Concetti Chiave
- Marx critiques the philosophical focus on abstract ideas, arguing for a practical application of theory, emphasizing the importance of aligning philosophy with political action.
- Marx's analysis of capitalism points out the alienation of workers, who are detached from their labor and its products, leading to social and economic inequality.
- He argues that the historical development of society is driven by material conditions and class struggle, predicting that the proletariat will eventually overthrow the bourgeoisie.
- Marx critiques Hegel's idealist dialectic, proposing instead a materialist approach where the concrete precedes the abstract, with real-world conditions shaping ideas.
- He introduces the concept of surplus value, highlighting how capitalists profit from the unpaid labor of workers, which he sees as a central flaw in the capitalist system.
Indice
Karl Marx
Marx nasce a Treviri nel 1818 e muore a Londra nel 1883. Arriva da una famiglia ebraica: il padre era ebreo e decise di convertirsi al cristianesimo per poter predicare la professione di avvocato a cui poi iscriverà anche il figlio. Marx lascia giurisprudenza e si laurea in filosofia e quando capisce che non avrà mai successo a livello accademico abbandona l’università Si trasferisce in Francia dove si occupa di redigere alcune riviste, le quali falliranno nel giro di un anno dall’arrivo di Marx, non per mancanza di lettori, ma poiché la censura le faceva chiudere, questo perché Marx si è sempre posto in contrapposizione con la filosofia hegeliana, ma anche con lo stato tedesco. Quando nel 1848 pubblica il manifesto, in Europa scoppiano i moti del ’48, perciò Marx diventa un “pericolo pubblico”, il capro espiatorio dei moti. Torna, quindi in Germania, ma viene cacciato poiché non è più accettato, in Francia anche e perciò si rifugia a Londra dove riesce a lavorare per un giornale americano che si occupa di politica europea. Fu afflitto da una grande difficoltà economica e venne aiutato da Engels, con il quale scrisse il Manifesto.Dopo i moti del ’48 perde la fiducia in un cambiamento immediato della società e perciò comincia a studiare la teoria necessaria al cambiamento. In Inghilterra pubblicò tutti i suoi scritti politici più importanti e diresse la Prima Internazionale.
L’interesse di Marx è chiaramente politico, che non può però essere diviso dall’interesse filosofico: filosofia e politica devono per forza essere collegate. La teoria deve coincidere con la prassi, non si può solo ragionare in teoria e non fai niente in pratica, che è quello che ha fatto fino ad ora la filosofia. Marx nei suoi libri giovanili disse che la filosofia e lo studio del mondo reale sono in rapporto tra loro come l’onanismo e l’amore sessuale. Fino a questo momento la filosofia è stata puramente teorica e i filosofi, secondo Marx, hanno solo interpretato il mondo invece che trasformarlo. Nei suoi scritti giovanili, lui disse che quando un filosofo vede una mela, una pera, una mandorla, vede tre oggetti reali e per astrazione li chiama frutti, creando di fatto un concetto astratto; all’inizio va anche bene questo come meccanismo ma il problema è chela filosofia, soprattutto con Hegel ha ribaltato poi la dinamica: quando io vedo qualcosa riconosco che è un frutto perché sottosta a quello che è il concetto di frutto. É cambiato quindi che il mondo reale, su cui tutto quanto si basa diventa poi qualcosa che funziona al contrario: il mondo astratto, l’ideale diventa il fondamento del reale.
Critica Feuerbach da due punti di vista:
- non riconosce che l’uomo per quanto sia concreto è comunque inserito in un contesto storico, è
rifatto qualcosa che vive nella storia e ciò che lui fa, i suoi rapporti reali, sono quello che influenzano la storia non viceversa. La storia non è un ideale da realizzare, l’ideale di storia è la rappresentazione di quello che gli uomini fanno nel concreto.
- è vero che ha scoperto che non esiste Dio ma esiste l’uomo, ma lui parla ancora per “essenza”; Feuerbach dice che l’essenza di Dio non esiste, ma esiste l’essenza dell’uomo. Ma l’essenza dell’uomo esiste? Secondo Marx non può esistere l’essenza dell’uomo, ma esiste l’uomo concreto. Per Marx non esiste l’essenza dell’uomo. L’alienazione per Marx è l’uomo concreto alienato rispetto al mondo concreto, e non l’uomo che aliena la sue essenza verso l’essenza di un altro individuo come per Feuerbach. Il mondo in cui vive l’uomo non è il vero mondo, ma è un mondo finto; l’uomo di fatto vive una scissione interna che è stata nascosta. Questa scissione non è negativa, però per Marx è arrivato il momento di superare questa cosa e di giungere al fine della storia.
La rivoluzione francese ha portato gli uomini a ottenere l’uguaglianza: nel momento in cui il terzo stato si propone di avere diritti politici li ottiene, in quanto viene dichiarato che tutti gli uomini nascono con uguali diritti, ma poi quando si va a votare per censo (ovvero in base alle tasse versate), si dividono in borghesi e proletari. La rivoluzione ha quindi portato ad un miglioramento, in quanto i tempi erano maturi affinché l’ancien regime venisse superato da qualcosa di più moderno, ovvero la fase borghese capitalista. Questo ha una funzione storica, ma come ogni funzione storica è inserita in un contesto dinamico dialettico che deve per forza portare ad un certo punto a un suo superamento, il quale viene fatto quando sono mature non le idee, ma le condizioni materiali.
Adesso il sistema capitalista è andato in crisi, quindi secondo Marx i tempi sono maturi perché venga ribaltato da un nuovo protagonista della storia: il proletariato.
Da un punto di vista prettamente dialettico ha ragione Hegel. Feuerbach parla di essenza dell’essere umano, ma non inserisce questo essere umano in un contesto storico e quindi in un contesto dialettico. (Nella dialettica è molto importante il momento della negazione) Solo attraverso la dialettica c’è negazione e quindi superamento, solo attraverso la negazione, non più teorica ma pratica, si può in qualche modo modificare il decorso della storia.
In Germania ci sono 2 problemi.
Primo problema
Marx dice che in Germania è impossibile fare la rivoluzione, perché hanno solo fatto la rivoluzione teorica, ma la restaurazione è stat fatta in pratica. La Germania, quindi, è così indietro che è più vicina alla situazione dei russi, piuttosto che alla situazione dei francesi o degli inglesi. In Inghilterra si para di limitare l’intervento dello stato in questioni economiche, è giusto. Marx inizialmente parte dal liberalismo e ritiene soprattutto che negare l’intervento dello stato in questioni economiche è l’esatto opposto di quello che fanno i partiti comunisti contemporanei a Marx.
Secondo problema
In Germania i filosofi hanno fatto solo la critica dell’aspetto teorico della religione. Sono soddisfatti della rivoluzione francese, ma questa non ha creato tutti gli uomini uguali: ha creato cittadini uguali. L’uomo è quindi scisso perché da una parte è uomo concreto, dall’altra è cittadino. Lui vive una vita fittizia in un mondo che non esiste, dove è dichiarato uguale, dove ha uguali diritti, libertà di culto, non è discriminato per il sesso o per la fede, però poi vive da privato e paga le conseguenze di questa “separazione”. In tutto questo accade che secondo Marx i filosofi si sono occupati soltanto di criticare la religione in teoria: questa è una cosa molto utile, ma è anche una cosa dannosa poiché criticando solo gli aspetti teorici essi hanno visto che l’uomo vive in catene, le quali sono state coperte da ghirlande di fiori, che possono essere le religioni o altre teorie; limitandosi però a criticarle, i filosofi hanno smontato tutte le “decorazioni”, non liberando però l’uomo. L’hanno emancipato in teoria, ma in pratica hanno messo a nudo le loro catene, ma sempre in catene rimangono. Secondo Marx, quindi, bisogna passare alla prassi e trovare il modo per spezzare queste catene. È necessario, senza rinnegare quello che è il passato, portare avanti questo processo di emancipazione dell’uomo. L’emancipazione religiosa che è stata fatta dalla sinistra hegeliana è stata molto importante, però ora bisogna andare oltre, motivo per cui i giornali franco-tedeschi vengono chiusi e Marx deve scappare a Bruxelles, dove pubblicherà il Manifesto del Partito Comunista.L’obiettivo è, quindi, cominciare a studiare le cose pratiche, ovvero l’uomo.
L’uomo non vive da cittadino, ma come essere umano, concreto. Nel mondo reale l’uomo lavora, è nato per lavorare. L’essenza dell’essere umano, ammesso che esista un’essenza, è il lavoro. Esso è un essere che si pone in rapporto con la natura: il rapporto è di trasformazione di questa natura, col fine di creare qualcos’altro. L’uomo plasma la natura secondo i propri interessi, secondo le leggi del bisogno o della bellezza.
L’uomo invece vive del proprio lavoro, ma purtroppo è inserito in una struttura che è più grande di lui, la struttura economica. Questa è composta da due cose:
- forze produttive —> forza lavoro
- rapporti di produzione —> conoscenze tecnologiche che l’uomo ha sviluppato per produrre di
fatto le cose
L’uomo, quindi, non viene obbligato a lavorare, esso è di fatto nato per lavorare. Se l’uomo viene pagato per lavorare, risulta alienato, in quanto on sta più lavorando per sé.
Questo lavoro, però, lo condiziona, ma viene fuori anche che le condizioni in cui lavora sono le stesse che lo rendono un ente sociale.
Il singolo soggetto potrebbe fare qualcosa per la società, se lavora asseconda quelle che sono le sue necessità; però, ad esempio la religione, sostiene che l’uomo non può lavorare per se stesso, perché prima o poi morirà e quando questo accadrà la specie trionferà sul singolo. Quindi l’umanità in generale è superiore al singolo.
Marx sostiene che attraverso il lavoro l’uomo diventa un ente sociale, però è il singolo uomo concreto che interviene sulla storia. Per questo l’uomo deve preoccuparsi della sua vita sulla terra e non soffrire in vista di un benessere nell’aldilà.
Accade però che l’uomo nel corso della storia si sente alienato, perché esso rimane sempre un uomo concerto, però potrebbe essere concreto e felice, mentre in realtà è concreto e alienato (si sente tradito), perché non è più un uomo, ma è un cittadino. Per cui quello che lui fa non è di fatto sviluppare quelli che sono i suoi interessi, ma qualcos’altro. L’uomo può solo accettare questa condizione.
Il capitalismo è ormai giunto alla condizione finale, per cui va superato. È necessaria l’ultima emancipazione, quella definitiva, perché in questo momento l’operaio, uomo concreto, è alienato, non rispetto all’idea di Dio , ma rispetto a cose concrete: l’attività, in quanto ormai non lavora più per il bisogno o la bellezza, ma solo perché gli dicono di farlo; l’essere, perché l’uomo potrebbe anche essere contento di fare sempre la stessa cosa purché la scelga lui, ma se è obbligato a lavorare in una catena di montaggio probabilmente dopo un po’ diventa alienante; al padrone, perché lui ha delle cose che l’uomo non potrà mai avere; al prodotto, perché se l’uomo decide di lavorare la terra, ciò che fa gli piace perché ciò che produce è suo, ma se lui deve lavorare per un’azienda, il prodotto non è suo.
Pro della teoria di Hegel
- la dialettica hegeliana porta alle estreme conseguenze l’aspetto negativo delle cose, però poi siribalta in una sintesi
- Hegel stesso a riconosciuto al lavoro una cosa molto importante: il servo si emancipa non perché
fa la rivoluzione, ma perché attraverso il lavoro scopre che è lui a dominare la natura e, quindi, è
lui che può dare atto a tutto quanto
- attraverso la dialettica si può superare anche ò’alienazione
Hegel, quindi, non ha torto, ha solo sbagliato l’ordine dei fattori: viene prima il concreto e poi l’astratto e non il contrario.
Contro della teoria di Hegel
- considera tutto quanto come ideale, l’uomo non può essere autocoscienza, in quanto esso è concreto e parlare di uomo come autocoscienza è comparare di uomo in termini di cittadino (si resta sempre sull’astratto)- la filosofia deve essere prassi, deve essere concreta: non bisogna pensare alla filosofia come qualcosa di ideale, perché o diventa giustificazione del reale, oppure diventa un qualcosa che deve manifestarsi nel reale
- ha identificato l’alienazione con l’oggettificazione: quando l’autocoscienza è alienata, per Hegel, quest’alienazione è sempre qualcosa di teorico e mai pratico, anche se per lui ogni momento di alienazione coincide di fatto con una figura concreta (concreta sempre per finta: non ci sono servo e padrone reali...). Un conto è alienarsi un conto è essere oggettivamente opposti. Non esiste alcun oggetto esterno a cui l’uomo si contrappone con l’alienazione. Se si parte dall’alienazione, che è reale, e la si confonde con l’oggettivazione, che è astratta, si rischia di pensare a tutte le figure astratte come se fossero effettivamente un oggetto concreto; viene, quindi, a crearsi qualcosa che è oggettivo, ma di fatto non è altro che un mondo fittizio. Da questo punto di vista, l’uomo crea per Marx uguaglianza, rispetto delle leggi e tutta un’altra serie di cose, che non sono oggettivazione di niente, ma sono sempre parte dell’ambito astratto, perché sono “nulla”. Per Marx è concreto solo l’uomo, quindi accade che tutto quello che l’uomo ha come struttura concreta della vita dell’uomo è l’economia, la struttura. Tutto il resto, ovvero quello che secondo Hegel era oggettivato è sovrastruttura (politica religione, ecc.), un qualcosa che è un riflesso del mondo reale.
L’unica base concreta della vita dell’essere umano: forze e rapporti di produzione. Tutto il resto è sovrastruttura.
Marx attraversa tre fasi:
- fase dell’antropologia, ovvero studio dell’uomo e della sua alienazione
- fase storica, materialismo storico: l’essere concreto dell’uomo va a riflettersi su una teoria della
storia
- studio della società: funzionamento della stato borghese
Sono i rapporti economici che cambiano nel corso della storia e tutti questi rapporti sono, da un punto di vista dialettico, portati a essere superati. La fase borghese sopraggiunta con il superamento dell’ancien regime (attraverso la rivoluzione francese), è perciò anch’essa una fase dialettica, che va a sua volta superata per far spazio a quello che è il “nuovo”, ovvero il socialismo.
Per Marx è giunto il momento che la fase borghese venga superata, anche se è passato relativamente poco tempo dalla sua instaurazione poiché la borghesia, grazie alla tecnologia, ha il pregio di aver velocizzato di molto il decorso storico, ha velocizzato il mondo (la produzione, i trasporti e i mercati). Il mercato è diventato globale, perciò comanda l’economia. Il problema è che il ceto dominante, ovvero i borghesi, non fanno altro che fissare le leggi che hanno portato al loro successo: le leggi economiche della borghesia vengono automaticamente considerate come dei capisaldi della società universale, cosa per Marx sbagliata. Siccome l’economia è alla base di tutto e ciò che non lo è viene considerata sovrastruttura; nel momento in cui quest’ultima viene considerata come qualcosa di fisso, essa diventa ideologia. L’ideologia è definito, però, come ciò che domina secondo Marx, per cui si passa dal materialismo storico a quello dialettico, alla filosofia che, dal suo punto di vista deve essere radicale.
In questo momento la filosofia si basa su due personaggi: Adam Smith e Ricardo. Adam Smith è il più importante esponente del liberalismo economico e secondo cui lo stato non deve intervenire in questioni economiche. Egli era convinto che il mercato seguisse una “mano invisibile”, per cui in qualche modo il mercato si sarebbe auto-bilanciato da solo, in termini di domanda e offerta. Per Marx questa teoria non è del tutto sbagliata. Ricardo, invece, ha una visione negativa de sistema capitalista e riconosce per primo il valore delle merci: esso è la quantità di lavoro socialmente necessario per la produzione. Con questo si intende il tempo che occorre per la produzione; questo tempo è standard. Il problema è che l’economia classica, per quanto utile, funzionale e corretta, si basa sulla proprietà privata, che non è un qualcosa di dimostrato, ma è un qualcosa che è stato preso e posto come legge, come base dell’economia. Se noi dimostriamo l’economia partendo dalla proprietà privata e prendendo questa cosa come un dato di fatto, essa non va dimostrata, la si da perscrutata; l’economia, secondo Marx, però, è una scienza e, in quanto tale, va dimostrata. La proprietà privata non è qualcosa che si trova in natura (es. l’acqua che bagna non va dimostrato), perciò necessita una dimostrazione. Proudhon ha dato una definizione alla proprietà privata, sostenendo che essa sia un furto. Marx inizialmente sarà d’accordo con lui.
Marx, però, va ancora oltre rispetto al pensiero di Proudhon, perché dietro a quello che riguarda i rapporti economici ci sono il resto dei rapporti tra uomini, per cui l’uomo concreto sta alla base di tutto e visto che tutto ciò che riguarda la storia è storia economica, l’economia non è altro che il modo in cui nel mondo cambiano i rapporti tra uomini legati alla produzione. L’uomo per natura è un animale che lavora; qualsiasi tipo di azione dell’uomo è vincolata al lavoro. Questo lavoro, però, può essere svolto in modo naturale, oppure in maniera borghese (secondo l’economia borghese l’uomo è alienato).
Nel 1848, Marx pubblica il Manifesto del partito comunista dove espone che la storia del mondo e degli esseri umani, dal punto di vista dialettico, è di fatto contrapposizione e lotta di classi (quest’ultima non implica per forza borghesi e proletari, ma si tratta di una lotta generale); da un punto di vista storico prima ci furono re e i plebei, poi borghesi e nobili e ora borghesi e proletari. Per cui ogni tipo di fase storica ha in se il germe del superamento, quindi l’economia borghese, come tutte le fasi precedenti, ha al suo interno già incluso il meccanismo che porta al suo superamento. L’economia borghese non deve essere, perciò, eliminata attraverso una rivoluzione, ma al suo interno si nasconde un qualcosa che ne porterà il superamento in maniera naturale.
Nello stesso anno della pubblicazione ci furono molte rivoluzioni in Europa e alcuni incolparono Marx, che viene cacciato a Londra, dove decide di occuparsi di teoria. Siccome tutte le rivoluzioni furono un fallimento decide di elaborare un approccio scientifico.
Si passa, quindi, all’analisi teorica dell’economia. Secondo Marx il capitalismo molto particolare, in quanto funziona in maniera diversa rispetto alle altre economie ed è giusto che sia così: se l’economia capitalista fosse funzionata esattamente come quella medievale, saremmo ancora nel medioevo. Il capitalismo come novità ha introdotto le merci; esse sono ciò che si vende e possiede un valore di scambio e un valore d’uso:
- valore d’uso —> valore intrinseco dell’oggetto (una maglia di lana vale più di una maglia i cotone in inverno)
- valore di scambio —> non corrisponde a quello d’uso e Marx sostiene che ogni cosa che noi abbiamo ha un valore e lo ha perché essa può essere scambiata; l’economia essenzialmente funziona come il baratto, che però ha un problema: non sempre ciò che ottieni dallo scambio ti è utile. Per ovviare questo problema si inventa la moneta, per cui si converte la merce che si produce in moneta, la quale ha un valore legato all’oro (se l’oro aumenta il suo valore, aumenta anche quello della moneta) ed è sempre scambiabile. Nell’economia borghese il valore di scambio, ad un certo punto, diventa qualcosa di indipendente rispetto alle merci in sé. Il valore di scambio, nel momento in cui non è più legato all’oggetto in sé, prende vita autonoma e si separa dal prezzo.
Se il valore di una merce va oltre al prezzo che ha, la merce in sé diventa un oggetto autonomo con un’esistenza autonoma, quindi non è più l’uomo che crea l’oggetto, che ha un valore d’uso determinato dalle sue caratteristiche, ma l’oggetto perde il suo legame con il mondo reale, quindi diventa un oggetto ideale su cui si fonda il reale. (Si ribalta di nuovo la dialettica, perciò non va bene questo sistema per Marx). L’oggetto creato dall’uomo finisce per condizionare l’uomo stesso ed entrare nella sua vita.
Non è solo la quantità di lavoro che determina il valore di un oggetto, ma anche il rapporto tra i diversi oggetti; tuttavia non si tratta solamente di rapporti tra oggetti, ma anche tra uomini, quindi succede che l’uomo diventa oggetto.
Si ha la merce che si vende, attraverso la quale si ottiene denaro, con il quale si compra altra merce. Nell’economia borghese le cose, però, sono cambiate: non si tratta più di autoconsumo, ma si accumula denaro; ci sono, quindi, alcune merci che sono in grado di produrre ricchezza. C’è solo una merce secondo Marx che è veramente in grado di produrre più denaro: l’uomo. Esso è l’unico in grado di produrre ricchezza attraverso il lavoro, lo sfruttamento. L’uomo lavora, ma lo fa perché gli serve avere denaro in modo da poter acquistare ciò che necessita (l’operaio produce, ma ciò che produce non è suo: attraverso il denaro che guadagna lavorando in fabbrica compra ciò che necessita). Accade che l’operaio, che è salariato, è convinto che qualcuno lo paga, però non si chiede se quello che possiede in denaro sia abbastanza o meno: questa è un’astuzia del capitalista che paga l’operaio a ore, in misura tale da poter soddisfare i bisogni minimi di sussistenza.
Secondo Marx, in base a quello che lavora, l’operaio viene pagato poco: il suo fabbisogno esistenziale dovrebbe essere coperto dalla metà delle ore che lui svolge effettivamente in fabbrica. Esempio: un operaio lavora 10 ore e guadagna 10, in realtà per guadagnare 10 sarebbero sufficienti 5 ore; questo vuol dire che il resto del tempo l’operaio lavora gratis, quindi ha un pluslavoro (lavoro offerto dal capitalista). Il plusvalore, risulta essere ciò che il capitalista guadagna dal pluslavoro dell’operaio; di fatto, però, il plusvalore non equivale al profitto.
saggio del plusvalore —> Plusvalore = Pluslavoro / Capitale variabile
Il capitale variabile (CV) è il capitale investito nei salari, mentre il capitale costante (CC) è quello investito nella produzione delle merci.
Saggio del profitto —> Profitto = Plusvalore / (CV+CC)
I capitali d’impresa puntano ad ottenere sempre più denaro, perché l’economia borghese è caratterizzata dall’accumulo di capitale. In che modo si può far aumentare il profitto? Aumentando le ore di lavoro agli operai oppure pagandoli di meno. Il problema del far lavorare l’operaio di più è che dopo un determinato tempo egli si stanca, perciò non produce in maniera ottimale; la soluzione è quella di migliorare le macchine, in modo da far fare meno lavoro all’operaio e far lavorare meno persone (es. lavoro in serie, una persona fa sempre la stessa cosa, tipo tirare una leva), però aumentando la produttività. L’economia diventa, quindi, qualcosa di estremamente concorrenziale. Secondo Marx il saggio del profitto è destinato a cadere, in maniera matematica, se l’economia si basa solo sulla produzione e quest’ultima implica un aumento del CC. Quando il profitto cade le aziende falliscono e vengono comprate da altre aziende, fino a quando nel mondo non rimarranno sempre meno capitalisti e si arriverà così allo scontro finale tra un proprietario e tutto il resto della popolazione salariata. Solamente a questo punto avverrà la rivoluzione che porterà al comunismo.
Le rivoluzioni che avvengono sono sbagliate per un motivo di principio: ogni cosa che accade fa cambiare la struttura economia, mentre la sovrastruttura rigetta questo cambiamento.
Per Marx, quindi, uno dei problemi è che una volta che il sistema crolla si passa alla società comunista, ma il comunismo non può essere imposto in maniera immediata, bisogna passare da una fase intermedia: la dittatura del proletariato. Non viene, però, definita a livello temporale la durata di questa dittatura, motivo per cui in Russia è durata per tutto il periodo del comunismo, in Cina, Corea del Nord e Cuba sta ancora perdurando. La dittatura del proletariato dovrebbe essere instaurata per parti: prima si requisiscono tutti i mezzi di produzione, che passano allo stato e poi si attuano una serie di riforme che portano ad un livello sociale in cui ognuno lavora in base alle sue capacità e necessità (lo stato stabilisce ciò di cui necessita ognuno).
Marx espone la sua teoria in termini scientifici, ma ad un certo punto vuole ricondurre tutto quello che riguarda l’aspetto della vita dell’uomo in termini economici: vuole cioè passare da una teoria scientifica ad una fede filosofica. Fare del marxismo una fede filosofica porta a voler ricondurre tutti gli aspetti dell’essere umano ad un aspetto unico, ma questa cosa non può che avere riscontro negativo.
Domande da interrogazione
- Quando e dove è nato Karl Marx?
- Qual è la professione del padre di Karl Marx?
- Perché Karl Marx ha abbandonato l'università?
- Qual è l'opinione di Marx sulla filosofia?
- Qual è l'obiettivo finale di Marx?
Karl Marx è nato a Treviri nel 1818.
Il padre di Karl Marx era un avvocato.
Karl Marx ha abbandonato l'università perché capì che non avrebbe avuto successo a livello accademico.
Marx ritiene che la filosofia abbia solo interpretato il mondo invece di trasformarlo.
L'obiettivo finale di Marx è superare il capitalismo e instaurare una società comunista.