Concetti Chiave
- La virtù in Socrate è vista come una certezza interiore della giustizia, indipendente dall'approvazione pubblica.
- Socrate sostiene l'importanza di comprendere il vero bene e il vero male per l'anima, distinguendo tra leggi giuste e la loro applicazione errata.
- I discepoli di Socrate, come Senofonte, i cinici e gli scettici, hanno interpretato la sua figura in modi diversi, enfatizzando vari aspetti del suo pensiero.
- Platone presenta Socrate come una figura solitaria e tragica, evidenziando la complessità nel distinguere tra la sua filosofia e quella di Socrate.
- La filosofia di Platone vede il "non sapere" socratico come una condizione pericolosa, lasciando gli interlocutori in dubbio e privi di certezze.
Indice
La virtù e la giustizia interiore
Essa cessa di essere capacità di offrire prestazioni eccezionali, e diviene certezza interiore della giustizia della propria condotta. Questa virtù garantiva una felicità personale indipendente dall’approvazione pubblica. Occorre conoscere cosa è davvero bene e cosa davvero male per l’io interiore, per l’anima.
Socrate e le leggi
Nella prosopopea delle leggi, presente nell’apologia, Socrate fa effettivamente questo, decide di accettare la condanna ritenendo come vero bene le leggi e distinguendo le loro direttive alla sbagliata applicazione che gli uomini ne fanno. egli dice che chi non sia d’accordo con loro deve tentare o di cambiarle secondo giustizia, o abbandonare la città stessa.
Interpretazioni dei discepoli di Socrate
Probabilmente i discepoli cambiarono la figura di Socrate nella versione per loro più accettabile. Senofonte lo descrive come un moralista che identificava la legge e la giustizia; i cinici ne misero in luce l’orgoglio di saggio; gli scettici insisterono sul non sapere.
Per Platone invece la situazione è più complessa in quanto distinguere dove inizi la sua filosofia e dove quella di Socrate, è molto difficile.
Platone e la solitudine di Socrate
Platone mise in luce l’ingenuità tragica della solitudine di Socrate. Egli sembra voler apportare a questa solitudine il supplemento della forza e poi quello del sapere, in quanto la professione di “non sapere” lasciava in dubbio l’interlocutore e privo di certezze, condizione questa, ad avviso di paltone, pericolosa.