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Callimaco di Cirene fu un poeta e filologo nato nel 310 circa e morto nel 240 a. C. Callimaco - Vita, opere e concezione della poetica callimachea articolo

Indice

  1. Callimaco e la poetica alessandrina
  2. Vita e opere di Callimaco
  3. Gli Aitia
  4. Prologo dei Telchini
  5. I Giambi
  6. Ecale
  7. Gli inni

Callimaco e la poetica alessandrina

Callimaco fonda una nuova poetica che viene chiamata con il nome di concezione callimachea o alessandrina, la quale troverà grande utilizzo soprattutto nel mondo latino. Con questo poeta nascono i primi manifesti poetici.

Nei prologhi e nei proemi delle sue opere, infatti, egli fa dichiarazioni di poetica e difende la propria concezione di fare poesia scagliandosi contro coloro i quali si ispirano al passato. Callimaco, prima di essere un letterato, è anche uno studioso di letteratura, infatti conosce bene i vari generi letterari ma nella sua produzione non si limita esclusivamente ad imitarli, in quanto li innova e li trasforma in qualcosa di nuovo.
canoni della poesia alessandrina sono:

  • Arte selettiva: perché le opere di Callimaco erano destinati a pochi, infatti si fa continuamente riferimento al modello preso in considerazione e, inoltre, perché il verso viene sottoposto ad un processo di rifinitura dunque è una poesia pensata;
  • Poesia disimpegnata: non ci sono contenuti politici, morali, civili, ma ci si basa soprattutto sulla cura della forma. Vi era, in genere, l’elemento encomiastico nei confronti dei sovrani;
  • Λεπτότης: il poeta va alla ricerca della levigatezza, di una poesia raffinata ma allo stesso tempo dai contenuti frivoli, mettendo da parte le opere ritenute troppo pesanti, infatti questa è la ragione fondamentale per cui egli si oppone al poema epico.

Callimaco viene considerato un cultore della forma poiché essa viene curata più del contenuto, infatti parliamo di “arte per arte” e di metaletteratura. Per metaletteratura si intende prendere come modello di riferimento un poeta studiato col fine che chi legge debba essere in grado di cogliere la ripresa fatta da Callimaco e allo stesso tempo si deve mettere alla prova per capire come il poeta sia intervenuto sul verso originale. La conseguenza di tutto questo è che Callimaco appare come un poeta freddo, infatti si parla di λεπτότης: questa nuova concezione poetica callimachea si trasferisce a Roma e viene adottata dai poeti latini, a cominciare da Catullo e dai neoteroi sino ad arrivare a Properzio, il quale si definisce il Callimaco romano. Seppur l’arte del poeta sia perfetta dal punto di vista formale, essa è comunque incapace di trasmettere sentimenti; a stravolgere questa caratteristica saranno i poeti latini, i quali con il fare propria la poetica callimachea, sono in grado anche di trasmettere dei sentimenti e di comunicare pathos e tutto ciò lo si evince mediante la poesia eziologica, in particolare quando si parla del tema amoroso soprattutto nelle elegie di Properzio e Tibullo.

Vita e opere di Callimaco

Callimaco era originario di Cirene, una colonia greca nell’attuale Libia fondata da Dori. Il fondatore di questa città portava il nome di Batto, il quale era un ecista poiché aveva guidato la spedizione dei Dori che erano alla ricerca di una nuova terra. Callimaco discendeva da questa nobile famiglia, infatti il padre stesso si chiamava Batto. Ad un certo punto della sua vita si trasferisce ad Alessandria e quando giunge qui è costretto a fare il mestiere del maestro di scuole e, successivamente, per meriti fu chiamato da Tolomeo II e fu accolto nel museo, divenendo un letterato di corte che si legò particolarmente alla moglie di Tolomeo III di nome Berenice, poiché era figlia del sovrano di Cirene, la sua terra natia. Berenice è una figura femminile a cui Callimaco dedica gran parte delle sue opere. In seguito egli diviene un letterato di corte, infatti scrive anche per encomiare i sovrani ed ebbe anche un incarico nella biblioteca; è in questo periodo che scrisse i Pinakes, un catalogo bio-bibliografico poiché dava informazioni sulla vita e sulle opere degli autori. Si trattava di un’opera di grande erudizione ma nonostante ciò non fu mai capo bibliotecario in quanto negli elenchi il nome di Callimaco non compare mai. Nel museo, dove i letterati vivevano insieme, sorgevano grandi rivalità tra poeti stessi, non soltanto da un punto di vista poetico, ma anche nei confronti del sovrano. Si possiedono alcune notizie su queste rivalità e una di esse riguarda un rapporto difficile tra Callimaco e Apollonio Rodio, il quale ad un certo punto si allontanerà dalla corte a causa di queste cose, e Callimaco si scaglierà con parole dure nei confronti di coloro i quali mettevano in discussione la sua poetica.
La notorietà di Callimaco ha contribuito al mantenimento delle sue opere, in particolare degli Aitia, conservatasi mediante papiri e frammenti. Callimaco, inoltre, è stato il primo poeta greco che ha curato in prima persona l’edizione della sua opera, sistemando tutti i suoi scritti all’interno di un unico libro.
Ciò serve, dunque, a sottolineare maggiormente l’importanza del libro in epoca ellenistica. Oltre ai frammenti, si possiedono due raccolte giunteci per interi: gli inni e gli epigrammi. Essi non erano inseriti all’interno dell’opera complessiva di Callimaco, la quale andò persa e di cui possiedono solo citazioni da altri autori; queste due opere si sono conservate per intero poiché furono estrapolate e inserite in altre raccolte. Si possiedono dei manoscritti medioevali che contengono i sei inni di Callimaco più gli inni di Omero, probabilmente perché un erudito aveva deciso di creare un’antologia sul genere letterario degli inni. Per quanto riguarda gli epigrammi essi sono stati tramandati in una raccolta dal nome “antologia palatina” che comprendeva un grandissimo numero di epigrammi, di cui 63 riportano il nome dell’autore stesso.
I Pinakes, la cui etimologia può assumere diverse sfumature di significato come quadro, mappa geografica e in questo caso allude al termine tavolette, poiché la prima stesura dell’opera avveniva su queste tavolette cerate. Quando l’opera veniva conclusa, gli appunti stilati su questi pezzi di legno venivano trascritti sui papiri, i quali erano molto costosi. I Pinakes sono composti da 120 libri, i quali sono suddivisi secondo i generi trattati e il merito delle tante notizie che ricaviamo mediante autori successivi sulle opere antiche è attribuibile a Callimaco. Egli, infatti, prima di essere un poeta era un filologo. Gli autori nei Pinakes sono classificati in base al genere letterario: prima di procedere a questa classificazione, l’autore si era specializzato nel riconoscere le diverse tipologie di produzione letteraria. Callimaco, dunque, può essere considerato un poligrafo; grazie a lui, molti generi che erano in disuso tornando in auge in maniera rivisitata.

Gli Aitia

Sono considerati il capolavoro di Callimaco e, in un epigramma di Marziale, il poeta consiglia ad un suo avversario appassionato di poesia mitologica di leggere quest’opera. Gli Aitia appartengono all’elegia, che era un genere arcaico scritto in distici elegiaci di argomento vario. Callimaco lega questo genere letterario alla mitologia, in particolare all’eziologia. L’opera si presenta come una serie di componimenti ognuno dei quali sviluppa una causa, narrando dei miti legato ad essa. Si tratta di un’elegia erudita, poiché dietro quest’indagine eziologica vi è una ricerca: spesso il mito che l’autore racconta è poco noto e ciò serve per dare sfoggio d’erudizione. D’altro lato Callimaco si vanta di non aver mai inventato nulla poiché tutto ciò che scrive è già stato trattato e studiato nel passato, però non è possibile conoscere tutte le fonti a cui il poeta si è ispirato poiché si tratta di narrazioni che noi non possediamo. L’opera si presenta come una serie di racconti isolati l’uno dall’altro anche se vi è una specie di cornice narrativa che li tiene tutti insieme e viene spiegata nel proemio, in cui egli immagina in un sogno di essere stato trasportato dalle Muse da Cirene al monte Elicona e il poeta interroga costoro sull’eziologia di alcuni miti, usanze e cerimonie e le muse raccontano il mito che vi è alla base. Questa cornice è poco sostanziale poiché, a differenza di Ovidio, il quale era abile nel passare da un mito all’altro e nell’incastrare queste vicende, qui questo elemento viene meno. In realtà vi sono due versioni dell’opera: questo proemio era contenuto nella prima edizione di dell’opera che aveva solo due libri e risale alla giovinezza del poeta; quando arriva in età avanzata, decide di dar vita ad una seconda edizione dell’opera aggiungendo un 3 e un 4 libro. È una delle opere a cui il poeta dedica moltissima cura. In questa seconda edizione vi è qualche modifica: nei libri 3-4 scompare la cornice delle Muse e Berenice diviene la figura centrale infatti l’ultima elegia era quella della Chioma di Berenice, che possediamo sia in versione greca sia in versione latina riportata da Catullo nel carme 66. Per conoscere gli episodi narrati in quest’opera, possediamo per intero le Diegheisis, ossia una sorta di riassunto in prosa degli Aita elaborato da un ignoto con il fine di creare un indice dell’opera, riportando titoli e contenuti delle singole elegie.
Vi è una modifica più importante: il “secondo prologo” in ordine di composizione nella versione definitiva degli Aitia viene collocato in apertura ed è quindi anticipato rispetto a quello delle Muse. Questo prologo, considerato secondo dal punto di vista cronologico, è chiamato prologo contro i Telchini, i quali nell’immaginario collettivo erano dei folletti del malocchio, anche se dietro questa figura si nascondono i contestatori e i rivali di Callimaco all’interno del Museo.
Si tratta di un attacco molto violento contro i Telchini, accusati di essere antiquati e di non essere in grado di apprezzare le novità della poesia di Callimaco. Vi sono alcune opere in cui alcuni trattano i nomi di questi personaggi ma si tratta di dati poco certi. Dunque questo prologo programmatico serve a difendere la sua scelta poetica e ad attaccare questi intellettuali.

Prologo dei Telchini

Nell’edizione doveva essere il primo testo che si incontrava e serviva come introduzione per spiegare i nuovi canoni della poetica di cui egli stesso si era fatto promotore.
• All’interno del terzo verso si definisce poeta di pochi versi; pur essendo uno studioso di Omero, si rifiuta di seguire il poema epico ciclico, ossia quel poema epico che trattava il racconto di più vicende riguardanti lo stesso eroe. Polemizza contro Antimaco di Colofone, il quale aveva scritto un’opera che abbracciava tutte le vicende mitiche legate alla storia di Tebe. Quando Callimaco si dedica all’epica decide di trattare in pochi versi un’unica vicenda sulla figura di Teseo e non un intero ciclo riguardante questo personaggio.
• Per Callimaco occorre valutare la poesia in base alla tecnica e non servendosi dello scheno persiano (un’unità di misura).
• La filosofia viene definitiva Sofia, ossia come abilità dello scrivere versi; occorre scrivere poco ma bene.
• Ricerca della λεπτότης, ossia della raffinatezza e della sottigliezza;
• Viene fatta una rivendicazione di originalità, infatti se il poeta vuole essere apprezzato deve anche essere originale.
Callimaco fa altre dichiarazioni di poetica anche all’interno dei suoi frammenti. Nel prologo esplica che egli non inventa effettivamente nulla di nuovo, poiché in quanto erudito è abile nell’estrapolare elementi letterari dalle opere, anche poco note, che ha letto nelle versioni di alcuni miti di nicchia. L’ultimo frammento si collega con l’affermazione “mega biblion mega kakon” (grande libro grande male), in cui il poeta afferma che, pur dedicandosi all’epica, uno scrittore deve mirare innanzitutto a circoscrivere la vicenda trattata. Egli, infatti, tratta i miti di scorcio, non focalizzandosi sull’evento principale ma sul contesto generale.

Tra gli episodi più famosi degli Aitia vi è la chioma di Berenice che ha un fine encomiastico. Berenice è l’ultima figura che si incontra alla fine del quarto libro e in quest’episodio viene narrata la vicenda di un catasterismo, ossia di una ciocca di capelli che la donna aveva portato nel tempio di Arsinoe e Afrodite come voto per chiedere alla dea di proteggere suo marito Tolomeo, il quale era in Siria per una campagna militare. Questo encomio ha un tono cortigiano.
Un altro episodio fondamentale è la storia di amore di Aconzio e Cidippe. Aconzio si innamora di questa donna e le offre una mela con una formula di giuramento nuziale ma ella è destinata ad altri pretendenti e la donna, ogni volta in cui è in procinto di sposarsi, si ammala e le nozze vengono sospese. Il padre della fanciulla interroga l’oracolo e, dopo aver scoperto l’azione di Aconzio, concede la mano della figlia al giovane. Quest’elegia non ha un fine eziologico e la presenza del tema amoroso è stata interpretata come un’anticipazione dell’elegia erotica romana, in quanto i poeti latini rivedevano il proprio dramma amoroso nel mito. In realtà vi è una sostanziale sofferenza: la concezione poetica di Callimaco mira alla λεπτότης e mancano i sentimenti e le forti passioni, infatti la storia d’amore viene raccontata con un tono lieve e scherzoso. Ciò significa che i poeti romani che si sono ispirati a Callimaco, oltre ad aver ripreso la caratteristica della poesia eziologica, hanno dato un’anima a queste storie narrate in maniera molto frivola e leggera.

I Giambi

Si tratta di un’opera mal conservata composta da un solo libro comprendente 13 giambi. Nel primo giambo vi è Ipponatte che racconta una storia allegorica i cui sono protagonisti i 7 sapienti.
Il giambo è un genere letterario antichissimo che vedeva come rappresentati maggiori Archiloco e Ipponatte. Il giambo si basava sull’invettiva e sull’attacco politico ed era uno dei generi che veniva coltivato all’interno del simposio e in quell’occasione si usava pronunciare ed improvvisare questi versi contro i propri avversari politici. Callimaco, riprendendo il genere letterario, non può riprendere l’invettiva del giambo antico infatti lo carica di un altro significato.
Le caratteristiche del giambo callimacheo sono:
• Rimane l’attacco personale che riguarda esclusivamente la polemica letteraria contro i suoi detrattori; la polemica si svolge attraverso storielle, apologhi, metafore, allegorie;
• Varietà (poikilia), in quanto è un’opera sperimentale in cui il giambo viene utilizzato e adeguato ad una varietà di contenuti e di metri;
Callimaco viene imitato da Orazio negli Epodi, in cui utilizza la poesia giambica per dare sfogo alla sua insoddisfazione anche se il poeta afferma che il suo modello è Archiloco da cui, però, non ha preso l’astio e l’odio ma solo la forma, infatti il vero modello a cui si ispira è quello della poetica callimachea.
Al termine degli Aitia il poeta introduce la produzione dei giambi: c’è un distico in cui Callimaco afferma che abbandonerà il genere dell’elegia per dedicarsi alla musa pedestris, ossia di dedicarsi ad una poesia più umile, che tratta di argomenti più bassi.

Callimaco - Vita, opere e concezione della poetica callimachea articolo

Ecale

E un epillio; questo genere prende il via in età ellenistica e significa “piccolo epos”: Callimaco riprende il genere epico però lo trasforma e lo innova cominciando dalla lunghezza, infatti si tratta di un’opera molto corta, incentrata non su in intera vicenda ma su un singolo episodio. In questo caso l’episodio è quello della caccia di Teseo al toro che infesta Maratona. Il mito viene narrato di scorcio: il vero protagonista dell’opera non è Teseo ma Ecale, un’anziana signora che ospita il giovane che è stato sorpreso dalla pioggia. La donna intrattiene il giovane parlando della sua vita e dei suoi lutti. Dietro questa scelta di incentrare il mito sulla figura di Ecale vi è una ragione eziologica: Teseo, dopo aver sconfitto il toro, quando fa ritorno scopre che ella è morta e le dedica un demo di Atene.
Vi sono delle differenze rispetto al poema epico omerico:

  • Viene data molta più attenzione all’ambito privato rispetto all’epica omerica.
  • Il tono spesso è ironico e leggero.

Gli inni

Gli inni sono 6 e sono l’unica opera di Callimaco conservatasi insieme agli epigrammi. L’inno è un genere religioso e liturgico, si tratta di una vera e propria preghiera di invocazione agli dèi che veniva cantata dal rapsodo, il quale prima di cominciare il suo canto epico invocava la divinità per far sì che scendesse sulla terra. Si possiedono circa 33 inni attribuiti ad Omero e Callimaco fa rinascere il genere letterario dell’inno cletico e lo trasforma profondamente. Quest’opera si conserva integralmente poiché un erudito ha raccolto tutti gli inni prodotti dai poeti greci inserendoli all’interno dello stesso manoscritto. L’inno clettico aveva una struttura ben precisa e veniva recitata in determinati contesti:

  1. Invocazione ad una divinità molto simile ad una preghiera, infatti i nostri inni cristiani si erano ispirati a queste preghiere pagane. Iniziavano con un’invocazione per nome alla divinità;
  2. Elenco delle benemerenze e dei luoghi di culto;
  3. Racconto del mito legato alla divinità presa in oggetto;
  4. Epifania: la divinità dopo essere stata invocata, discende sulla terra e garantisce con la sua presenza l’assistenza agli oranti.

In Callimaco:

  • L’inno perde la sua valenza religiosa per diventare un genere letterario;
  • L’inno è fine a raccontare un mito, il quale viene raccontato con delle caratteristiche ben precis;
  • La divinità viene umanizzata, ossia essa viene vista nella sua quotidianità o in età di fanciullezza;
  • L' inno è di carattere mimetico, ossia sono inni che simulano di essere legati ad una circostanza religiosa reale. Si descrivono delle cerimonie, delle processioni da cui nasce l’invocazione della divinità mediante l’inno.

Anche negli inni Callimaco introduce degli elementi nuovi in quanto sono occasione per introdurre nuovi argomenti, per diversificare la poesia.
I sei inni sono in esametri tranne il quinto che è in distici elegiaci, e poi è presente una varietà dal punto di vista linguistico poiché gli ultimi due inni sono in dorico, perciò si parla di poikilìa.
Vi sono altri argomenti come l’encomio del sovrano, il motivo eziologico o la polemica letteraria.

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