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pino mercuriPensa che la certezza non sia un valore, ma quando parla del suo lavoro sembra che dubbi ne abbia pochi, sarà forse perché Pino Mercuri - milanese di adozione, origini romane di fede calcistica laziale con tre figli e un’intensa passione per i viaggi (oltre 40 paesi visitati!) – naviga da 25 anni in lungo e in largo le risorse umane delle aziende, e conosce a fondo il mestiere.
Per capirne di più, tra dubbio e certezza, gli abbiamo chiesto di farsi intervistare da Skuola.net per offrire agli studenti i suoi consigli e per comprendere meglio il mondo del lavoro.

“In realtà di certezze ne avevo poche sia quando ho dovuto fare la scelta dell’università sia dopo nel momento in cui ho iniziato a lavorare” – racconta Pino. “Mi sono iscritto a giurisprudenza (dopo il liceo scientifico) per esclusione: la matematica non era il mio forte, avevo invece un’ottima memoria, così ho terminato gli studi in Legge a Tor Vergata e ho provato a diventare avvocato ma in meno di due mesi ho capito che quella non era la mia strada e ho lasciato il praticantato”.

  • E poi hai trovato la tua strada?
  • “Ho cercato di ripartire andando a ricercare le cose che mi avevano più appassionato negli studi, mi sono ricordato del diritto del lavoro, una materia che mi aveva divertito. Così ho intercettato un’offerta di lavoro di Confcommercio che cercava degli assistenti nel settore delle risorse umane. E in effetti sì, da quel momento sono entrato nel mondo che non ho più abbandonato”.

  • Hai potuto imparare un mestiere partendo dalle basi...
  • “Si, questa è stata la mia fortuna! In Confcommercio facevamo consulenza alle imprese e in pochi anni ho avuto modo di confrontarmi con tantissime aziende diverse, e tutte con particolari e differenti aspetti da gestire, problematiche che richiedevano studio e analisi. Ho iniziato con un contratto precario (si chiamava PIP, oggi neanche esiste più), ma non era quello che contava in quel momento: ero contento per l’opportunità che avevo di imparare e non solo. In quel periodo ho potuto apprendere oltre che consolidare competenze importanti, ho gettato le basi per affrontare le sfide future”.

  • Hai cambiato spesso lavoro?
  • “Non ho mai visto il cambiamento come un problema. Ho cambiato città, Paese, colleghi. Sono stato in Unilever, una grande scuola di management, in Vodafone, dove ho gestito tantissimi ruoli anche all’estero, in Microsoft dove ho affrontato responsabilità di rilievo el in Agos, realtà complessa e professionalmente stimolante. Fino ad arrivare all’esperienza attuale in Intrum dove ho ampliato la mia sfera di azione ad aree diverse: l’organizzazione e il change management, la safety e il facility management. Posso dire di aver sempre visto ogni cambiamento come un’opportunità, senza farmi spaventare dai rischi che inevitabilmente ogni nuova scelta comporta”.

  • Nell’immaginario collettivo Microsoft è tra i brand più affascinanti. Come hai vissuto quella esperienza?
  • “Un viaggio intenso e ricco sia umanamente che professionalmente, con molti episodi da raccontare. Emblematico un aneddoto divertente: un giorno, in cui mia figlia che all’epoca aveva 5 o 6 anni, viene in ufficio con me, io non avevo scuse per oppormi visto che nessuno poteva prendersene cura e lei insisteva per vedere dove lavorassi, e all’epoca Microsoft si era da poco trasferita nei nuovi avveniristici uffici: i touch screen, l’illuminazione dinamica, le aree break con gli snack e le bevande gratis… lei rimase talmente affascinata che prima di uscire mi disse: ‘Papà, ma per venire qua, ti pagano pure?’”

  • Tua figlia è stata anche la co-autrice di un tuo libro se non sbaglio?
  • “In un certo senso sì! Ma non soltanto lei, tutti e tre i miei figli hanno contribuito in realtà.
    In passato ho avuto un docente di italiano che mi costringeva a fare dei riassunti al termine di ogni lezione, e così mi sono portato dietro la “manìa” di appuntarmi ogni cosa, e tra le tante cose ho iniziato a scrivere tutte le domande che nel tempo i miei figli mi facevano sul mio lavoro. Domande semplici, a volte ingenue nate con la spontaneità dei bambini. Mi sono accorto dopo un po’ di avere raccolto tantissimi spunti, e così ho trasformato gli appunti su carta, in un file word e alla fine il file word, in un libro. E’ nato così 'Il futuro del lavoro spiegato a mia figlia' (ndr - editore Licosia, disponibile sui vari store online) e sono diventato scrittore”
    .

  • Per spiegare il lavoro agli studenti, invece, quali parole useresti?
  • “La prima parola è cambiamento: dobbiamo innamorarci della trasformazione, accettarla come elemento inevitabile delle nostre vite. Chi saprà farlo, farà meno fatica a integrarsi ed emergere anche nel lavoro.
    La seconda parola è relazione: il digitale facilita i contatti, ma allontana le persone. Dobbiamo imparare a mettere la digitalizzazione al servizio delle persone per poter dare valore alle relazioni umane.
    La terza parola è velocità: le competenze si consumano ormai in poco tempo, dobbiamo essere rapidi ad adattarci, non smettendo mai di studiare e imparare”.

  • E per chi vuole lavorare nelle Risorse Umane, hai qualche trucco del mestiere da svelare?
  • “Anche in questo caso mi piace ricorrere ad un aneddoto: in Unilever, un decano delle Risorse Umane (una persona con la quale ho lavorato nello stabilimento di Verona) mi disse: 'Pino, per fare Risorse Umane servono occhio, memoria e buon senso. Occhio, perché certe cose si possono comprendere soltanto vedendole (lui in realtà controllava le pause in più che facevano gli operai ☺), memoria, perché se ricordi le cose le hai subito a disposizione e non devi perdere tempo nel cercarle e buon senso, perché avere a che fare con le persone è molto delicato, le tue decisioni cambiano le vite degli altri'”.

  • Per concludere, daresti qualche consiglio a chi sta cercando lavoro e deve prepararsi per un colloquio?
  • “Essere umili e disponibili a imparare. Credo che oggi siano più efficaci le persone che hanno dubbi di quelle che hanno certezze. Perché se le competenze non sono immutabili, meglio sapere di doversi mettere in discussione, piuttosto che pensare di aver già capito tutto”.

    Gregorio Moretti
    Sono nato nel 1980, laureato in Teorie della Comunicazione, da oltre 20 anni mi occupo di persone nelle aziende