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Concetti Chiave

  • Immanuel Kant's philosophy, known as "criticism," emphasizes analyzing the foundations of human experience, focusing on possibilities, validity, and limits, distinguishing it as a "philosophy of limits."
  • The "Critique of Pure Reason" addresses the fundamental questions about the possibility of pure mathematics, physics, and metaphysics, aiming to justify their scientific basis through the concept of synthetic a priori judgments.
  • Kant's "Copernican Revolution" in philosophy suggests that the mind actively shapes reality through innate forms, distinguishing between phenomena (how reality appears to us) and noumena (things in themselves, which are unknowable).
  • The "Critique of Practical Reason" explores moral philosophy, positing that moral law is a priori and absolute, guiding human conduct through categorical imperatives, which dictate duties unconditionally.
  • The "Critique of Judgment" introduces the faculty of feeling, examining aesthetic judgments like beauty and sublimity, which are subjective yet claim universal validity, and teleological judgments, which perceive natural purposes without scientific proof.

Indice

  1. La vita di Immanuel Kant
  2. L'ideale politico di Kant
  3. Il criticismo kantiano
  4. La Critica della ragion pura
  5. Giudizi sintetici a priori
  6. La rivoluzione copernicana di Kant
  7. Fenomeno e cosa in sé
  8. Facoltà conoscitive di Kant
  9. Deduzione trascendentale
  10. Noumeno e conoscenza
  11. Dialettica trascendentale
  12. Critica alle prove di Dio
  13. Ragion pura pratica
  14. Legge morale e imperativi
  15. Critica del Giudizio
  16. Giudizi estetici e bello
  17. Sublime e morale
  18. Giudizio teleologico

La vita di Immanuel Kant

• Immanuel Kant nacque a Königsberg il 22 Aprile 1724, da una famiglia di umili origini

• Fu educato nello spirito del pietismo (corrente religiosa in reazione al dogmatismo luterano) presso il Collegium Fridericianum

• Studiò filosofia, teologia e matematica presso l’Università di Königsberg

• Fu precettore privato in alcune famiglie benestanti

• Nel 1755 ottenne la libera docenza presso l’Università di Königsberg

• Nel 1770 fu nominato professore ordinario di logica e metafisica

• Nel 1776 diventò sotto-bibliotecario presso la Biblioteca reale

• La sua esistenza fu interamente concentrata in uno sforzo continuo di pensiero che si accompagnava a uno stile di vita basato su rigide abitudini

L'ideale politico di Kant

• Il suo ideale politico era quello di una costituzione repubblicana fondata sul principio di libertà dei membri di una società, come uomini; sul principio d’indipendenza di tutti, come sudditi; sulla legge dell’eguaglianza, come cittadini.

• Venne a trovarsi in contrasto con il governo prussiano, dopo la pubblicazione della seconda edizione de “la religione entro i limiti della sola ragione”, scritto che fu vietato dalla censura perché accusato di recare offesa alla religione cristiana; successivamente fu ripristinata la libertà di stampa e Kant poté rivendicare la libertà di pensiero e di parola contro gli arbitri del dispotismo

• Morì, a seguito di una debolezza senile che lo privò gradualmente di tutte le sue facoltà, il 12 Febbraio 1804 (sulla tomba fu inciso “il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”)

Il criticismo come “filosofia del limite”

Il criticismo kantiano

Il Pensiero di Kant è detto criticismo perché, contrapponendosi all’atteggiamento del dogmatismo (che consiste nell’accettare opinioni e dottrine senza interrogarsi sulla loro consistenza), fa della critica lo strumento per eccellenza della filosofia. Criticare, nel linguaggio di Kant, significa giudicare, valutare, ossia interrogarsi programmaticamente sul fondamento di determinate esperienze umane, chiarendone:

1. Le possibilità (condizioni che ne permettono l’esistenza)

2. La validità (titoli di legittimità o non-legittimità che le caratterizzano)

3. I limiti (confini di validità)

Risulta dunque centrale e qualificante l’aspetto del limite, in virtù del quale il criticismo di configura come una “filosofia del limite”, ossia un’interpretazione dell’esistenza volta a stabilire le “colonne d’Ercole” dell’umano, riconoscendo il carattere finito o condizionato delle varie possibilità esistenziali, che non sono mai tali da garantire l’onniscienza e l’onnipotenza dell’individuo.

Questa filosofia non equivale ad una forma di scetticismo; il riconoscimento e l’accettazione del limite divengono la norma che dà legittimità e fondamento alle varie facoltà umane.

La Critica della ragion pura

La Critica della ragion pura è un’analisi critica dei fondamenti del sapere che prende la forma di un’indagine valutativa riguardo scienza e metafisica (le due attività conoscitive su cui si articolava l’universo del sapere).

Le domande fondamentali a cui la critica cercherà di dare risposta:

1. Come è possibile la matematica pura?

2. Come è possibile la fisica pura?

3. Come è possibile la metafisica in quanto disposizione naturale?

4. Come è possibile la metafisica come scienza?

Nel caso della matematica e della fisica si tratta di giustificare una situazione di fatto, chiarendo le condizioni che le rendono possibili come scienze.

Nel caso della metafisica si tratta di scoprire se esistano condizioni tali che possano legittimare le sue pretese di porsi come scienza o, viceversa, se essa sia inevitabilmente condannata alla non-scientificità.

Per poter rispondere Kant deve partire dall’analisi delle discipline la cui scientificità è indubitabile, una volta individuato il fondamento della scientificità della matematica e della fisica, sarà possibile verificare se esso fondi anche la metafisica.

• Il punto di partenza della riflessione di Kant è lo scetticismo di Hume: egli sostiene che il principio di causalità (in fondamento della conoscenza umana) non ha base oggettiva ma è oggetto di una credenza soggettiva, generata dall’abitudine e da una sorta di istinto che consente all’uomo di orientarsi nella vita pratica. Hume sostiene che le proposizioni della matematica sono universali e necessarie mentre quelle della fisica sono solo probabili (poiché si fondano sul principio di causalità).

Giudizi sintetici a priori

• Kant intende mostrare però che la conoscenza umana può essere universale e necessaria, ma al tempo stesso feconda. Egli è infatti convinto che la conoscenza umana, la scienza in particolare, offrono verità universali e necessarie. La scienza, pur derivando in parte dall’esperienza e pur nutrendosene continuamente, presuppone anche alcuni principi immutabili (ovvero i pilastri su cui essa si regge).

—> giudizi sintetici a priori: principi assoluti (verità universali e necessarie) che stanno alla base della scienza. Sono giudizi poiché consistono nell’aggiungere un predicato a un soggetto; sono sintetici perché il predicato dice qualcosa di nuovo e di più rispetto al soggetto (sono anche fecondi); sono a priori perché essendo universali e necessari non possono derivare dall’esperienza.

• Secondo Kant, i giudizi fondamentali della scienza non sono i seguenti:

—> giudizi analitici a priori (esplicativi): sono quelli che vengono enunciati senza bisogno di ricorrere all’esperienza, poiché in essi il predicato esplicita, con un processo di analisi basato sul principio di non-contraddizione, quanto è già implicitamente contenuto nel soggetto. (Sono infecondi perché non ampliano la nostra conoscenza)

—> giudizi sintetici a posteriori (ampliativi): Sono quelli in cui il predicato dice qualcosa di nuovo rispetto al soggetto, aggiungendosi o sintetizzandosi a quest’ultimo in virtù dell’esperienza, ovvero a posteriori. (Pur essendo fecondi, cioè sintetici, sono particolari e non necessari, perché derivano dall’esperienza).

• I principi della scienza, secondo Kant, sono fecondi (ossia sintetici) e allo stesso tempo a priori (universali e necessari). Questa teoria sottintende un confronto con le scuole filosofiche precedenti:

1. i giudizi analitici a priori richiamano la concezione razionalistica, che pretende di partire da principi a priori per derivare da essi tutto ciò che può essere oggetto di apprendimento, delineando un modello di sapere universale, ma sterile.

2. I giudizi sintetici a posteriori richiamano la concezione empiristica, che pretende di fondare la scienza soltanto dall’esperienza, delineando un modello di sapere fecondo, ma privo di universalità e necessità.

• Kant ritiene:

1. Contro il razionalismo: la scienza deriva dall’esperienza

2. Contro l’empirismo: alla base dell’esperienza vi sono dei principi inderivabili dall’esperienza stessa

—> Nella visione di Kant la scienza risulta feconda in un duplice senso:

1. Sia per quanto riguarda il contenuto, che le deriva dall’esperienza

2. Sia per quanto riguarda la forma, che le deriva dai giudizi sintetici a priori

Nello stesso tempo, in virtù dei giudizi sintetici a priori, la scienza è anche a priori, cioè universale e necessaria.

• L’errore di Hume, secondo Kant, è stato quello di non cogliere la differenza tra i giudizi sintetici e il principio di causalità (che è un giudizio sintetico a priori).

—> I giudizi sintetici a priori rappresentano la spina dorsale della scienza, ovvero l’elemento che le conferisce stabilità e universalità, e in mancanza del quale essa sarebbe costretta ad esser incerta e relativa. Senza alcuni principi di fondo, la scienza non potrebbe sussistere.

Kant deve spiegare la provenienza dei giudizi sintetici a priori; se non derivano dall’esperienza, da dove provengono?

La questione dei giudizi sintetici a priori, se siano possibili, costituisce il problema di fondo del capolavoro di Kant. Egli lo risolve attraverso una nuova teoria della conoscenza, concepita come sintesi di materia e forma, ossia di un elemento a posteriori (a partire da ciò che segue) e un elemento a priori (a partire da ciò che precede):

1. Per materia della conoscenza intende la molteplicità caotica e mutevole delle impressioni sensibili che provengono dall’esperienza (elemento empirico/a posteriori)

2. Per forma della conoscenza intende l’insieme delle modalità fisse attraverso cui la mente umana ordina, secondo determinati rapporti, tali impressioni (elemento razionale/a priori)

La rivoluzione copernicana di Kant

Kant ritiene che la mente filtri i dati empirici attraverso forme che le sono innate e che risultano comuni a tutti i soggetti pensanti; egli è dunque un innatista, ma il suo innatismo formale è diverso da quello della tradizione, in quanto i suoi schemi a priori non sono ciò che si conosce, ma semplicemente ciò attraverso cui si conosce.

—> Questa nuova impostazione del problema della conoscenza comporta la rivoluzione copernicana: così come Copernico, per spiegare i moti celesti, aveva ribaltato i rapporti tra lo spettatore e le stelle, e quindi tra la Terra e il Sole, analogamente Kant, per spiegare la scienza, ribalta i rapporti tra soggetto e oggetto, affermando che non è la mente che si modella in modo passivo sulla realtà, ma la realtà che si modella sulle forme a priori attraverso cui la percepiamo.

Fenomeno e cosa in sé

—> La nuova ipotesi gnoseologica comporta la distinzione kantiana tra fenomeno e cosa in sé:

Fenomeno: è la realtà quale ci appare tramite le forme a priori che sono proprio della nostra scrittura conoscitiva; esso è sempre qualcosa di relativo al nostro modo di conoscere e ha una sua specifica oggettività

Cosa in sé: è la realtà considerata indipendentemente da noi e dalle forme a priori mediante le quali la conosciamo; è una “x sconosciuta” che costituisce il necessario correlato dell’oggetto per noi, cioè del fenomeno

Facoltà conoscitive di Kant

Kant distingue tre facoltà conoscitive principali: sensibilità, intelletto, ragione.

• sensibilità: facoltà mediante la quale gli oggetti ci sono dati attraverso i sensi, in modo immediato o intuitivo, ordinario attraverso le forme a priori dello spazio e del tempo

• Intelletto: facoltà in virtù della quale pensiamo i dati sensibili, facoltà di giudicare (le forme a priori tramite cui opera l’intelletto sono i concetti puri e le categorie)

• ragione: facoltà attraverso cui, procedendo oltre l’esperienza, cerchiamo di spiegare globalmente la realtà mediante le idee di anima, mondo e dio; è la facoltà dei principi in quanto ci dà i principi della conoscenza a priori, (conoscenze che vanno al di là di ogni esperienza sensibile)

Tuttavia, egli unifica intelletto e ragione nel “pensare”, contraddistinto dall’attività o dalla spontaneità, dunque questa ripartizione si presenza anche nella forma di una bipartizione tra due sorgenti fondamentali dell’animo:

1. Consiste nella facoltà di ricevere le rappresentazioni (attraverso la quale un oggetto ci è dato)

2. Consiste nella facoltà di conoscere un oggetto per mezzo di queste rappresentazioni (attraverso la quale un oggetto viene pensato)

• Su questa tripartizione della facoltà conoscitiva in generale è sostanzialmente basata anche la divisione della Critica della ragion pura:

Il concetto kantiano di “trascendentale” e il senso complessivo dell’opera

• Nel medioevo erano definiti trascendentali le proprietà universali che tutte le cose hanno in comune e che perciò eccedono o trascendono le categorie aristoteliche. Kant si collega a questa tradizione linguistica, anche se connette il concetto di trascendentale con quello di forma a priori, riferendolo dunque non a una proprietà ontologica della realtà in sé, ma a una condizione gnoseologica che rende possibile la conoscenza della realtà fenomenica.

• Kant osserva che trascendentale non significa qualcosa che oltrepassa ogni esperienza, bensì qualcosa che certo la precede (a priori) ma non è determinato a nulla più che a rendere possibile la conoscenza nell’esperienza. Tuttavia, in Kant il trascendentale non si identifica con le forme a priori, ma piuttosto con il loro studio filosofico.

• Intendere il titolo del capolavoro di Kant:

1. con il termine ragione si intende la facoltà conoscitiva in generale

2. con il termine ragion pura si intende la facoltà conoscitiva che contiene i principi per conoscere qualcosa prettamente a priori

—> “esame critico generale della validità e dei limiti che la ragione umana possiede in virtù dei suoi elementi puri a priori”; come tale, la critica rappresenta un’analisi delle autentiche possibilità conoscitive dell’uomo e si configura come una specie di mappa filosofica della potenza e dell’impotenza della ragione, in quanto depositaria di principi puri o a priori.

—>La critica > ragione:

1. Nel senso che la ragione è ciò che viene reso argomento di critica

2. Nel senso che la ragione è ciò che mette in atto la critica

L’estetica trascendentale è la scienza di tutti principi a priori della sensibilità: con questa espressione Kant nomina la sezione della critica della ragion pura in cui analizza lo spazio e il tempo.

Egli considera la sensibilità ricettiva, perché essa non genera i propri contenuti, ma li accoglie per intuizione dalla realtà esterna o dall’esperienza interna.

Intuizione: forma di conoscenza in cui l’oggetto risulta immediatamente presente alla mente umana.

1. Intuizione sensibile = intuizione propria di un essere pensante finito a cui l’oggetto è dato, coincide con la ricettività della sensibilità umana

2. Intuizione intellettuale = intuizione di un ipotetico intelletto divino

Tuttavia la sensibilità non è soltanto ricettiva, ma anche attiva, in quanto organizza il materiale delle sensazioni (le intuizioni empiriche che consistono in quella forma di conoscenza in cui, mediante la sensazione, la mente umana si riferisce in modo immediato all’oggetto percepito) tramite lo spazio e il tempo, che sono le forme a priori (le intuizioni pure che sono le forme a priori delle sensazioni, in quanto non mescolate con l’esperienza) della sensibilità.

• Spazio: forma del senso esterno, cioè quella rappresentazione a priori, necessaria, che sta a fondamento di tutte le intuizioni esterne e del disporsi delle cose l’una accanto all’altra.

• Tempo: forma del senso interno, cioè quella rappresentazione a priori che sta a fondamento dei nostri stati interni e del loro disporsi l’uno dopo l’altro, ovvero secondo un ordine di successione.

—> se non ogni cosa è nello spazio, ad esempio i sentimenti, ogni cosa è però nel tempo, in quanto tutti i fenomeni in generale, ossia tutti gli oggetti dei sensi, cadono nel tempo (il tempo è forma universale dell’esperienza).

Logica = scienza del pensiero discorsivo, conoscenza mediata che avviene per concetti

• Logica generale (concerne l’intelletto a prescindere dalla varietà degli oggetti a cui può essere rivolto)

1. Pura (prescinde da tutte le condizioni empiriche sotto cui il nostro intelletto è impiegato)

2. Applicata (ha in vista le regole dell’uso dell’intelletto sotto le condizioni empiriche soggettive insegnateci dalla psicologia)

• Logica speciale (comprende le regole per pensare rettamente una determinata specie di oggetti)

• Rientra nella categoria della logica generale pura

• È un tipo di logica che ha come specifico oggetto di indagine “l’origine, l’estensione e la validità oggettiva” delle conoscenze a priori che sono proprie dell’intelletto (studiato nell’Analitica trascendentale) e della ragione (studiata nella Dialettica trascendentale). Essa:

1. Prende in esame le conoscenze a priori, determinandone la genesi e la validità in rapporto agli oggetti

2. Si riferisce alle conoscenze razionali pure

• Analitica trascendentale= parte della logica trascendentale che studia l’intelletto e le sue forme a priori, fissando nell’ambito di validità. Sezione della critica della ragion pura che risolve l’attività dell’intelletto nei suoi elementi di base e nel loro uso legittimo.

• Sensibilità e intelletto sono entrambi indispensabili alla conoscenza: i pensieri senza contenuto, cioè senza intuizioni sono vuoti e le intuizioni senza concetti sono ceche.

• Concetti= funzioni tipiche dell’intelletto ovvero operazioni attive che ordinano diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune svolgendo una funzione unificatrice. Possono essere:

1. Empirici quando sono costruiti con materiali ricavati dall’esperienza

2. Puri quando sono contenuti a priori nell’intelletto

• Categorie= concetti puri, concetti basilari della mente che costituiscono le supreme funzioni unificatrici dell’intelletto; sono diverse modalità con cui un l’intelletto unifica a priori, nei giudizi, le molteplici intuizioni empiriche della sensibilità.

• Kant rimprovera ad Aristotele di aver rinvenuto di categorie in modo casuale e frammentario, senza servirsi di un filo conduttore.

—>Poiché pensare è giudicare, ci saranno tante categorie quante sono le modalità di giudizio; il filosofo fa corrispondere a ogni tipo di giudizio un tipo di categoria (queste categorie entrano in azione in tutti i giudizi o in tutte le proposizioni nei quali si concretizza il nostro pensiero=onnipresenza delle categorie nei giudizi):

Deduzione trascendentale

Kant deve giustificare la validità dell’uso delle categorie (da lui denominata deduzione trascendentale).

Con il termine deduzione allude alla dimostrazione della legittimità di diritto di una pretesa di fatto.

‘che cosa ci garantisce che la natura obbedita alle categorie?’

• l’unificazione del molteplice deriva da un’attività sintetica che ha la sua sede nell’intelletto

• distinguendo l’unificazione e l’unità stessa egli identifica la suprema unità fondatrice della conoscenza con l’io penso, ovvero il centro mentale unificatore di cui le categorie sono funzioni (struttura mentale che accomuna tutti gli uomini)

L’io penso deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni:

1. l’attività dell’io penso si attua tramite i giudizi (modi concreti con cui il molteplice dell’intuizione viene pensato)

2. i giudizi si basano sulle categorie (le diverse maniere di agire dell’io penso, ovvero le dodici funzioni unificatrici in cui si concretizza la sua attività sintetica)

3. gli oggetti non possono assolutamente venir pensato senza per ciò stesso venire categorizzati

—> Poiché tutti i pensieri presuppongono l’io penso, e poiché l’io penso pensa tramite le categorie, ne segue che tutti gli oggetti pensati presuppongono le categorie; dunque la realtà obbedisce necessariamente alle forme a priori del nostro intelletto.

L’io penso si configura con il principio supremo della conoscenza umana; esso rappresenta ciò che rende possibile l’oggettività, l’università e la necessità del sapere.

Senza l’io penso e le categorie tramite cui esso opera saremmo chiusi nel cerchio della soggettività.

Noumeno e conoscenza

Kant ha sempre ribadito che l’ambito della conoscenza umana è limitata al fenomeno.

Egli definisce ‘Noumeno’ la cosa in sè in quanto oggetto di una ipotetica conoscenza intellettuale pura.

• in senso positivo=è l’oggetto di un’intuizione sensibile, cioè di una conoscenza extra-fenomenica che a noi è preclusa e che potrebbe essere propria di un ipotetico o intelletto divino dotato di una ‘intuizione intellettuale’ (ovvero di un intuito delle cose che coincide con la creazione delle stesse)

• in senso negativo=è il concetto di una cosa in sé come di una x che non può mai entrare in rapporto conoscitivo con noi ed essere quindi oggetto sella nostra intuizione sensibile

Dal momento che l’uomo non è capace di una soffitta conoscenza, l’unico uso legittimo di questo concetto (noumeno) è quello che lo assimila a un concetto-limite, che circoscrive le ‘pretese’ della sensibilità, cioè serve ad arginare le nostre pretese conoscitive.

—> l’intelletto non può conoscere le cose in sé, ma solo pensarle nella loro possibilità.

Dialettica trascendentale

Nella Dialettica trascendentale Kant affronta il problema se la metafisica possa anch’essa costituirsi come scienza.

Per Dialettica trascendentale egli intende l’analisi e lo smascheramento dei ragionamenti fallaci della metafisica; quest’ultima rappresenta un’esigenza naturale e inevitabile della mente umana, di cui la filosofa critica intende chiarire la genesi profonda.

La metafisica è un parto della ragione; questa, a sua volta, è l’intelletto stesso, il quale essendo la facoltà logica di unificare i dati sensibili tramite le categorie, è inevitabilmente portato a voler pensare anche senza dati.

Kant ritiene che questo voler procedere oltre i dati esperienziali derivi dalla nostra innata tendenza all’incondizionalità e alla totalità.

Esistono 3 idee trascendentali proprie della ragione:

1. l’idea di anima: idea della totalità assoluta dei fenomeni interni (dati del senso interno)

2. l’idea di mondo: idea della totalità assoluta dei fenomeni esterni (dato del senso esterno)

3. l’idea di Dio: inteso come totalità di tutte le totalità e fondamento di tutto ciò che esiste (dati interni ed esterni)

L’errore della metafisica consiste nel trasformare queste tre esigenze (mentali) di unificazione dell’esperienza in altrettante realtà, dimenticando che noi non abbiamo mai a che fare con la cosa in sé, ma solo con la realtà non oltrepassabile del fenomeno.

La dialettica trascendentale vuole essere lo studio critico e la denuncia impietosa delle peripezie e dei naufragi della metafisica, cioè delle avventure e dei fallimenti del pensiero quando procede oltre gli orizzonti dell’esperienza.

Critica alle prove di Dio

La critica alle prove dell’esistenza di Dio

1. Prova ontologica:

• Anselmo d’Aosta: pretende di ricavare l’esistenza di Dio dal semplice concetto di Dio come essere perfettissimo, che in quanto tale non può mancare dell’attributo di esistenza

• Kant: obietta che non è possibile saltare dal piano della possibilità logica a quello della realtà ontologica, in quanto l’esistenza è qualcosa che possiamo constatare solo per via empirica, e non dedurre per via logico-intellettiva. Egli sostiene che l’esistenza non è un predicato; di conseguenza la prova ontologica è:

-impossibile se vuol derivare da un’idea una realtà

-contraddittoria se nell’idea del perfettissimo assume già quell’esistenza che vorrebbe dimostrare

2. Prova cosmologica:

San Tommaso: gioca sulla distinzione tra contingente è necessario affermando che se qualcosa esiste deve anche esistere un essere assolutamente necessario

• Kant: ritiene che vi siano due limiti a questo argomento:

- Il primo consiste in un uso illegittimo del principio di causa, in quanto esso, partendo dall’esperienza della catena degli enti eterocausati (contingenti), pretende di innalzarsi oltre l’esperienza a un primo anello incassato (necessario); il principio di causa serve per connettere i fenomeni tra loro ma non può connettere i fenomeni con qualcosa di trans-fenomenico.

- Il secondo risiede nel fatto che essa finisce per implicare la struttura logica di quella ontologica, che da puri concetti vuol far scaturire presuntuosamente delle esistenze.

3. Prova fisico-teologica:

• essa fa leva sull’ordine, sulla finalità e sulla bellezza del mondo per innalzarsi a una mente ordinatrice, identificata con un Dio creatore, perfetto e infinito.

• Kant ritiene che essa risulta internamente minata da una serie di forzature logiche e dell’utilizzo mascherato dell’argomento ontologico

- in primo luogo: parte dall’esperienza dell’ordine del mondo ma pretende di elevarsi subito all’idea di una causa ordinante trascendente, dimenticando che l’ordine della natura potrebbe essere una conseguenza della natura stessa e delle sue leggi immanenti; essa può compiere tale operazione soltanto a patto di identificare la causa ordinante con l’essere necessario creatore, ricadendo così nella prova cosmologica, la quale ricade a sua volta in quella ontologica

- in secondo luogo: pretende di stabilire l’esistenza di una causa infinita è perfetta, ritenuta proporzionale a esso. Noi sappiamo che in questo universo c’è una misura o gradazione di ordine, ma relativa ai nostri parametri mentali e in ogni caso, non certo infinita e priva di imperfezioni, di conseguenza non abbiamo il diritto di affermare che la causa del mondo è infinitivamente perfetta, saggia buona ecc.. E se ciò accade è perché noi identifichiamo l’ipotetica causa ordinante con l’idea della realtà perfettissima di cui parla l’argomento ontologico. Anche questa prova risale agli argomenti cosmologico e ontologico.

• sono connesse alla Critica della ragion pura ma sono anche indipendenti da essa, il che ne spiega la vasta fortuna e utilizzazione nell’ambito del pensiero moderno

• Kant non è ateo, ma è agnostico in quanto ritiene che la ragione umana non possa dimostrare né l’esistenza di Dio, né la sua non-esistenza

• Kant ritiene che la psicologia razionale sia fondata su un paralogismo, cioè su un ragionamento errato che consiste nell’applicare la categoria di sostanza all’io penso, trasformandolo in una realtà permanente chiamata anima. Poiché l’io penso non è un dato empirico, ma un’unità formale attraverso cui viene rappresentato un soggetto trascendentale dei pensieri, a esso non risultano applicabili ne categorie ne valori positivi del tipo immateriale, incorruttibile, immortale...

• La cosmologia razionale ha per oggetto il mondo o il cosmo, cioè la totalità incondizionata dei fenomeni, e poiché un’idea di questo tipo trascende l’esperienza, essa risulta illegittima come risultano le antinomie alle quali essa da luogo. Il termine antinomia è usato da Kant per indicare il conflitto in cui la ragione viene a trovarsi con se stessa quando nella cosmologia razionale fa uso della nozione di mondo, che si sottrae a ogni possibile esperienza. Esse si concretizzano in coppie di enunciati opposti (uno afferma l’altro e l’altro nega la medesima cosa, senza poter decidere quale sia vero e quale falso).

• La teologia razionale ha come oggetto Dio, che per Kant rappresenta l’ideale della ragion pura, cioè quel supremo modello personificato di ogni realtà o perfezione che i filosofi hanno designato come essere originario, essere supremo ed essere degli esseri. Poiché tale ideale non ci dice nulla circa la sua realtà effettiva, la tradizione ha elaborato una serie di prove dell’esistenza di Dio, che Kant raggruppa in tre classi: ontologica, cosmologica, fisico-teologica.

1 la ragion pura pratica e i compiti della seconda critica

Ragion pura pratica

Kant distingue:

Ragion pura pratica: che opera indipendentemente dall’esperienza e dalla sensibilità (si identifica con la dimensione della moralità)

Ragione empirica pratica: che opera sulla base dell’esperienza e della sensibilità

—> Egli dovrà distinguere in quali casi la ragione è pratica e pura (morale) allo stesso tempo, e in quali casi essa è pratica senza essere pura (senza essere morale); questo è lo scopo della Critica della ragion pratica.

2 la realtà e l’assolutezza della legge morale

Legge morale e imperativi

Alla base della Critica della ragion pratica si trova la persuasione che esista una legge morale a priori, valida per tutti e per sempre; Kant muove dunque dal convincimento dell’esistenza di una legge etica assoluta, che il filosofo ha il compito di constatare, a titolo di un fatto della ragion pura, di cui abbiamo consapevolezza a priori e di cui siamo certi.

La morale:

O è una chimera: in quanto l’uomo agisce in virtù selle sole inclinazioni naturali

Oppure se esiste: deve essere incondizionata, cioè presupporre una ragion pratica pura, capace di svincolarsi dalle inclinazioni sensibili e di guidare la condotta in modo stabile.

La bidimensionalità dell’essere umano fa si che l’agire morale si concretizzi in una lotta permanente tra la ragione e gli impulsi egoistici. Tra legge morale e volontà non c’è una spontanea coincidenza: la prima si presenta all’uomo nella forma dell’imperativo, cioè di un comando che richiede di sacrificare le proprie inclinazioni sensibili e che l’uomo, per la sua natura limitata e imperfetta, può anche trasgredire.

La “categoricità” dell’imperativo morale

Kant distingue i principi pratici, ossia le regole generali che disciplinano la nostra:

• Volontà: facoltà di agire secondo la rappresentazione delle leggi, ossia secondo i principi

• Massime: principi pratici soggettivi, cioè regole di comportamento che l’individuo considera valide soltanto per la sua volontà

• Imperativi: prescrizioni con valore oggettivo, ossia che valgono per chiunque e si dividono in ipotetici e categorici

1. Imperativi ipotetici: prescrivono dei mezzi in vista di determinati fini e hanno la forma del “se...devi...”. Questi imperativi si specificano a loro volta in regole dell’abilità (che illustrano le norme tecniche per raggiungere un certo scopo) e in consigli della prudenza (che forniscono i mezzi per ottenere il benessere o la felicità)

2. Imperativi categorici: ordinano il dovere in modo incondizionato, ossia a prescindere da qualsiasi scopo, e non ha la forma del “se...devi...”, ma del “devi” puro e semplice.

—> Per Kant la legge morale non può dipendere da impulsi sensibili soggettivi e da circostanze mutevoli: essa pertanto non può risiedere negli imperativi ipotetici, ma solo in un imperativo categorico che si imponga, assolutamente e incondizionatamente, cioè indipendentemente dalla persona alla quale si rivolge, dall’obiettivo che ci si prefigge, dalla circostanza in cui si agisce.

Solo un tale imperativo, in quanto totalmente in.condizionato, ha le caratteristiche della legge, ovvero di un comando che vale in modo perentorio per tutte le persone e per tutte le circostanze.

—> solo l’imperativo categorico, che ordina un “devi” assoluto, e quindi universale e necessario, ha in se stesso i contrassegni della moralità.

Critica del Giudizio

La Critica del Giudizio nasce dal tentativo di conciliare il mondo deterministico della conoscenza con il mondo libero della morale.

Oltre alle due attività del conoscere e dell'agire, studiate rispettivamente nella Critica della ragion pura e nella Critica della ragion pratica, Kant riconosce l'esistenza di una terza facoltà, autonoma rispetto alle precedenti: questa facoltà è il sentimento, che consente di cogliere la finalità universale negli oggetti particolari.

—> Grazie al sentimento si formulano giudizi riflettenti, che interpretano la natura attraverso le nostre esigenze universali di finalità e di armonia.

Questi giudizi sono radicalmente diversi dai giudizi determinanti tipici della conoscenza intellettiva, dal momento che non fondano una conoscenza teoretica del mondo.

In generale il Giudizio, oggetto della terza Critica kantiana, è l"organo" dei giudizi riflettenti, che si dividono in:

• giudizi estetici, nei quali cogliamo immediata mente o intuitivamente la finalità della natura,

• giudizi teleologici, nei quali pensiamo concettualmente tale finalità mediante la nozione di fine.

Nella Critica del Giudizio Kant restituisce al termine "estetica" il suo significato tradizionale di "dottrina dell'arte e della bellezza".

Giudizi estetici e bello

Oggetto del giudizio estetico, cioè del giudizio di gusto, è il bello.

Esso si distingue dal piacevole e dal buono e presenta quattro caratteristiche, che Kant definisce sulla base della tavola delle categorie.

• Secondo la qualità, il bello è ciò che piace senza interesse: i giudizi estetici, infatti, non si preoccupano dell'esistenza o del possesso degli oggetti contemplati, ma solo della loro immagine.

• Secondo la quantità, il bello è ciò che piace universalmente, ma senza dipendere da una conoscenza o da un ragionamento.

• Secondo la relazione, il bello è ciò che non ha uno scopo determinato, pur evidenziando una finalità, cioè un'armonia tra le parti dell'oggetto contemplato.

• Secondo la modalità, il bello è ciò che viene riconosciuto intuitivamente (ma non può essere spiegato intellettualmente) come oggetto di un piacere necessario.

Kant sottolinea in particolare l'universalità del bello, affermando che nel giudizio estetico la bellezza è vissuta come un qualcosa che deve essere condiviso da tutti.

—> Ciò è possibile perché il piacere estetico puro nasce dalla sola contemplazione della "forma" di un oggetto, a differenza del piacevole, che è sempre legato alle inclinazioni individuali e pertanto dà luogo a giudizi estetici empirici di carattere soggettivo.

• I giudizi estetici riferiti alla bellezza libera, che non presuppone alcun concetto di ciò che l'oggetto contemplato "dovrebbe essere", possono essere universali

• I giudizi riferiti alla bellezza aderente, che rimanda sempre a un determinato modello di bellezza odi perfezione, dipendono da considerazioni intellettuali o pratiche variabili nel tempo.

Attraverso la «deduzione dei giudizi estetici puri» Kant fonda l'universalità del giudizio estetico sul senso comune del gusto, cioè sulla struttura intersoggettiva della facoltà del Giudizio, che è comune a ogni uomo.

Radicando il giudizio di gusto e la sua universalità nella mente umana, Kant realizza una vera e propria rivoluzione copernicana estetica, del tutto analoga a quelle da lui attuate in ambito gnoseologico e in ambito etico.

—> In virtù di questo capovolgimento di prospettiva, che pone il baricentro del giudizio estetico nel soggetto anziché nell’oggetto, il bello di rivela non come una proprietà oggettiva delle cose, ma come un qualcosa che nasce soltanto per la mente dell'uomo e in rapporto a essa.

—> Il giudizio di gusto non si riferisce solo al bello di natura, ma anche all'arte bella, prodotta dal genio. Questi è il tramite fra la natura e l'arte, e si caratterizza per l'originalità, la capacità di produrre opere esemplari e l'impossibilità di spiegare scientificamente il proprio lavoro.

Sublime e morale

Kant riprende da Edmund Burke (1729-1797) la riflessione sul sublime.

Il giudizio estetico sul sublime nasce dal sentimento che proviamo di fronte a entità naturali smisuratamente grandi, nel caso del sublime matematico, o potenti, nel caso del sublime dinamico.

La grandezza e potenza della natura ci rendono consapevoli della nostra limitatezza, ma ci fanno anche avvertire la nostra grandezza spirituale, testimoniata dal fatto che siamo portatori delle idee della ragione, in particolare dell'idea di infinito, che si riferisce al sublime matematico, e dell'idea di dignità morale, che si riferisce al sublime dinamico.

—> Sulla base di questo legame tra estetica e morale, Kant afferma che sublime per eccellenza è la legge morale.

• Il sublime per Kant si differenzia dal bello, perché quest'ultimo sgorga dalla consonanza e dall'equilibrio dell'immaginazione e dell'intelletto, procurandoci serenità di fronte a una forma armonica, mentre il sublime nasce dalla rappresentazione dell'informe e si nutre del contrasto tra immaginazione sensibile e ragione, provocando in noi turbamento.

• Il bello e il sublime sono però accomunati dal presupporre il soggetto, cioè la mente umana, come loro condizione e fondamento.

Giudizio teleologico

Con il giudizio teleologico l'uomo può cogliere la finalità della natura mediatamente, grazie al concetto.

—> L'uomo infatti sente l'esigenza di scorgere nella natura delle cause finali.

• Tuttavia la finalità non può essere provata scientificamente: il finalismo è necessario perché l'intelletto incontra limiti ben precisi nella spiegazione meccanica del mondo ed è perciò portato a una considerazione di tipo teleologico, ma il giudizio teleologico deve essere utilizzato unicamente in modo euristico e regolativo.

—> Così considerato, il finalismo si configura allora come un promemoria critico, che ci ricorda i limiti della concezione meccanicistica e, insieme, l'intrascendibilità della visione fenomenica.

Domande da interrogazione

  1. Chi era Immanuel Kant e quale fu il suo contributo principale alla filosofia?
  2. Immanuel Kant era un filosofo nato a Königsberg nel 1724, noto per il suo contributo fondamentale alla filosofia attraverso il criticismo, che si oppone al dogmatismo e si concentra sull'analisi critica dei fondamenti del sapere, stabilendo i limiti e le possibilità della conoscenza umana.

  3. Qual è il significato della "rivoluzione copernicana" di Kant nella teoria della conoscenza?
  4. La "rivoluzione copernicana" di Kant nella teoria della conoscenza implica un cambiamento di prospettiva, dove non è la mente che si adatta passivamente alla realtà, ma la realtà che si conforma alle forme a priori della mente, distinguendo tra fenomeno e cosa in sé.

  5. Cosa sono i giudizi sintetici a priori secondo Kant e perché sono importanti?
  6. I giudizi sintetici a priori sono principi universali e necessari che non derivano dall'esperienza ma sono fondamentali per la scienza, poiché permettono di avere conoscenze che sono al contempo universali, necessarie e feconde.

  7. Quali sono le tre facoltà conoscitive principali secondo Kant e come si relazionano tra loro?
  8. Le tre facoltà conoscitive principali secondo Kant sono la sensibilità, l'intelletto e la ragione. La sensibilità fornisce i dati sensibili, l'intelletto li organizza attraverso concetti e categorie, e la ragione cerca di spiegare la realtà oltre l'esperienza.

  9. Come Kant affronta la questione della metafisica nella "Critica della ragion pura"?
  10. Kant affronta la questione della metafisica nella "Critica della ragion pura" analizzando se possa costituirsi come scienza, smascherando i ragionamenti fallaci della metafisica attraverso la dialettica trascendentale e chiarendo che la conoscenza umana è limitata ai fenomeni, non alle cose in sé.

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