Concetti Chiave
- Il pensiero di Kierkegaard pone l'accento sulla possibilità e l'esistenza, evidenziando che l'esistenza è un continuo scegliere tra alternative, un aut-aut che comporta responsabilità.
- L'esistenza è vista come una condanna inevitabile; non si sceglie di esistere e anche il suicidio non riduce questa condanna ma la conclude.
- Kierkegaard enfatizza il carattere contemplativo del suo pensiero, esplorando le possibilità fondamentali dell'esistenza umana.
- La fede, specialmente quella cristiana, è centrale nel suo pensiero, offrendo una via di salvezza dall'angoscia esistenziale.
- L'esistenza è soggettiva, personale e inalienabile, e l'individuo è chiamato a rispondere delle proprie scelte davanti a Dio.
Indice
Possibilità ed esistenza secondo Kierkegaard
Possibilità ed esistenza → Kierkegaard rivaluta la categoria di possibilità e il concetto stesso di esistenza. Secondo Kierkegaard l’esistenza è innanzitutto possibilità, in quanto significa stare di fronte ad un bivio e scegliere tra le possibili alternative: solo quando l’ente compie una scelta la possibilità diviene realtà.
Il dilemma della scelta
L’esistenza dunque è anche scelta. La scelta è sempre un aut-aut, a differenza di Hegel che ammetteva una dialettica et-et, escludendo la scelta. Kierkegaard scopre e mette in luce il carattere negativo della possibilità, dal momento che ogni possibilità oltre a essere «possibilità-che-si» è sempre anche «possibilità-che-no», ovvero che ciò che è possibile alla fine non sia: qualunque possibilità, in altre parole, implica la minaccia del nulla. Kierkegaard si definisce infatti il «discepolo dell’angoscia» e concepisce la sua esistenza come «al punto zero, a metà fra il caldo e il freddo, tra la saggezza e la stupidaggine, tra il qualche cosa e il nulla, come un semplice forse». Il punto zero è l’indecisione permanente, l’equilibrio instabile tra le opposte alternative che si aprono di fronte a qualsiasi possibilità, che si traduce nell’impossibilità di assegnare alla propria vita un compito ben preciso. Tuttavia, si può obiettare affermando che anche non scegliere equivale a fare una scelta. Non ci si può dunque sottrarre alla scelta: esistere significa infatti non uscire mai dalla sfera della possibilità, caratterizzata da infinite alternative tra le quali l’individuo è chiamato a scegliere.
L'esistenza come condanna inevitabile
L’esistenza cessa quando sopraggiunge la morte, che costituisce il termine di tutte le “possibili possibilità”. L’esistenza è anche libertà, poiché essa è il luogo in cui si esercita la libertà di scelta dell’uomo. Infine, scegliere, dunque esistere, implica una responsabilità: l’uomo deve sempre assumersi infatti la responsabilità delle proprie scelte e delle proprie azioni. Esistere, dice Kierkegaard, è come stare di fronte al Tribunale di Dio, perché di fronte a Dio non ci si può nascondere: anche chi imita, “copia” pedissequamente l’esistenza di un altro ente diviene ugualmente responsabile delle proprie azioni, poiché prendersi il carico dell’esistenza di un altro equivale a mettere in atto la propria esistenza. Questo è il motivo per cui l’esistenza è sempre soggettiva, personale e inalienabile ed essa appartiene al singolo e mai all’assoluto.
L’esistenza come condanna → La condizione necessaria per fare delle scelte, cioè l’esistenza, non è essa stessa una scelta dal momento che l’ente non sceglie di esistere. L’esistenza, dunque, è una condanna e gli uomini sono condannati a esistere. Persino il suicidio non rappresenta una riduzione della condanna dell’esistenza, in quanto esso rappresenta la cessazione della condanna e non una riduzione. Infatti, fino al momento della propria morte, il suicida ha scontato la propria pena (l’esistenza) senza riduzioni.
Il carattere contemplativo del pensiero
Il carattere contemplativo → Il pensiero di Kierkegaard presenta un carattere contemplativo: egli si sforza infatti di chiarire le possibilità fondamentali dell’esistenza, tra le quali l’individuo è generalmente indotto a scegliere.
Il tema della fede nel cristianesimo
Il tema della fede → Elemento fondamentale del pensiero kierkegaardiano è il tema della fede e, in particolare, del cristianesimo, unica religione in cui il filosofo vede ancora una salvezza, in quanto esso offre una via per sottrarre l’uomo all’angoscia e alla disperazione che ne costituiscono strutturalmente l’esistenza.
Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo della possibilità nel pensiero di Kierkegaard?
- Come Kierkegaard concepisce l'esistenza in relazione alla scelta?
- Perché Kierkegaard considera l'esistenza una condanna?
- Qual è il carattere contemplativo del pensiero di Kierkegaard?
- Qual è il ruolo della fede nel pensiero kierkegaardiano?
Kierkegaard rivaluta la categoria di possibilità, vedendola come fondamentale per l'esistenza, che è sempre una scelta tra alternative. La possibilità implica anche una minaccia del nulla, poiché ogni possibilità è anche una "possibilità-che-no".
L'esistenza è strettamente legata alla scelta, che è un aut-aut. Anche non scegliere è una scelta. L'esistenza è caratterizzata da infinite possibilità tra cui l'individuo deve scegliere, e cessa con la morte.
L'esistenza è una condanna perché non è una scelta dell'ente di esistere. Gli uomini sono condannati a esistere, e il suicidio non riduce questa condanna, ma ne segna solo la fine.
Kierkegaard si concentra sul chiarire le possibilità fondamentali dell'esistenza, tra le quali l'individuo è indotto a scegliere, mostrando un carattere contemplativo nel suo pensiero.
La fede, e in particolare il cristianesimo, è fondamentale nel pensiero di Kierkegaard, poiché offre una via di salvezza dall'angoscia e dalla disperazione che caratterizzano l'esistenza.