Lirica greca
La fioritura della lirica greca segna il definitivo affermarsi di un forte senso di identità collettiva, da cui deriva il bisogno del singolo individuo di riconoscersi nei valori di un gruppo. Per questo motivo l’io del poeta equivale al noi che rispecchia i principi morali condivisi da una cerchia ristretta, ad esempio quella di un circolo aristocratico o dei partecipanti ad un simposio. Proprio quest’ultimo infatti è, come scrivono gli studiosi Aloni e Iannucci, uno spazio sociale di occasione privilegiata per discutere di questioni pubbliche o private attraverso il linguaggio poetico. E così, quando a noi lettori sembra che Archiloco stia parlando della propria doppia natura di poeta e soldato, probabilmente sta descrivendo anche la medesima personalità di altri εταιροι. Quando egli abbandona lo scudo e fugge pur di salvarsi la vita, la posizione antiomerica che sembra caratterizzarlo è in realtà da ricondurre al suo mestiere di mercenario, per cui la vita vale più dell’onore e le armi perdute si possono riacquistare. Allo stesso modo, anche nel dichiarare il proprio ideale di guerriero, Archiloco dimostra una visione contraria alla tradizione epica precedente ma, ancora una volta, ciò deriva dal contesto in cui vive e non si tratta di una dissacrazione di valori gratuita.
I componimenti relativi alla vita di mercenario erano destinati al simposio militare, altri carmi rimandano invece all’etica dell’eteria, ovvero di quella associazione i cui membri erano legati da comunanza di idee, interessi o avversioni comuni verso altri. In un frammento archilocheo di natura etica, emerge l’idea (condivisa dall’eteria del poeta) che chi faccia del male debba essere ripagato a sua volta con mali terribili. In un altro frammento egli invita Pericle, un suo amico, ad essere forte poiché gli dei per le sciagure ineluttabili diedero come φαρμακον, rimedio, la virile sopportazione.
Se Archiloco non è volutamente antiomerico, non si può affermare lo stesso per Ipponatte, che compie nei suoi attacchi giambici un vero e proprio stravolgimento epico. La parodia dell’epos è evidente nella preghiera ad Hermes e nell’invocazione alla Musa, infatti ad entrambi si rivolge con un’eccessiva familiarità con richieste basse ma sviluppate con solennità epica.
Il primo poeta elegiaco è Callino di Efeso, le cui parenesi di guerra trovano il loro luogo di esecuzione nei simposi militari: l’invito alla battaglia rappresenta strumento di educazione dei giovani e mezzo per far durare in eterno la gloria e la grandiosità degli antenati. Egli presenta il soldato come membro di una comunità più ampia ma ancora legato ai canoni aristocratici: è solo con Tirteo che il destinatario dei carmi non è più il guerriero dell’epos ma il combattente della polis. L’etica guerresca di Tirteo, poeta elegiaco spartano si manifesta in modo evidente nell’esortazione a combattere senza paura, evitando la fuga ma arrivando anche a morire per la patria (“è bello che l’uomo valoroso sia morto cadendo tra coloro che combattono in prima fila, combattendo per la sua patria”).
Di diverso segno è invece l’ispirazione elegiaca di Mimnermo, che si dedica al tema della giovinezza, in contrasto con quello della vecchiaia.