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diversityApparentemente la parola è innocua, suona anche bene. Facile da tradurre: diversità. Non sembra nascondere insidie. Poi inizi a pensare: ma perché ne parliamo in ambito lavorativo? Che cosa vuol dire “diversità” sul lavoro? E qui il tema inizia ad assumere tutt’altra complessità.
A farsi difficile, serio, delicato.

Con questo termine le aziende indicano l’insieme delle azioni messe in campo per garantire a tutti parità di condizioni, diritti e trattamento all’interno dei luoghi di lavoro a prescindere dal genere, dagli orientamenti sessuali, dalla religione, dall’etnia o dalle capacità fisiche e cognitive. Potrai pensare: ma le aziende hanno bisogno di fare delle azioni specifiche per tutelare i diritti di tutti? Non dovrebbe essere naturalmente così? Vediamo come esempio la situazione delle donne nel mercato del lavoro in Italie e facciamoci un’idea.

La situazione italiana

Secondo il Global Gender Gap Report pubblicato dal Word Economic Forum nel 2022 (la scheda dell’Italia è a pagina 205) siamo al 63° posto al mondo nella classifica della diversità di genere (su 146 paesi…) con la 110ma posizione sull’indicatore che misura le opportunità offerte sul mercato del lavoro. Le donne occupate sono 4 milioni meno degli uomini e nei Consigli di Amministrazione delle aziende occupano il 38% dei posti. Se consideriamo che a livello demografico in Italia il genere femminile supera quello maschile, ci rendiamo presto conto che no, la situazione non è normale. Ci sono dei motivi per i quali, all’interno del mondo del lavoro, le donne faticano ancora ad avere pari opportunità.

E quale sarebbe la causa? E cosa possono fare le aziende per creare condizioni più eque? Domande da un milione di dollari, per le quali non basterebbero libri, tesi, saggi a dare una risposta. Potrei iniziare ad elencarti tutto quello che le aziende fanno (o dovrebbero fare) per promuovere una corretta gestione della diversità, ma preferisco concentrarmi su quello che considero l’aspetto chiave: la cultura.

La cultura dell'inclusione

Strumenti come le quote rosa (fissare numeri minimi di assunzioni, promozioni, interventi economici da riservare alle donne), possono aiutare a rimuovere i principali ostacoli, ma non consentono di cambiare alla radice le cose. Per farlo occorre lavorare sulla mente di chi vive le aziende, agendo sulla sfera dei comportamenti e dei valori. Inclusione, equità, rispetto, ascolto, sono tutti aspetti che devono entrare nei modelli manageriali e che devono essere al centro dei programmi formativi di tutte le persone di un’azienda, fin dal loro ingresso. Lavorare sulla cultura è questa la chiave. E dobbiamo farlo nelle aziende, così come nelle scuole e nelle società in generale. E soprattutto ciascuno può fare la differenza per cui se pensi alla parola Diversità pensa anche che il primo che può renderla positiva, trasformandola in Inclusione, sarai proprio tu.

Se hai una parola che ti interessa approfondire scrivimi a redazione@skuola.net

Gregorio Moretti
Sono nato nel 1980, laureato in Teorie della Comunicazione, da oltre 20 anni mi occupo di persone nelle aziende