Concetti Chiave
- Schopenhauer sostiene che la sofferenza è universale e colpisce tutte le creature, con il genio che soffre di più a causa della sua maggiore consapevolezza.
- Il filosofo sviluppa un pessimismo cosmico, dove l'esistenza è definita dalla volontà inappagata e dal dolore, evidenziato dalla lotta crudele per la sopravvivenza.
- Schopenhauer descrive l'amore come un inganno orchestrato dalla "volontà della specie", il cui unico scopo è la perpetuazione della vita attraverso la procreazione.
- L'amore procreativo è visto come un'illusione e viene inconsciamente percepito come un "peccato" o "vergogna", mentre l'amore disinteressato è privo di egoismo.
- Attraverso esempi come la formica gigante d'Australia e la mantide femmina, Schopenhauer illustra la natura ingannevole dell'amore e la crudele lotta per la sopravvivenza.
Il dolore e la consapevolezza
Il dolore non riguarda soltanto l’uomo ma ogni creatura. Tuttavia, più consapevolezza si ha di questo dolore, più si soffre. È per questo che il genio, avendo maggiore sensibilità rispetto agli uomini comuni, prova una maggiore sofferenza. In tal modo, il filosofo perviene a una forma di pessimismo cosmico che deriva dalla consapevolezza che l’essere è dolore, ovvero volontà inappagata.
La lotta per la sopravvivenza
Espressione di tale dolore è la lotta crudele di tutte le cose. Per sopravvivere, gli esseri tormentati dal dolore, devono divorarsi l’un l’altro. Schopenhauer riporta l’esempio della formica gigante d’Australia, la quale, quando viene tagliata comincia una lotta fra la parte del corpo e quella della coda; quella ghermisce questa col morso, questa si difende col pungere quella. La battaglia dura di solito una mezz’ora, finché le due parti muoiono e vengono trascinate via da altre formiche.
L'inganno dell'amore
L’unico fine della natura sembra quello di perpetuare la specie: ciò trova una sua manifestazione emblematica nell’amore, definito da Schopenhauer come uno dei più forti stimoli dell’esistenza. L’amore non è altro che un inganno del «genio della specie» (ovvero la volontà) che mira alla perpetuazione della vita. Il fine dell’amore, dunque, è solo l’accoppiamento e la procreazione. Infatti, anche il breve senso di appagamento dell’atto sessuale non è altro che un’illusione. Per far capire questo concetto, Schopenhauer riporta il caso-limite della mantide femmina la quale, al termine dell’atto sessuale, divora il maschio e, dopo aver adempiuto al compito della procreazione e all’allevamento dei figli, perde bellezza e attrattiva. La bellezza le serviva per attrarre il maschio ai fini procreativi: è proprio questa la prova che l’amore è un inganno della volontà, un’illusione nella quale due infelicità si incontrano, si scambiano, generando così una terza infelicità. Proprio per questo, l’amore procreativo viene inconsapevolmente avvertito come “peccato” e “vergogna”. Ciò non avviene, invece, per l’amore disinteressato della pietà, in quanto non è egoistico.
Domande da interrogazione
- Qual è la visione di Schopenhauer sulla sofferenza universale?
- Come Schopenhauer interpreta l'amore nell'ambito dell'illusione universale?
- Perché l'amore procreativo è percepito come "peccato" e "vergogna" secondo Schopenhauer?
Schopenhauer ritiene che il dolore sia una condizione universale che colpisce tutte le creature. La consapevolezza di questo dolore aumenta la sofferenza, specialmente nei geni, che sono più sensibili. Egli descrive un pessimismo cosmico, dove l'essere è visto come volontà inappagata, e la lotta crudele per la sopravvivenza è un'espressione di tale dolore.
Schopenhauer vede l'amore come un inganno del "genio della specie", il cui unico scopo è la perpetuazione della vita attraverso l'accoppiamento e la procreazione. L'amore è un'illusione che maschera il vero fine della natura, e il breve appagamento sessuale è solo un'illusione che porta a ulteriori infelicità.
L'amore procreativo è percepito come "peccato" e "vergogna" perché è un atto egoistico guidato dalla volontà di perpetuare la specie, generando infelicità. Al contrario, l'amore disinteressato della pietà non è egoistico e non porta con sé tali sentimenti negativi.