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Indice

  1. I miti d successione
  2. La caduta di Urano e il regno di Crono
  3. Il regno di Zeus

I miti d successione

La caduta di Urano e il regno di Crono

Due testi che narrano la successione di Crono e Zeus. Come procede il racconto delle genealogie divine, all’interno di esso trova spazio la volontà di Esiodo di voler rappresentare il mondo divino come una società all’interno della quale si pone il problema di chi detiene l’autorità e di come avvenne la trasmissione del potere stesso. Il mondo divino non rappresenta più un mondo a parte: il problema della successione è anche un problema umano.
Da Urano e Crono: il più audace, abile e capace, e giovane, priva il padre del potere evirandolo. La perdita del potere si configura in primis come la perdita della virilità. Il potere politico e familiare è concepito come prerogativa della figura maschile e trova come proprio emblema quello della virilità stessa. Va sottolineato come già nei miti più antichi, fra i figli, quello che fa l’eroe, è il più giovane.
L’appropriarsi del potere avviene come un atto violento, che si qualifica quasi come un parricidio, anche se non vi è l’omicidio. Tuttavia vi è una giustificazione etica, perché l’azione di Crono è una reazione alla malvagità e alla scelleratezza del padre: Crono nasconde i figli negli anfratti della Terra, soffocandola. Lui gode della sua malvagità, cosa che porta Gaia, carica di sofferenza, a chiedere l’aiuto dei propri figli per escogitare l’inganno. La parte intellettuale dell’inganno è di Gaia, e sempre lei forgia l’arma, un falcetto di adamante.
Dall’evirazione di Crono hanno luogo le successive genealogie. Dalle gocce di sangue del membro evirato, che ingravidano la Terra stessa, vengono a nascere anzitutto le Erinni (divinità importanti per la tragedia di Eschilo, divinità vendicatrici che puniscono i delitti di sangue che avvengono all’interno del nucleo familiare), i Giganti, le Ninfe Melie, e dai genitali che vengono gettati nel mare nasce Afrodite. Esiodo narra in breve il mito di Afrodite, soffermandosi sui luoghi dove la dea viene a fermarsi: il mito diventa eziologico, indicando i nomi con cui viene chiamata. Afrodite ci viene rappresentata come divinità legata all’amore e alla generazione (“sotto i suoi piedi cresce l’erba”, che poi ricomparirà con Lucrezio). Afrodite si lega a eros ed a timeros (desiderio).
Il mito della castrazione del sovrano in carica, atto tramite il quale viene spodestato, si trova anche all’interno del patrimonio mitico dell’area mesopotamica. Le tavolette cuneiformi ci hanno dato un poema del II millennio avanti cristo, che è un mito cosmogonico nella quale viene narrata una successione divina nella quale si alternano quattro divinità, fra le quali troviamo il dio del cielo, Anu, (omologo a Urano), che viene detronizzato da Kumarbi, che diventa il nuovo re degli dei tagliandoli e facendoli ingoiare i genitali. Dato estremamente interessante, su cui gli studiosi si sono interrogati a lungo. Domanda: vi è un rapporto di figliazione del mito greco con l’area mesopotamica? Ciò trova un riscontro storico poiché fra Mesopotamia e Asia Minore vi era un rapporto stretto. Dati così simili si possono spiegare dall’origine eolica della sua famiglia. Invece secondo altri studiosi manca il rapporto di figliazione diretto, poiché potrebbero essere strutture archetipiche che si trovano in tutti i miti.
L’interpretazione psicanalitica di questo mito favorisce l’origine archetipica: essa legge questo mito di successione come la simbolica conquista dell’autonomia del figlio rispetto al padre, che viene a prefigurarsi come castrazione del padre da parte del figlio. Se il mito rappresenta questo, l’atto è rappresentabile da ogni cultura, anche geograficamente distante.

Il regno di Zeus

Crono impediva il venire al mondo dei figli, poiché costringeva Rea a darglielo per ingoiarli. Ella tuttavia previene lo sposo e va a partorire a Creta: Zeus può quindi venire al mondo. Vi è la crescita prodigiosa della divinità, che decide di vendicare la madre. Egli succede al padre, facendogli rivomitare tutti i figli che aveva precedentemente ingoiato. È un atto violento ma giusto, legittimato dall’atto violento del padre.

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