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Emulazione e giustizia

Con Esiodo la poesia coglie e descrive i primi segni di crisi nella società arcaica e i conflitti di interesse e di valore fra l’aristocrazia e i celi urbani emergenti. Egli raffigura come “esemplare” un tipo nuovo di comportamento, che testimonia l’avvento di nuovi valori. Con lui diventano infatti valori portanti innanzitutto il lavoro e l’emulazione, cioè la capacità di competere pacificamente attraverso l’operosità, raggiungendo in tal modo il benessere e la considerazione sociale; in secondo luogo la giustizia, cioè la capacità di porre un freno alla prepotenza dei signori, la speranza che gli atti di prevaricazione e l’orgoglio di dominazione dell’aristocrazia possano essere oggetto di una punizione umana o divina.


L’areté esprime così le nuove esigenze dei piccoli e medi proprietari terrieri, che sono continuamente minacciati dalle prevaricazioni dei potenti, dall’usura e dalla schiavitù per debiti. I vizi capitali sono l’ozio e l’ingiustizia:
proprio quelli che Esiodo denuncia nei nobili prevaricatori. Nell’ordine umano, invece, l’areté si consegue col duro lavoro, perché solo questo può garantire il benessere. Quindi non la guerra ma l’emulazione nel lavoro costituisce il vero agire morale. Il pane ottenuto col sudore della propria fronte è una benedizione, non una maledizione.

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