Eschilo - Evoluzione della tragedia
Due sono gli aspetti importanti della figura di Eschilo:• aver partecipato all’impresa di Maratona e di Salamina, nel momento,
cioè, in cui la patria era minacciata dall’armata persiana;
• formazione religiosa.
Della sua vita abbiamo poche notizie; sappiamo che nacque a Eleusi nel 525 a.C. e che fu iniziato ai sacri misteri di Demetra. Presentatosi alla prima gara drammatica a soli 25 anni, nella sua lunga vita (mori nel 455 a.C., a 70 anni) vinse ben 52 premi. Scrisse in tutto circa novanta drammi fra tragedie e drammi satireschi, ma della sua produzione ci sono rimaste solo sette opere: Le supplici, I Persiani, I sette contro Tebe, Promèteo incatenato, Agamennone, Coefore, Eumenidi (Le ultime tre fanno parte della trilogia dell’Orestiade).
Eschilo è considerato il creatore del dramma tragico e due sono le invenzioni tipiche del costume scenico della tragedia greca che gli si attribuiscono: la maschera e il coturro. Egli ha dato alla tragedia il carattere drammatica poiché introducendo il secondo attore, egli ha reso possibile il conflitto.
Le sue riforme sono attuate per gradi.
Le supplici è la più arcaica delle tragedie che ci sono giunte. Gli attori sono due, anche se uno rappresenta in tempi successivi due personaggi. Il Coro continua ad avere un’importanza preponderante, quasi da protagonista. Dal punto di vista estetico e poetico l’opera è ricca di inni e di canti, pieni di suggestioni. Essa faceva parte di una trilogia, ma le altre due tragedie sono andate perse. La composizione, nell’insieme, è scarna e presenta pochi elementi teatrali; i caratteri umani veri e propri sono inesistenti; non troviamo momenti di crisi. Fra l’altro, pare che la tragedia fosse rappresentata senza l’apparato scenico e che i primi attori abbiano recitato rimanendo frammisti nel Coro.
Nel 472, Eschilo rappresenta I Persiani. Anche questa tragedia faceva parte di una trilogia, il cui resto non ci è pervenuto; tuttavia la sua complessità è tale da presentare da sola un grande interesse drammatico. La tecnica della tragedia è più evoluta: il Coro è composto da un gruppo di consiglieri che sono posti in secondo piano; invece, è messa in evidenza l’individualità degli attori, in tutto quattro (ma non appaiono mai più di due insieme): Atossa, la madre di Serse, il Messaggero, l’ombra di Dario, Serse. Il dramma si sviluppa intorno a una catastrofe temuta ed imminente: la sconfitta in guerra. Gli eventi progrediscono affidati ad elementi misteriosi come il sogno penoso fatto da Atossa, un presagio funesto, l’annuncio del messaggero venuto da una terra ignota a narrare la sconfitta dell’esercito persiano in Grecia, l’ombra del vecchio re Dario, invocata dal Coro e proveniente dall’Oltretomba, l’apparizione del re Serse, ormai sconfitto alle cui lamentazioni si unisce il Coro.
Cinque anni dopo I Persiani, Eschilo dà alle scene I sette contro Tebe, che faceva parte di una trilogia con Laio ed Edipo. La tragedia è tutta raccontata e tratta di eventi riferiti via via che essi accadono. L’evoluzione tecnica è notevole; il numero dei personaggi passa a cinque, frequenti sono le attese e i colpi di scena. Il personaggio che è al centro della tragedia, Eteocle, è un eroe-re e quindi acquista un carattere ben definito. Pertanto, è la prima volta che nella storia della tragedia troviamo un protagonista individuale.
Con l’Orestiade, si ha un’evoluzione più completa. Gli effetti teatrali sono più vari e vivaci, gli scontri drammatici sono frequenti e si ritrova un’alternanza fra parti raccontate e parti con azioni in presenza. La causa di una simile evoluzione è dovuta alla rivalità con Sofocle. Nelle gare drammatiche si era presentato un giovane rivale (Sofocle) il quale aveva introdotto nella tragedia dei procedimenti nuovi come la presenza del terzo attore, delle complicazioni e degli sviluppi drammatici più vari, dispute fra personaggi mai ingessati in un “tipo”, ma descritti nel loro vero carattere. Eschilo, per far fronte a Sofocle, si decise a rinnovare la sua tecnica teatrale, accettando il terzo attore, dipingendo i caratteri umani, rappresentando contrasti all’interno del dialogo e inserendo nella tragedia un principio di intrigo.
Studiando la trama si nota come nell’Orestiade si hanno tutti i motivi che caratterizzeranno la grande tragedia come l’ineluttabilità delle leggi del Fato, l’ereditarietà delle conseguenze del delitto, il contrasto fra la natura e l’ordine superiore, le vicende umane sottoposte ad una legge di giustizia. I personaggi sono in possesso di una grande personalità e sono tutti agitati da passioni furiose. Alcuni temi preannunciano Shakespeare: il compito contro natura imposto ad Oreste ricorda Amleto, l’incubo notturno di Clitennestra ci fa pensare al Macbeth. Alla fine, dopo lo sconvolgimento totale, una volta che la divinità si è calmata, i personaggi ritrovano l’equilibrio e la pace.
Infine, abbiamo Promèteo incatenato. La figura del protagonista non è descritta con l’immobilità tipica dei primi drammi, in cui l’eroe è sempre uguale a se stesso, con un carattere compatto e che non conosce mai un momento di crisi interiore. Prometeo è un eroe ribelle. Ma l’aspetto più innovativo è l’irreligiosità del contenuto e per religione si intende la completa e ossequiosa dipendenza alla mitologia tradizionale. Infatti, in questa tragedia, Eschilo non si limita ad affermare una morale superiore agli dèi; egli va oltre perché rappresenta Zeus come un tiranno crudele ed esalta invece colui che ha osato ribellarsi al volere del padre degli dèi. Questo spiega perché poeti moderni come Victor Hugo, Shelley o Carducci hanno visto in Promèteo l’eroe che libera l’umanità dall’assolutismo. Per questa mancanza di religiosità, Eschilo fu accusato di essere un empio.