occupa di politica da una prospettiva diversa, infatti non tratta di problema legati alla guerra, ai partiti o alla corruzione politica, ma alla vita quotidiana colta nei suoi aspetti più semplici (famiglia, lavoro, povertà, ricchezza, amore, vecchiaia, giovinezza, ecc.). Inoltre la commedia perde l’aspetto satirico e la vivacità lessicale (no sermo vulgaris), c’è una predilezione per gli aspetti psicologici dei personaggi, i quali sono connotati come tipi e caratteri (il vecchio, il giovane, lo schiavo, l’innamorato, l’etera, la prostituta, ecc.).
Le fonti di documentazione sono la tradizione diretta (papiri che riportano frammenti), la tradizione indiretta (citazioni in opere varie), la commedia latina (sia Plauto che Terenzio ricorrono alla contaminatio, tanto che Terenzio veniva chiamato “secondo Menandro”).
La commedia intermedia, di cui non abbiamo molto, comportò una riduzione delle parti corali, che in Menandro sono solo un intermezzo musicale (chorou), e una riduzione del testo e dell’agone.
Euripide per la propensione a intrecci complessi e ben congeniato tra loro, l’uso del prologo espositivo e dell’anagnorisis, per la prevalenza del tema amoroso, per la tendenza alla gnome (sentenza), infatti la commedia svolge la funzione didascalica sintetizzata in una frase ad effetto, infatti lo scopo non è più quello di far ridere, ma quello di trasmettere messaggi educativi precisi (commedia statica); infine, per l’aspetto psicologico.
La scena poi cambia: tutto è ambientato in Attica, che sembra una regione ormai ai margini della storia, infatti non ci sono più guerre fratricide o problemi economici o grandi aspirazioni ed ideali; la commedia diventa lo specchio di un microcosmo borghese chiuso in se stesso di perbenismo e gelosie del proprio.
Ci sono tre esponenti principali:
Filemone di Siracusa o di Soli (360-260 a.C.).
Difilo di Sinope (… - 280 a.C.).
Menandro di Atene (342 – 292 a.C.).