Concetti Chiave
- Cartesio cercò un principio universale, scartando i sensi come ingannevoli e trovando certezza solo nel pensiero: "cogito ergo sum".
- Divise mente e corpo in "res cogitans" e "res extensa", ma poi propose che comunicano tramite la ghiandola pineale.
- Introdusse il "dubbio metodico" per eliminare certezze facili, culminando nel "dubbio iperbolico" che afferma l'esistenza di un "io pensante".
- Cartesio classificò le idee in innate, fattizie e avventizie, con le idee innate come l'idea di Dio che sono fondamentali per la conoscenza.
- Affermò l'esistenza di Dio come un essere perfetto e infinito, basandosi su idee innate e un ragionamento ontologico di Anselmo d'Aosta.
La ricerca di Cartesio
Cartesio andò alla ricerca di un principio universalmente valido: questo principio non potevano riguarare i sensi, poiché sono illusori e quindi inducono all’errore. Andò, infatti, alla ricerca di una verità assoluta. Cartesio affermò che il mondo matematico dà una conoscenza precisa, con la quale si può eguagliare quella di Dio; ma in realtà ci può essere un inganno di un genio maligno che fa apparire ciò (un sogno, quindi). Secondo il suo pensiero, l’uomo può ingannarsi di tutto, ma l’unica certezza che possiede è l’atto di pensare (cogito ergo sum), e per il fatto di pensare si può dimostrare la propria esistenza. Il pensiero, per Cartesio, dava un’altra certezza: essere una res cogitans (noi nel nostro pensiero, parte pensante), che si contrapponeva alla res extensa (ossia il corpo, la cosa estesa). Cartesio si rese successivamente conto di aver sbagliato ad aver diviso la mente dal corpo: cercò così di creare un collegamento (o interfaccia), affermando che sono in comunicazione tra loro tramite la ghiandola pineale.
Il dubbio metodico
Il “dubbio” in Cartesio Cartesio intendeva arrivare a una verità assoluta: perciò procedette all’eliminazione delle facile certezze. Recuperando la lezione scettica e classica, introdusse il concetto di “dubbio”, in questo caso “metodico” ( chiamato così per distinguerlo da quello assoluto dello scetticismo), destinato a dimostrare l’esistenza di una verità superiore. Per Cartesio la ricerca di un principio universale imponeva il rifiuto dei “dati dei sensi”, il cui carattere è ingannatore. Inoltre, sosteneva che gli enti si manifestano sia nel sogno, che nella realtà, ma con nessuno di questi due modi lo si può affermare come verità assoluta. Ma una volta definita inaffidabile la rappresentazione sensibile, sembrerebbe emergere quella razionale, elaborata dal metodo scientifico. Rifiutando i sensi, però, si rifugia nel mondo galileiano. In realtà, mise in dubbio anche il valore della scienza. Fu così che fu introdotto il “dubbio iperbolico” , dubitando così di tutto ciò che è attorno a noi. È un dubbio esagerato. Infatti, per Cartesio, è come se ci fosse un genio tanto potente che può ingannare l’uomo ogni volta che pensa qualcosa della realtà. Il dubbio iperbolico consente la certezza della presenza di un’”io pensante” e costituisce una certezza soggettiva e una verità che afferma la presenza (l’esserci) che nessun genio maligno può annullare. Si tratta di una verità che il dubbio rafforza. Si è sostenuto che con la scoperta del cogito Cartesio abbia dato inizio a una metafisica che prende come fondamento principale “l’essere del pensiero” , non quello degli oggetti reali e ideali. Il pensiero, inoltre, è considerato come hùsia, che rende consapevole del fatto di esistere.
L'io e l'idea di Dio
L’io, Dio e il mondo Per giungere all’essere divino, Cartesio partì dalla presenza in esso di una vasta molteplicità di idee. Per Cartesio le idee sono le rappresentazioni che stanno a fondamento della nostra conoscenza. Esse sono di tre tipi: innate, fattizie, avventizie. Le idee innate sono quelle che derivano dalla nostra mente, quali ad esempio quelle logico-matematiche e l’idea di Dio. Le idee fattizie sono quelle prodotte dalla mente tramite composizioni errate di altre idee. Infine le idee avventizie provengono dal mondo esterno e sono più o meno credibili. L’uomo, secondo Cartesio, può dubitare di tutto, ma non “dell’idea di Dio” (sostanza eterna, immutabile, indipendente), un’ “idea innata”. L’uomo non è perfetto e finito, ma riesce ad avere un’idea della perfezione, che è innata: essa è l’idea di Dio, che porta a comprendere una realtà ontologica che l’io da solo non riuscirebbe a cogliere e non può nemmeno ricavare dalla natura la sua perfezione. Cartesio, così, conclude affermando l’esistenza reale di un essere divino. A questo argomento ne collegò un altro: una riformulazione di un antico ragionamento elaborato da Anselmo d’Aosta, il quale sosteneva “l’impossibilità di concepire Dio come non presente”. Dio, quindi, è l’ente infinito, la quale essenza implica l’esistenza (Dio è causa di sé). Inoltre, diventa fondamentale riguardo la filosofia cartesiana: infatti, non gli interessa essere un teologo, ma dimostrare che l’essere umano ha “l’idea di Dio”, affermando che possieda un principio metafisico.
Domande da interrogazione
- Qual è il principio fondamentale che Cartesio cercava di stabilire?
- Come Cartesio distingue tra res cogitans e res extensa?
- Che ruolo ha il "dubbio metodico" nella filosofia di Cartesio?
- Qual è la concezione di Cartesio riguardo alle idee innate?
- Come Cartesio giustifica l'esistenza di Dio?
Cartesio cercava un principio universalmente valido, una verità assoluta che non si basasse sui sensi, poiché li considerava ingannevoli. La sua ricerca lo portò a stabilire che l'unica certezza è l'atto di pensare, riassunto nel famoso "cogito ergo sum".
Cartesio distingue tra res cogitans, che rappresenta la mente o il pensiero, e res extensa, che rappresenta il corpo o la materia estesa. Inizialmente, li considerava separati, ma successivamente cercò di collegarli tramite la ghiandola pineale.
Il "dubbio metodico" è un concetto introdotto da Cartesio per eliminare le certezze facili e dimostrare l'esistenza di una verità superiore. Questo dubbio esagerato, o "dubbio iperbolico", permette di affermare la certezza dell'io pensante.
Cartesio ritiene che le idee innate derivino dalla nostra mente e includano concetti logico-matematici e l'idea di Dio. Queste idee sono fondamentali per la nostra conoscenza e non possono essere messe in dubbio.
Cartesio giustifica l'esistenza di Dio attraverso l'idea innata di perfezione che l'uomo possiede. Egli sostiene che l'idea di Dio, come sostanza eterna e immutabile, è innata e non può essere concepita come non esistente, collegandosi a un ragionamento di Anselmo d'Aosta.