Concetti Chiave
- "Alea iacta est" significa letteralmente "il dado è stato lanciato" e si usa per indicare un'azione irreversibile.
- Il proverbio è legato a Giulio Cesare che lo pronunciò attraversando il Rubicone nel 49 a.C., evento che segnò l'inizio della guerra civile romana.
- L'origine del detto è greca, tradotto da un proverbio di Menandro, e citato da Plutarco nel contesto dell'impresa di Cesare.
- La frase latina differisce nel significato originale, in quanto l'imperativo greco viene spesso interpretato come un'azione già completata.
- "Alea iacta est" è diffuso in Europa e tradotto in numerose lingue, simboleggiando decisioni irrevocabili.

Alea iacta est: significato letterale
Innanzi tutto, analizziamo il significato letterale del provebio “Alea iacta est”. “Alea” è il nominativo singolare del sosantivo femminile della prima declinazione “alea aleae” che ti traduce in italiano “gioco dei dadi” o anche, genericamente, “gioco d’azzardo”. Nella nostra sententia il lessema va però inteso, per metonimia, con il significato concreto di “dado”. “Iacta est” è il perfetto indicativo passivo alla terza persona singolare del verbo “iacio, iacis, ieci, iactum iacere” un verbo in -ĭo che significa “lanciare”. Sappiamo che il perfetto latino può essere tradotto in italiano con il passato remoto, il passato prossimo e il trapassato remoto. Quest’ultimo è da escludersi poiché nell’italiano contemporaneo è utilizzato esclusivamente nelle subordinate. Tra il passato remoto e il passato prossimo la scelta deve ricadere sul secondo poiché la frase si riferisce a un evento immediatamente precedente a quello in cui viene pronunciata. La traduzione letterale della sententia sarà dunque “Il dado è stato lanciato”, mentre può essere resa più liberamente come “il dado è tratto”.
Alea iacta est: attestazione in Svetonio
La frase “Alea iacta est” è di origine classica e si trova attestata nella vita di Cesare(32) di Svetonio, vissuto tra la seconda metà del primo secolo d.C. e la prima metà del secondo secolo d.C.: è il dieci gennaio dell’anno 49 a.C. e Cesare è giunto con il suo esercito al Rubicone, fiume dell’odierna Romagna, che segnava i confini dell’Italia e che nessun magistrato poteva attraversare a capo di un esercito senza l’autorizzaione del senato. Cesare contravvenne a tali norme e decise di varcare il corso d’acqua e iniziare la sua discesa verso Roma. Questo episodio fu considerato l’inizio ufficiale della guerra civile tra Cesare e Pompeo. Si riportano di seguito il testo latino di Svetonio (seconda metà del primo secolo a.C. e la relativa traduzione:[…] (31) Consecutusque cohortis ad Rubiconem flumen, qui provinciae eius finis erat, paulum constitit, ac reputans quantum moliretur, conversus ad proximos: “Etiam nunc,” inquit, “regredi possumus; quod si ponticulum transierimus, omnia armis agenda erunt”. (32) Cunctanti ostentum tale factum est. Quidam eximia magnitudine et forma in proximo sedens repente apparuit harundine canens; ad quem audiendum cum praeter pastores plurimi etiam ex stationibus milites concurrissent interque eos et aeneatores, rapta ab uno tuba prosiluit ad flumen et ingenti spiritu classicum exorsus pertendit ad alteram ripam. Tunc Caesar: “Eatur,” inquit, “quo deorum ostenta et inimicorum iniquitas vocat. Iacta alea est”, inquit.
Dopo aver raggiunto le coorti sul fiume Rubicone, che costituiva il confine della sua provincia, si fermò un poco, e riflettendo sull’importanza di quella decisione, rivolto achi si trovava vicino disse: “Ora possiamo ancora tornare indieto; perché se attraverseremo questo ponticello, tutto dovrà essere condotto con le armi”. Mentre indugiava si verificò il seguente episodio. Un tale di statura e bellezza straordinarie, sedendosi lì vicino, apparve suonando la zampogna; poiché erano accorsi a sentirlo oltre a moltissimi pastori anche i soldati dai posti di guardia e tra loro anche dei trombettieri, prese la tromba a uno di loro, si slanciò verso il fiume e suonando il segnale di battaglia con smisurata forza passò all’altra riva. Allora Cesare disse: “Si vada dove chiamano i prodigi degli dèi e l’ingiustizia dei nemici. Il dado è stato gettato”.
Origine greca del proverbio
La frase “alea iacta est” è la traduzione del proverbio greco ἀνερρίφθω κύβος (sia gettato il dado) attestata in Menandro, in Meleagro, in Elio Aristide e in Isidoro di Pelusio. Plutarco (Cheronea 50 d. C. - Cheronea dopo il 120) la cita proprio in riferimento al medesimo episodio descritto da Svetonio. Si riportano in seguito il testo greco tratto dalla Vita di Cesare di Plutarco (32.8) e la relativa traduzione:Εἶτα πρὸς τὸ Ἀρίμινον ἐπιστρέψας, ὡς ἦλθεν ἐπὶ τὸν διορίζοντα τὴν ἐντὸς Ἄλπεων Γαλατίαν ἀπὸ τῆς ἄλλης Ἰταλίας ποταμόν (Ῥουβίκων καλεῖται), καὶ λογισμὸς αὐτὸν εἰσῄει μᾶλλον ἐγγίζοντα τῷ δεινῷ καὶ περιφερόμενον τῷ μεγέθει τῶν τολμωμένων, ἔσχετο δρόμου· καὶ τὴν πορείαν ἐπιστήσας πολλὰ μὲν αὐτὸς ἐν ἑαυτῷ διήνεγκε σιγῇ τὴν γνώμην ἐπ᾿ ἀμφότερα μεταλαμβάνων, καὶ τροπὰς ἔσχεν αὐτῷ τότε τὸ βούλευμα πλείστας· πολλὰ δὲ καὶ τῶν φίλων τοῖς παροῦσιν, ὧν ἦν καὶ Πολλίων Ἀσίννιος, συνδιηπόρησεν, ἀναλογιζόμενος ἡλίκων κακῶν ἄρξει πᾶσιν ἀνθρώποις ἡ διάβασις, ὅσον τε λόγον αὐτῆς τοῖς αὖθις ἀπολείψουσι. Τέλος δὲ μετὰ θυμοῦ τινος ὥσπερ ἀφεὶς ἑαυτὸν ἐκ τοῦ λογισμοῦ πρὸς τὸ μέλλον, καὶ τοῦτο δὴ τὸ κοινὸν τοῖς εἰς τύχας ἐμβαίνουσιν ἀπόρους καὶ τόλμας προοίμιον ὑπειπών, “Ἀνερρίφθω κύβος,” ὥρμησε πρὸς τὴν διάβασιν·
Avendo poi cambiato strada verso Rimini, quando giunse al fiume (si chiama Rubicone) che segna il confine tra la Gallia Cisalpina e il resto dell’Italia, e gli venne da valutare poiché era più vicino a un azione straordinaria ed era agitato per la grandezza dell’ardita impresa, trattenne la corsa; e arrestata la marcia, molto pensò tra sé e sé mentre la sua risoluzione vacillava avanti e indietro e mutò parere moltissime volte; parlò a lungo delle sue perplessità anche con gli amici presenti, tra i quali Asinio Pollione, stimando i grandi mali per tutti gli uomini che sarebbero seguiti al loro passaggio del fiume, e l'ampia fama che ne avrebbero lasciato ai posteri. Ma alla fine, con una sorta di impulso, come se abbandonado il ragionamento si gettasse nel futuro, e pronunciando la frase con cui gli uomini di solito preludono a tuffarsi in imprese difficili e audaci: "Si getti il dado" si accinse alla traversata.
Per approfondimenti su Plutarco vedi anche qua
Differenza tra il significato antico e l’uso moderno e diffusione del proverbio
Il verbo della frase latina ἀνερρίφθω κύβος è un perfetto imperativo che non si riferisce a un evento passato ma va tradotto come un imperativo: “si getti il dado”. Il significato della frase latina “iacta alea est” è dunque diverso da quelle originario tanto che Erasmo la emendò in “iacta alea esto” usando l’imperativo futuro. Nell’antichità la sentenza descriveva il momento in cui si decide intraprenere un’impresa ardita mentre nell’accezione contemporanea si riferisce a un’accezione già presa. Il proverbio è oggi molto diffuso e tradotto in tutte le lingue europee come nell’italiano “il dado è tratto”, nel francese “le sort en est jeté” e nello spagnolo “la suerte está echada”.Domande da interrogazione
- Qual è il significato letterale della frase "Alea iacta est"?
- Qual è l'origine della frase "Alea iacta est"?
- Qual è la differenza tra il significato antico e l'uso moderno del proverbio?
- Qual è l'origine greca del proverbio "Alea iacta est"?
- Come viene tradotto il proverbio "Alea iacta est" in altre lingue europee?
Il significato letterale della frase "Alea iacta est" è "il dado è stato lanciato", riferendosi a un'azione le cui conseguenze non permettono di tornare indietro.
La frase "Alea iacta est" ha origine classica ed è attestata nella vita di Cesare scritta da Svetonio, riferendosi al momento in cui Cesare attraversò il Rubicone, segnando l'inizio della guerra civile.
Nell'antichità, la frase descriveva il momento di decidere di intraprendere un'impresa ardita, mentre oggi si riferisce a una decisione già presa, con il significato di "il dado è tratto".
La frase latina è la traduzione del proverbio greco ἀνερρίφθω κύβος, che significa "sia gettato il dado", attestato in autori come Menandro e Plutarco.
Il proverbio è tradotto in molte lingue europee, ad esempio in italiano come "il dado è tratto", in francese come "le sort en est jeté" e in spagnolo come "la suerte está echada".