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Concetti Chiave

  • Il pragmatismo, nato negli Stati Uniti nel XIX secolo, vede il pensiero come un intervento attivo sulla realtà, non come una verità assoluta.
  • Charles Pierce, fondatore del pragmatismo, introduce il metodo scientifico come l'unico che consente correzioni ed evoluzioni continue delle credenze.
  • William James sviluppa un pragmatismo che valorizza il ruolo del desiderio e della volontà, sostenendo che la verità delle idee si verifica attraverso le loro conseguenze pratiche.
  • John Dewey lega il pragmatismo a una concezione naturalistica dell'esperienza, sottolineando l'importanza di un approccio operativo e sperimentale in filosofia.
  • In Italia, il pragmatismo è stato influenzato da pensatori come Papini e Prezzolini, che hanno enfatizzato la creatività e l'evoluzione conoscitiva.

Indice

  1. Origini del pragmatismo
  2. Contributi di Pierce
  3. Metodi di fissazione della credenza
  4. Semiotica e segni secondo Pierce
  5. Pragmatismo spiritualistico di James
  6. Esperienza e pragmatismo di Dewey
  7. Filosofia operativa e sperimentale
  8. Pragmatismo in Italia

Origini del pragmatismo

Il pragmatismo è un movimento filosofico che si sviluppò negli USA verso la fine dell’ Ottocento in

particolare dalla fondazione del Methaphysical Club nel 1870. Il pragmatismo concepisce il pensiero non

come una verità assoluta (prestabilita) o come una passibile ricezione di dati provenienti dall’esterno ma

come un processo d’intervento attivo sulla realtà.

Contributi di Pierce

PIERCE: il vero fondatore del pragmatismo fu Pierce, il quale criticato il concetto hegeliano di deduzione

che si traduce in una scienza delle determinazioni del pensiero concreto, di un pensiero che non presuppone

la realtà di fornte a sé come un dato eterogeneo e respinta la tesi secondo cui la struttura del movimento della

realtà coincide con quello del processo conoscitivo, non crede che il significato delle cose possa cercarsi in

ciò che è pensato nell’atto in cui è pensato ma in ciò a cui questo pensiero può essere connesso quindi

comprendere un’idea significa comprenderne le conseguenze.

egli nega da un lato il valore logico

dell’intuizione immediata, dall’altro la possibilità di stabilire un fondamento assoluto della conoscenza non

essendoci le kantiane forme a priori dello spazio e del tempo. Il processo conoscitivo procede per successive

correzioni e adeguazioni delle nostre rappresentazioni dell’oggetto, non essendo il pensiero un recipiente o

uno specchio in grado di accogliere passivamente qualcosa, ma un’attività preposta a organizzare il campo

dell’esperienza. Pertanto un’idea è valida se possiamo verificare l’esito a cui essa porta attraverso le varie

operazioni ed è vera per il soggetto quando costituisce una credenza cioè l’instaurazione di una regola

d’azione la quale dà la possibilità di comportarsi in un certo modo. La sola funzione del pensiero è, perciò,

solo quella di produrre credenze.

Metodi di fissazione della credenza

Pierce individua quattro metodi atti a fissare la credenza:

1. Metodo della tenacia di chi si rifiuta di mettere in discussione le proprie credenze e porta al potere

la persona ostinata;

2. Metodo dell’autorità che vietando le opinioni discordanti può condurre all’accordo;

3. Metodo della ragione a priori o metafisico che si appella alla ragione e produce costruzioni e

sistemi ideali che sono però incontrollabili. Questo metodo esclude la possibilità dell’errore e quindi

della correzione perché si ritiene infallibile;

4. Metodo scientifico che, secondo Pierce, è il solo metodo che la scienza e la filosofia devono seguire

perché dà la possibilità di correggere i propri risultati e rinuncia all’infallibilità professando ciò che

egli chiama il fallibilismo> della ragione. Ogni credenza è tale solo se può riconoscere i propri

errori. Il pragmatismo, come lo intende Pierce, non è altro che l’applicazione di quest’ultimo metodo

ai problemi filosofici.

Pierce distingue tre modalità sovrapposte e interindipendenti che costituiscono il presupposto essenziale di

ogni nostra esperienza:

· La primità che riguarda il sentire;

· La secondità che riguarda il dato di fatto, l’oggetto;

· La terzità che funge da ponte tra il sentire e l’oggetto stabilendone una relazione

Semiotica e segni secondo Pierce

Oggi Pierce è ricordato soprattutto per aver posto le basi della semiotica contemporanea, la disciplina che si

occupa dei segni. Egli afferma che non c’è pensiero senza segno, che ogni pensiero è in realtà un segno che

rimanda a un pensiero precedente che a sua volta è un segno. Ciò significa che l’universo è un insieme di

segni collegati fra loro in cui non c’è mai un punto di partenza primo e assoluto. Il nostro contatto con la

realtà non è mai diretto ma sempre mediato dal segno, è una continua interpretazione effettuata in base ai

valori condividi della comunità. Il segno viene definito da Pierce come qualcosa che per qualcuno

(l’interpretante) sta al posto di qualcosa (oggetto).

Pragmatismo spiritualistico di James

JAMES: Un carattere più spiritualistico ha il pragmatismo di James che tuttavia presentò la sua dottrina

come uno sviluppo del criterio suggerito da Pierce.

Secondo James l’attività del pensiero è sempre subordinata ai fini dell’azione e, ammettendo ciò, si deve

riconoscere che l’influenza che il desiderio e la volontà esercitano sul pensiero non deve essere eliminata ma

può essere considerata come benefica. Il pensiero, per P., non è costituito dall’insieme di sensazioni ma da

parti sostantive sulle quali la mente nelle sue contemplazioni, e da parti transitiva, che, sfuggendo

alla contemplazione, danno luogo a quelle relazioni che garantiscono la continuità della conoscenza. In

disaccordo con chi suppone che le nostre idee corrispondano a verità afferma che la verità si forma nel corso

dell’esperienza, quante più idee possediamo tanto più aumenta la nostra possibilità di inserirci nell’ambiente

in cui viviamo, tanto più riusciamo a soddisfare quel bisogno di sicurezza alla base del nostro pensiero. La

verità di un’idea non dipende dal suo fondarsi sull’esperienza passata ma è data dalle sue conseguenze

pratiche future.

Quando la credenza non può essere fatta su basi razionali, l’uomo deve scegliere quella che risponde meglio

alle esigenze della sua vita pratica e allo stesso modo l’uomo ha il diritto di scegliere liberamente la sua fede.

Facendo riferimento alle “Ragioni del cuore” di Pascal, James afferma che bisogna affrontare il rischio della

fede e agire come se si credesse, rinunciare alla fede perché non è sufficientemente dimostrata e in attesa che

venga dimostrata, significa agire come se non si credesse. L’accettazione di una credenza può produrre la

verificazione della credenza stessa, questo è vero soprattutto nei rapporti con gli uomini: la simpatia, l’amore

si conquistano credendo nella loro possibilità. Ma che la fede possa trovare spiegazione è cosa che può

accadere solo in un mondo non dominato da determinismo meccanico. James perciò ha rivolto il suo

pragmatismo alla difesa di una concezione pluralistica e indeterministica del mondo: il mondo è per lui una

totalità di esseri indipendenti e finiti che sono tra loro in rapporto di azione e reazione ma che non sono

dominati da un disegno totale. Il sentimento religioso si origina da un senso di disagio di fronte a ciò che

appare inadeguato alle nostre aspirazioni, James riconduce l’atto del pensiero all’atto religioso. Convinto che

l’idea di Dio costituisca l’unica garanzia per instaurare nel mondo un ordine naturale, James osserva che

l’unico Dio meritevole debba essere finito sia in potenza che in sapere, compagno di strada che incoraggia

gli uomini ma non li domina.

Esperienza e pragmatismo di Dewey

DEWEY: il punto di partenza di Dewey è l’esperienza ma il suo concetto di esperienza è diverso da quello

tradizionale dell’empirismo che afferma che l’esperienza è l’intero mondo dell’uomo, un mondo privo di

elementi di disordine, turbamento e di errore. L’esperienza di cui parla Dewey è primitiva, indiscriminata e

grezza, e include dentro di sé tutte le qualità o i fattori di rischio e di errore che agiscono nella vita umana.

L’esperienza non si riduce a conoscenza né tantomeno a soggettività, l’esperienza deve essere assunta nel

suo significato più vasto; l’esperienza comprende l’intero mondo degli eventi e delle persone: essa è

sostanzialmente storia in quanto racchiude le condizioni oggettive (forze e eventi) e la registrazione e

valutazione di questi eventi fatte dall’uomo. Perciò l’esperienza è sempre esperienza umana.

La posizione di Dewey è dunque naturalistica perché mette in relazione mondo biologico e mondo

spirituale infatti l’esperienza, come la natura, si sviluppa attraverso tre livelli, fisico, psichico e mentale, i

quali pur essendo collegati da un rapporto di continuità evolutiva, presentano caratteristiche proprie. La

coscienza è il momento critico e negativo dell'esperienza, quando l'esigenza di un mutamento radicale viene

sentito con intensità particolare. La coscienza è l'esperienza stessa nel momento della sua crisi. Il rapporto

dell'uomo con l'ambiente naturale e sociale è sempre incerto e instabile. Nessuna struttura e tantomeno

l'autoillusione ("la fallacia filosofica", come la chiama Dewey) garantisce questi rapporti. Lo spirito per

Dewey è il sistema di credenze, interessi, accettazioni e rifiuti che si forma sotto l’influenza dell’abitudine e

della tradizione. L’individuo con mente è capace di cogliere i significati delle cose, di intendere le loro

relazioni e le loro connessioni; il comportamento individuale non è la risultante della percezione di uno

stimolo e di una reazione ma è dato dall’insieme delle disposizioni che produce e si costituisce solo in

relazione al soggetto conoscente, non essendo possibile separare la mente e la vita organica dalla natura

fisica.

Filosofia operativa e sperimentale

Egli afferma che la filosofia se non vuole rompere del tutto con la scienza, deve diventare operativa e

sperimentale.

Fini e mezzi Molte sono le cose che hanno il potere di soddisfarci, che sono valori di fatto in un certo

momento, ma i valori più propriamente umani sono i valori di diritto che promettono di rendere la nostra

esperienza più operosa, più feconda. Non esistono valori o fini assoluti cioè indipendenti dal rapporto con i

mezzi, i fini propriamente umani sono costruiti in base ai mezzi necessari per la loro realizzazione. I mezzi,

dice D, sono le parti frazionarie del fine. Da qui si nota la critica a Machiavelli cioè

mezzi>, infatti un fine conseguibile solo con mezzi ripugnanti, è esso stesso ripugnante.

Scienza e democrazia L’atteggiamento scientifico si identifica con la razionalità democratica cioè con un

metodo di coesistenza basato sulla libera discussione, sul pluralismo e sull’autocorreggibilità. Quindi la

democrazia, per Dewey, non è solo una tecnica politica ma anche un ideale umano e sociale e precisamente

l’ideale di una partecipazione sempre più vasta degli individui alla vita comunitaria. Lo Stato democratico è

qualcosa di più di una forma di governo, è prima di tutto un tipo di vita associata.

Pragmatismo in Italia

Il pragmatismo in Italia si sviluppò con:

- Giovanni Papini: la filosofia deve trasformare il mondo con la ricerca di nuovo modi di conoscenza

e accrescerlo con la creazione di nuovi mondi.

- Giuseppe Prezzolini: il pragmatismo include non soltanto un metodo conoscitivo e chiarificativo ma

anche l’affermazione della creatività spirituale dell’individuo.

- Giovanni Vailati: individua nella deduzione non solo il criterio di prova della verità di un fatto ma

anche lo strumento di ricerca di nuove verità. Afferma, inoltre, che le teorie scientifiche, che

correggono o precisano meglio i risultati delle esplorazioni precedenti, rendono più facile il

raggiungimento degli scopi stabiliti a quelle che susseguono.

- Mario Calderoni: in linea con Vailati, secondo il quale le teorie scientifiche sono strumenti per la

previsione e la determinazioni di fatti futuri, ritiene che la storia delle scienze ci mostra che molte

cose credute in un dato momento, prive di senso, nascondevano un senso più profondo delle altre.

Nell’applicare il criterio pragmatico alla condotta umana, afferma che il valore di un’azione non va

ricercato nell’universalità della norma ma si identifica con le conseguenze pratiche della nostra

condotta.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il concetto centrale del pragmatismo secondo Pierce?
  2. Il pragmatismo, secondo Pierce, concepisce il pensiero come un processo attivo di intervento sulla realtà, non come una verità assoluta o una semplice ricezione di dati esterni. Il significato delle idee si comprende attraverso le loro conseguenze pratiche.

  3. Quali sono i quattro metodi per fissare la credenza individuati da Pierce?
  4. Pierce individua quattro metodi: il metodo della tenacia, il metodo dell'autorità, il metodo della ragione a priori o metafisico, e il metodo scientifico, quest'ultimo considerato il più valido per correggere errori e rinunciare all'infallibilità.

  5. Come James differenzia il suo pragmatismo da quello di Pierce?
  6. James enfatizza l'influenza del desiderio e della volontà sul pensiero, sostenendo che la verità di un'idea si forma attraverso le sue conseguenze pratiche future, piuttosto che basarsi sull'esperienza passata.

  7. Qual è la visione di Dewey sull'esperienza e il suo rapporto con la filosofia?
  8. Dewey vede l'esperienza come un processo complesso e dinamico che include errori e rischi. Egli sostiene che la filosofia deve essere operativa e sperimentale per non rompere con la scienza, promuovendo un atteggiamento scientifico e democratico.

  9. Come si è sviluppato il pragmatismo in Italia e chi sono stati i suoi principali esponenti?
  10. In Italia, il pragmatismo si è sviluppato con figure come Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini, Giovanni Vailati e Mario Calderoni, che hanno enfatizzato la creatività spirituale, la ricerca di nuove verità e l'importanza delle conseguenze pratiche delle azioni.

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