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Ipponatte, frammento 36 West, Pluto il cieco

Il poeta (che ancora una volta cita esplicitamente il proprio nome al verso 2) si rammarica che Pluto, il dio della ricchezza, non sia mai venuto a casa sua ad offrirgli trenta mine d’argento e “molte altre cose ancora”; Pluto è dunque “vile”.
In Esiodo Pluto era considerato il dio benefattore degli uomini. Ma Ipponatte contesta aspramente l’idilliaco quadro prospettato dall’antico poeta di Ascra; nella sua concreta esperienza, egli non si è imbattuto mai nel dio benefattore, che per giunta è cieco.

Relativamente al verso 4 ci si è chiesto per cui Pluto sia definito “vile”; ma “la ragione della paura di Pluto sia definito “vile”; ma “la ragione della paura di Pluto Ipponatte non la dice. E forse è vano chiedersela: il suo, in fondo, è un arguto motto di spirito, tanto più succosa in quanto rivolto a una divinità, ma che ha tutta l’aria di essere in sé concluso e sufficiente. Esso lascia scherzosamente intendere che Pluto, per metter piede nella casa di Ipponatte, che con lui avrà certamente dei conti in sospeso, dovrebbe aver un bel coraggio: per questo, vigliacco com’è, preferisce girare al largo”.
Qualche commentatore ha inteso il frammento in senso sociale: la viltà di Pluto consisterebbe nell’arricchire i parvenus, i non nobili; in tal caso, nel brano si dovrebbe cogliere una polemica dei circoli aristocratici contro i plebei arricchiti.

Ipponatte, frammento 128 West, narrami, o Musa

Il frammento, composto da quattro esametri dattilici, costituisce un unicum nella produzione ipponattea, sia per il metro sia per il tono evidentemente parodistico.
Il poeta, come una antico aedo, chiede alla Musa di cantare le gesta di un “eroe” alla rovescia, il figlio di un certo Eurimedonte, caratterizzandoli con due roboanti epiteti, “oceanica Cariddi” e “che ha una spada nel ventre”), che alludono alla sua smodata propensione al bere e al mangiare; è questo soltanto, infatti, il campo in cui egli attua la sua aristeia.
L’invocazione epica iniziale viene ribaltata negli ultimi due versi, giacché scopo del canto della Musa non sarà quello di eternare la fama dell’Eurimedontiade, bensì quello di screditarlo agli occhi di tutti, sicché egli possa fare la fine che merita, “per volontà civica presso la riva del mare infecondo”.
Il personaggio preso di mira da Ipponatte è di difficile identificazione: può trattarsi del solito Bupalo o di un altro appartenente alle classi emergenti, ma potrebbe anche essere un nobile degenere, che degrada il suo patrimonio e il suo ruolo sociale, o addirittura uno dei tiranni del tempo (Atenagora e Coma); in quest’ultimo caso, “senza averne conferma, potremmo essere di fronte ai versi che segnarono la messa al bando del poeta, e la suo fugo a Clazomene, come tramandano le fonti”.

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