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Concetti Chiave

  • Anselmo d'Aosta definisce Dio come "ciò di cui non si può pensare il maggiore", ponendo questa definizione alla base della sua argomentazione filosofica.
  • Il concetto dell'insipiente è introdotto per descrivere chi nega l'esistenza di Dio; l'insipiente percepisce Dio nell'intelletto ma non ne intende l'esistenza.
  • Anselmo esplora la distinzione tra esistenza mentale e reale, sottolineando che la realtà di un concetto lo rende superiore rispetto alla sua sola esistenza nella mente.
  • Argomenta che l'esistenza di Dio non può essere solo immaginaria; se Dio è concepito come esistente nell'intelletto, deve esistere anche nella realtà per essere il "maggiore".
  • Conclude che negare l'esistenza di Dio porta a una contraddizione, poiché ciò che è maggiore deve esistere sia nell'intelletto sia nella realtà.

Indice

  1. Definizione di Dio secondo Anselmo
  2. L'insipiente e la negazione di Dio
  3. Differenza tra pensiero e realtà
  4. Esistenza di Dio nell'intelletto e nella realtà
  5. Conclusione sull'esistenza di Dio

Definizione di Dio secondo Anselmo

Dalla prima riga fino ad arrivare alla terza riga il filosofo si concentra a spiegare una definizione in merito alla figura di Dio. Anselmo assume la definizione di Dio come premessa dell'argomentazione: Dio è ciò di cui non si può pensare il maggiore. Espone poi il dubbio che sorge dalla posizione dell'insipiente, evocato nel libro dei Salmi, il quale afferma che Dio non esiste (non est Deus).

L'insipiente e la negazione di Dio

Tra la quarta fino all’ottava riga il filosofo sostiene che colui che nega l’esistenza di una figura superiore che è rappresentata da Dio è una persona che non sa per cui viene definita insipiente dal filosofo stesso. Nell'udire la definizione di Dio pronunciata da Anselmo, l'insipiente l'avrà presente nel suo intelletto; l'insipiente non intende però ancora che Dio esista.

Differenza tra pensiero e realtà

Tra la nona e la dodicesima riga il filosofo si concentra sulla relazione che esiste fra pensiero e realtà. Anselmo approfondisce l'argomentazione, precisando che esiste una grandissima differenza tra una cosa che esiste soltanto nella mente di una persona rispetto ad una cosa che esiste realmente. Questa sua tesi la rafforza successivamente sostenendo che il pittore prima di dipingere un quadro può avere già un'idea del quadro che andrà a dipingere mentre una volta che l’ha dipinto il quadro esiste nella realtà.

Esistenza di Dio nell'intelletto e nella realtà

Dalla dodicesima riga fino alla diciottesima il filosofo sostiene che la presenza di una figura superiore come quella di Dio non può essere frutto solo di un’immaginazione. Fatta questa precisazione, Anselmo ribadisce che l'insapiente deve convenire con lui su questo punto: nell'udire la definizione di Dio così formulata, l'insipiente la intende, dunque ciò di cui non si può pensare il maggiore è (cioè esiste) almeno nel suo intelletto.

Questo perché, se ciò di cui non si può pensare il maggiore esiste nell'intelletto (come cosa intesa dall'insipiente), allora dobbiamo pensarlo come esistente anche nella realtà. Se infatti pensiamo a ciò di cui non si può pensare il maggiore come esistente anche nella realtà, questo sarà maggiore di quello che abbiamo pensato prima, esistente nel solo intelletto. L'esistenza di una cosa anche nella realtà rende infatti quella stessa cosa maggiore di quella che esiste nel solo intelletto.

Se dunque ciò di cui non si può pensare il maggiore esiste nel solo intelletto non sarà ciò di cui non si può pensare il maggiore. Ecco che la posizione dell'insipiens è ricondotta alla contraddizione, dunque è una posizione insostenibile.

Conclusione sull'esistenza di Dio

Dalla diciannovesima riga fino alla ventiduesima il filosofo giunge alla conclusione che Dio quindi esiste anche nella realtà stessa. Quindi a questo punto possiamo dire che secondo il filosofo Dio in qualità di figura a noi tutti superiore non può essere soltanto oggetto di una nostra immaginazione o comunque frutto del nostro pensiero bensì deve necessariamente essere un qualcosa che in qualche modo esiste realmente e concretamente.

Domande da interrogazione

  1. Qual è la definizione di Dio secondo Anselmo d'Aosta?
  2. Anselmo definisce Dio come "ciò di cui non si può pensare il maggiore", utilizzando questa definizione come premessa per la sua argomentazione sull'esistenza di Dio.

  3. Come Anselmo d'Aosta descrive l'insipiente in relazione alla negazione di Dio?
  4. Anselmo descrive l'insipiente come colui che nega l'esistenza di Dio, nonostante abbia la definizione di Dio presente nel suo intelletto, ma non intende che Dio esista.

  5. Qual è la differenza tra pensiero e realtà secondo Anselmo?
  6. Anselmo sostiene che esiste una grande differenza tra qualcosa che esiste solo nella mente e qualcosa che esiste realmente, paragonando questa differenza all'idea di un quadro prima e dopo che sia stato dipinto.

  7. Perché Anselmo ritiene che l'esistenza di Dio non possa essere solo immaginaria?
  8. Anselmo afferma che la figura di Dio non può essere solo frutto dell'immaginazione, poiché l'insipiente, udendo la definizione di Dio, deve riconoscere che ciò di cui non si può pensare il maggiore esiste almeno nel suo intelletto.

  9. Qual è la conclusione di Anselmo riguardo all'esistenza di Dio nella realtà?
  10. Anselmo conclude che Dio esiste anche nella realtà, poiché una cosa che esiste nella realtà è maggiore di quella che esiste solo nell'intelletto, rendendo insostenibile la posizione dell'insipiente.

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