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Le scritture prealfabetiche: caratteristiche principali
La prima scrittura adottata dai Greci per rappresentare graficamente la loro lingua è una scrittura sillabica, la Lineare B, derivata dalla Lineare A che notava un idioma molto probabilmente non indoeuropeo. La Lineare B era una scrittura d’archivio che mal si adattava alle esigenze fonetiche del greco poiché non riproduceva le consonanti geminate, le vocali lunghe, le nasali preconsonantiche, la distinzione tra occlusive sorde, sonore e aspirate e tra la liquida rotata e la liquida laterale, l’aspirazione, i secondo elemento di dittongo. La sua prima attestazione risale forse al XVII secolo a.C. (ma riguardo a ciò non tutti gli studiosi sono concordi) e il suo uso si estingue con la caduta dei palazzi micenei (XII-XI secolo a.C.). L’uso della scrittura sillabica rimase in vigore a Cipro fino al IV sec. a.C. (sillabario cipriota) ma non dimostrò vitalità e possibilità di evoluzione.

Origine dell'alfabeto greco: quali sono
Nel quinto libro delle sue Storie, Erodoto, narrando la leggenda di Cadmo, mitico fondatore di Tebe, gli attribuisce il merito di aver introdotto in Grecia i segni fenici: φοινικήια [γράμματα] (Hdt. 5.58-59). Tale leggenda si basa su fatti storici poiché la derivazione della scrittura alfabetica greca da una fonte semitica è chiara. Ciò è attestato dall’originaria direzione sinistrorsa, dalla forma, dall’ordine di successione, dai nomi delle lettere, uguali presso i Semiti nord-occidentali e i Greci. Tuttavia, non è possibile determinare con precisione il luogo e il momento in cui l’alfabeto fu introdotto in Grecia nella sua forma completamente foneticizzata e al riguardo le opinioni degli studiosi divergono tra di loro con uno scarto cronologico di circa cinque secoli. Le più antiche iscrizioni che ci sono giunte (vascolare del Dipylon, di Thera, del monte Hymetto, di Corinto) si collocano tra l’VIII e il VII sec. a.C. e presentano caratteri grafici molto discordanti che vietano di parlare di un alfabeto unitario in questo periodo. Da ciò si dedurrebbe che l’introduzione e l’adattamento della scrittura fenicia siano avvenuti indipendentemente in centri diversi ma comunque anteriormente al secolo VIII. Una siffatta ipotesi sembrerebbe confermata dal fatto che l’alfabeto frigio, di chiara derivazione greca, è già in uso dall’VIII al VI secolo a.C. e che i coloni calcidesi in Italia, nello stesso VIII secolo, usano un alfabeto con caratteri propri. Se poi si analizzano i caratteri epigrafici delle iscrizioni fenicie tra il 1000 e l’850 a.C. e si confrontano con la forma dei segni delle iscrizioni greche più arcaiche si conclude che alcune lettere greche non possono essere derivate né dal tipo fenicio più antico né da quello più recente ma concordano invece con i caratteri delle iscrizioni databili intorno all’850 a.C. È dunque verosimile ipotizzare che la data dell’assunzione dei caratteri semitici da parte dei Greci sia da collocare nel IX secolo a.C.
per approfondimenti sull'origine dell'alfabeto greco vedi anche qua
L’elaborazione greca dell'alfabeto fenicio: caratteristiche principali
Più che l’adattamento dei segni semitici alla propria lingua, la grande novità che costituisce la scoperta e il merito dei Greci fu l’introduzione, progressiva e sistematica, di segni autonomi per le vocali in tutte le posizioni. Per quanto riguarda la notazione delle consonanti i Greci trovarono una relativa corrispondenza tra i valori fonetici delle proprie occlusive sorde e sonore e quelli delle occlusive semitiche sicché poterono adottarne i segni senza difficoltà. In origine fu accolta in questa serie la differenza articolatoria tra la velare sorda seguita da [a], [e], i rappresentata con kāph (κάππα) e la velare seguita da [o], u rappresentata con qōph. Poiché una tale differenziazione non aveva alcun valore funzionale in greco, cadde in disuso e fu definitivamente abbandonata a partire dal V secolo.
Mentre l’adozione dei segni per le liquide e per le nasali non presentava alcuna difficoltà, la situazione nell’ordine delle sibilanti, che conosceva una quadruplice distinzione nel semitico, era più complessa. Ciò diede luogo a divergenze locali laddove l’unica sibilante sorda greca fu rappresentata in maniera diversa nei vari alfabeti epicorici.
Varianti locali: quali sono e descrizione
Α Β Γ Δ Ε F Ζ Η Θ Ι Κ Λ Μ Ν Ο Π ϙ Ρ Σ Τ Υ
Il tipo originario dell’alfabeto greco, ben conservato a Creta, Melo e Thera (alfabeti meridionali) è costituito da 21 lettere nel seguente ordine:
L’evoluzione successiva, seppur con differenze diatopiche, prende le mosse da questo modello e consiste nella soppressione di segni che col tempo si rivelavano superflui come il ϙ (qōph) e il F (digamma) che rappresentava l’approssimante labiovelare, scomparsa presto in ionico-attico e perduratasi nel corso del tempo nei principali dialetti. Si adattano inoltre i grafemi a nuovi valori come avviene con Η che rappresenta dapprima l’aspirazione e, in un dialetto psilotico come lo ionico, viene utilizzato per rendere la e lunga aperta. Si creano poi nuovi segni per valori fonetici che in origine non avevano grafia propria come per alcune consonanti aspirate e per le doppie.

Si affermano così nuovi segni con distribuzione geografica diversa in base alla quale si possono caratterizzare tre aree geografiche:
- Un’area meridionale (Creta, Melos, Thera) che conserva senza sostanziali modifiche l’alfabeto originario.
- Un’area occidentale che usa Φ = ph Χ = ks Ψ = kh ΦΣ= ps.
- Un’area orientale che a parte Φ = ph di uso generale si suddivide in due gruppi. Il primo (Asia Minore, Amorgo, Argo, Sicione, Fliunte, Corinto e colonie, Megare e colonie, Acaia) usa i tre segni Χ = kh Ψ = ps Ξ = ks. Il secondo gruppo (Nasso, Delo, Parto, Sifno, Ceo, Atene, Salamina, Egina) adotta Χ = kh ma non gli altri de segni per i quali scrive ancora ΦΣ e ΧΣ.
Atene adotta ufficialmente l’alfabeto ionico nel 403-402 sotto l’arcontato di Euclide.