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Concetti Chiave

  • Platone utilizza il dialogo come forma letteraria per esplorare e illustrare le sue teorie filosofiche, mantenendo viva l'eredità socratica attraverso un filosofare aperto e argomentato.
  • La teoria delle idee di Platone sostiene un dualismo tra il mondo sensibile, mutevole e instabile, e il mondo delle idee, eterno e immutabile, che rappresenta la vera realtà.
  • Nel mito della caverna, Platone descrive il percorso di scoperta della vera conoscenza, sottolineando l'importanza del filosofo nel guidare la società verso la verità.
  • La Repubblica di Platone propone un modello di Stato ideale basato sulla giustizia e la saggezza, con una rigida divisione delle classi sociali e un ruolo centrale dei filosofi come governanti.
  • Platone critica l'arte imitativa come una copia distante dalla verità, sostenendo che può essere giustificata solo se diventa strumento della filosofia.

In questo appunto di filosofia antica viene descritto il celebre pensiero filosofico di Platone, filosofo dell'antica Grecia. Si dà attenzione in particolare modo ai punti principali del suo pensiero filosofico. Si descrivono aspetti come il mito, la forma del dialogo, l'Apologia di Socrate e i primi dialoghi, quali sono le idee, il rapporto tra idee e cose, eraclitismo ed eleatismo in Platone.

Indice

  1. Platone e la crisi politica
  2. Dialoghi e fedeltà a Socrate
  3. Il mito e la comunicazione filosofica
  4. Primi dialoghi e insegnamenti di Socrate
  5. Conoscenza e idee in Platone
  6. Rapporto tra idee e cose
  7. Teoria della reminiscenza e immortalità dell'anima
  8. Concezioni dell'amore nel Simposio
  9. Il mito dell'Auriga e l'anima
  10. La giustizia e la comunità umana
  11. Classi sociali e giustizia
  12. Modello di stato e degenerazione
  13. Critica alla democrazia e governo dei sapienti
  14. Educazione e conoscenza in Platone
  15. Il mito della caverna
  16. Arte e filosofia
  17. Problemi del dualismo platonico
  18. Teoria dei generi somi
  19. Il Demiurgo e il mondo delle idee
  20. Concezione della storia e legge

Platone e la crisi politica

Platone nutre un forte interesse per la politica; si rende conto, infatti, della crisi politica che sta affliggendo la Grecia del tempo.

Se ne domanda il motivo e giunge a pensare che la crisi sia di sistema, di valori culturali, d’intellettuali perché è venuta meno la certezza – verità alla base delle quali si può agire. La crisi può essere superata solo se l’uomo riforma globalmente la sua esistenza.

Dialoghi e fedeltà a Socrate

Platone è un discepolo di Socrate ed in quanto tale non dovrebbe scrivere nulla. A dispetto del maestro, invece, Platone ha scritto tanto e molto s’è conservato. Scrive dei dialoghi con personaggi che raccontano la loro filosofia. Rimane così fedele a Socrate anche perché porta all’estremo compimento della sua filosofia.

Platone nasce socratico e scrive molti dialoghi in cui il personaggio principale è comunemente Socrate. Quest’ultimo, parlando nel dialogo, riporta le teorie di Platone per far sì che queste abbiano fondamento.

il pensiero filosofico di Platone

Il mito e la comunicazione filosofica

Per non tradire il maestro, concepisce lo scrivere come una trascrizione del dialogo, quindi di quello che si è dato, in cui sono presenti teorie sia sue, sia avversarie (per dimostrarne la falsità).

Questo è un filosofare aperto perché i temi trattati sono ripresi con argomentazioni aperte.

Il dialogo si dà prima con una confutazione, poi con una deduzione, ed infine con una riorganizzazione delle idee.

Il mito, in Platone, riveste due significati fondamentali.

  1. è uno strumento di cui si serve il filosofo per comunicare in maniera più accessibile e intuitiva le proprie dottrine all’interlocutore.
  2. è un mezzo di cui si serve il filosofo per parlare di realtà che vanno al di là dei limiti cui l’indagine rigorosamente razionale può spingersi.

Primi dialoghi e insegnamenti di Socrate

I primi due periodi dell’attività filosofica di Platone sono dedicati all’illustrazione e alla difesa dell’insegnamento di Socrate e alla polemica contro i sofisti.

Sono due le opera fondamentali: l’Apologia (esaltazione della vita dedicata alla filosofia) e il Critone (dilemma di Socrate).

Platone non ritiene che il linguaggio sia prodotto da una convenzione e che i nomi siano posti ad arbitrio.

Per giudicare la correttezza dei nomi dobbiamo ricorrere alla realtà di cui il nome è immagine.

Radice di idea: Radice di intuizione: intueror (conoscere in profondità)

Conoscenza e idee in Platone

Al relativismo dei sofisti, Platone sfugge dando una verità assoluta. Noi uomini abbiamo, infatti, un’idea di scienza che si caratterizza per la stabilità e l’immutabilità. A differenza, l’opinione muta, è instabile. Entrambe sono però forme di conoscenza che devono derivare da qualcosa.

L’idea di scienza si può dare solo se c’è una cosa immutabile rispetto alla quale far riferimento. Rispetto alle cose che cambiano, la forma della conoscenza è la “doxa”, l’opinione. Se l’oggetto non è possibile trovarlo in questo mondo, la ricerca non deve essere più imminente, ma trascendente.

Rapporto tra idee e cose

L’essere del mondo fisico è in continuo movimento, mutamento (c’è e non c’è). Nel metafisico, invece, la dimensione dell’essere è eterna. Platone ha una concezione verticale della realtà, perché gli esseri possibili sono due (uno più in alto ed uno più in basso). Nel momento in cui Platone parla di essere, si riferisce a quello molteplice, costituito dal mondo delle idee, situato nel mondo iperuranico. Idea in greco significa vedere; per Platone si può vedere solo con la ragione, intellettualmente. Per noi l’idea è il pensiero; per Platone intende far riferimento alla concreta realtà.

Nel mondo metafisico si danno le idee che vengono poi proiettate sul mondo terreno. Solo così si può giudicare in base a quei metri di giudizio in relazione alle idee.

Inizialmente Platone pensava di restringere la quantità di idee a poche, perché queste avevano un alto significato. Le racchiudeva in due famiglie:

  1. Idee - valori (etiche, politiche, ecc...)
  2. Idee matematiche (entità aritmetiche e geometriche)

Tra queste due categorie di idee c’è un rapporto di subordinazione; Platone individua un rapporto gerarchico: più in alto sono le idee etiche, poi vengono quelle matematiche.

In seguito pensa che rispetto ad ogni realtà corrisponda un’idea (facendo cioè riferimento a qualsiasi oggetto fisico).

Il pensiero filosofico di Platone può essere visto come unaintegrazione sintetica tra eraclitismo ed eleatismo. Da eraclito accetta la teroia secondo cui il nostro mondo è il regno della mutevolezza, mentre da Parmenide in concetto secondo cui l'essere è immutabile(anche se l'essere platonico risulta multiplo). Dall'eleatisco platone trae il duelismo ontologico e gnoseologico.

Ecco alcuni aspetti dei rapporti idee-cose:

  • C’è un rapporto di mimesi (imitazione): le idee sono l’originale; le cose sono le copie.
  • C’è una parusia (presenza) delle idee come se queste si calassero nelle cose: come può un’idea dell’essere, essere presente in cose molteplici?
  • Si parla di metessi quando le cose partecipano delle idee (hanno qualcosa in comune con le cose).

Platone arriverà a sposare maggiormente la teoria della mimesi nell’ultima parte della sua vita.

Non c’è un rapporto diretto tra il modello e le cose; si parla di un divino artefice, non di un dio, che forgia le cose sensibili secondo le idee.

Teoria della reminiscenza e immortalità dell'anima

Platone afferma che la nostra anima, prima di calarsi nel presente corpo, è vissuta, disincarnata, nel mondo delle idee, dove, fra una vita e l'altra, ha potuto contemplare gli esemplari perfetti delle cose. Una volta discesa nel nostro mondo, l'anima conserva un ricordo sopito di quello che ha visto e grazie all'esperienza sensibile, l'anima ricorda ciò che ha visto nell'iperuranio. "Conoscere è ricordare"

Nel Fedone Platone, oltre alla teoria della reminiscenza, elenca altre prove dell'immortalità dell'anima. La teoria detta dei contrari afferma che come in natura ogni cosa si genera dal suo contrario, anche la morte si genera dalla vita e la vita dalla morte, nel senso che ogni anima rivive dopo la morte del corpo. Una seconda detta della somiglianza sostiene che 'anima, essendo simile alle idee, che sono eterne, sarà anch'essa tale. Una terza, detta della vitalità argomenta che l'anima, in quanto soffio vitale, è vita e partecipa all'idea di vita, quindi non può accogliere in sé l'idea opposta di morte. Er era un valoroso guerriero. Un giorno venne portato nell’Ade perché sembrava morto. Assiste qui al modo con cui le anime tornavano nel corpo. C’erano tre Moire che erano responsabili della durata della vita. Le anime dovevano scegliere il grado della loro vita; disposte in fila, sceglievano il modello di vita disponibile. Le anime decidevano in base alla loro consapevolezza. Noi siamo dunque responsabili dell’esito della vita; noi apparteniamo ad una classe sociale perché lo abbiamo scelto.

Concezioni dell'amore nel Simposio

Le più importanti concezioni dell’amore vengono espresse nel “Simposio” (Banchetto o convitto). Spesso, nell’antichità, le discussioni filosofiche nascevano dopo aver mangiato e bevuto perché si riteneva che per fare un dialogo, prima bisognava soddisfare l’aspetto materiale (senza freni), così dopo i pensieri erano più liberi. Al banchetto è stato invitato anche Socrate. Il tema oggetto del dibattito filosofico è l’amore. Concezioni dell’amore del tempo:

  1. Sapere retorico: tesi portata avanti da Fedro e Agatone. Consideravano l’amore come una divinità, il più virtuoso degli dei.
  2. Amore pederastico -> amore omosessuale
  3. Sapere scientifico: se l’amore è armonia, è caratteristica dell’universo dove ce n’è. La malattia è lo stato in cui non c’è amore, in quanto è disarmonia; il medico ha il compito di ripristinarla.
  4. Sapere dei commediografi: d’Aristofane. Questo sosteneva che all’origine dei tempi l’uomo aveva una conformazione totalmente diversa dall’attuale: c’erano tre sessi (maschile, femminile ed androgeno). L’uomo era una sorta di palla rotante costituita dall’unione di due persone (4 braccia; 4 gambe; 2 teste … Erano più veloci e più agili, a tal punto che tentano di scalare l’olimpo, il cielo. Zeus interviene e li taglia a metà e per compassione permette loro di vivere. Da allora ogni uomo va alla ricerca della propria metà.
  5. L’amore diventa quindi un senso di insufficienza, un desiderio di qualcosa che manca, la necessità di ritrovare l’unicità. È anche sofferenza e uno stato di perseveranza perché non è più possibile riunirsi.

  6. Sapere di Socrate. Siccome il filosofo si considera privo di verità, parla attraverso la voce di una sacerdotessa.

    L’amore non è un dio, ma un demone. È figlio della povertà (mancanza) e dell’intelligenza (espediente; ci s’ingegna per arrivare a trovare la propria metà). L’amore è stato generato nel giorno della venerazione della Bellezza (secondo il mito), quindi si associa sempre alla bellezza e ne va alla ricerca. L’uomo va prima alla ricerca della bellezza del corpo e solo in un momento successivo va alla ricerca di quell’interiore, per arrivare infine all’attenzione sull’idea della Bellezza in sé. L’amore porta a scoprire l’idea.

Il mito dell'Auriga e l'anima

Nel “Fedro” si tratta del mondo attraverso il quale si arriva all’oggetto dell’amore; è spiegata la possibilità della conoscenza sulla base del ricordo, presentando ricorso al mito: l’Auriga. Questa dà la definizione dell’anima.

L’anima è come una biga alata con l’auriga (condottiero) e due cavalli (bianco e nero). L’auriga (tiene le redini – conduce) rappresenta la parte razionale, la ragione dell’anima. Il cavallo bianco (eccellente) è la parte della volontà dell’uomo. Il cavallo nero (balzano) rappresenta la parte concupiscibile (dedita al desiderio).

L’anima è la biga. La ragione cerca di utilizzare il cavallo bianco, indirizzandolo verso l’alto, verso l’iperuranio, prendendo sopravvento su quello nero. Quest’ultimo tende verso il basso, il materiale. Finché la ragione riesce a dare il sopravvento del cavallo bianco su quello nero, l’anima arriva a toccare il vertice (idea del Bene). Se, nonostante gli sforza, prevale quello nero, l’anima precipita vero il basso, la prigionia del corpo.

Gli uomini potranno ricordare; quanto più l’anima ha visto, tanto più l’uomo è facilitato. Solo i filosofi riescono a conoscere tutte le idee; gli uomini normali, precipitando subito, potranno conoscere ben poco.

Dobbiamo cercare di ricordare al meglio, tutte le idee, così dopo la morte, tornando nel mondo iperuranico, avremo più facilità nel raggiungere l’idea di Bene, con il sopravvento della parte razionale.

La giustizia e la comunità umana

Tutta la filosofia platonica si basa sull’indagine delle idee, ma Platone arriva a definire la filosofia come dialettica (indagine dialogica che comporta l’individuazione delle idee). La dialettica è l’arte della dicotomia (divisione in due), necessaria per definire un concetto, in cui si parte da un termine in generale per poi dividerlo appunto e definirlo meglio.

Nel primo libro si danno le possibili definizioni di giustizia; queste vengono poi messe in discussione da Socrate.

L’opera tratta d’argomenti politici, metafisici e di pedagogia. Sullo sfondo dell’opera è trattato il tema della giustizia. Sono trattati anche argomenti più specifici:

A. Platone si domanda qual è lo scopo della comunità umana. Si giunge così all’elaborazione degli ideali della comunità.

La giustizia è la condizione basilare per sviluppare le altre virtù; rende inoltre possibile vivere ed operare in una comunità.

• Cos’ha di positivo la giustizia?

La comunità politica realizza l’idea di giustizia quando c’è qualcuno che arriva a conoscerla.

• Chi sono i filosofi?

B. Viene poi discusso il fine della comunità, cioè realizzare la giustizia. La “repubblica” deve determinare questo fine. La giustizia non è che la condizione basilare per vivere ed operare tra gli uomini.

Si dà giustizia quando ognuno svolge il compito che gli è più proprio. Si arriva così all’armonia della comunità perché ogni uomo ha la propria virtù particolare.

La giustizia si dà quando il sapiente arriva alla saggezza. Chi è sapiente, è automaticamente saggio.

La giustizia è l’armonia delle tre virtù: saggezza, coraggio e temperanza. È anche la somma di tutte le virtù, perché c’è quando ogni individuo realizza la propria attitudine, la propria virtù.

Il filosofo ha una propria virtù per realizzare la giustizia (saggezza). La virtù del filosofo è la razionalità, che deve sviluppare. Il filosofo è colui che fa prevalere il cavallo bianco su quello nero. La restante umanità fa prevalere la parte concupiscibile. Questi arrivano a realizzare la virtù quando temperano il loro compito.

Per parlare della virtù dell’uomo, Platone ritorna al mito dell’Auriga:

  1. Se prevale l’auriga, l’anima è del filosofo;
  2. Se prevale la parte della volontà (cavallo bianco), l’uomo è coraggioso.
  3. Se prevale la parte concupiscibile, l’anima apparterrà a tutti gli altri uomini.

Classi sociali e giustizia

Con tre parti dell’anima, ci devono essere tre classi sociali:

1I custodi dell’anima (filosofi); 2) I custodi materiali (guerriero); 3) Tutti gli altri.

Si dà la giustizia, quando ciascuno realizza la propria funzione.

Perché è necessaria la suddivisione in classi sociali? Che cosa fa sì che un individuo appartenga ad una classe, piuttosto che ad un’altra?

Platone sostiene che lo stato non si dà sulla base della forza di una classe sociale sulle altre, ma deriva da un principio semplice e naturale: la divisione del lavoro è conseguenza dei bisogni e delle attitudini che prevalgono nell’anima stessa. (specializzazione). Far parte di una classe, quindi, non dipende da un fatto ereditario, ma antropologico (dalle qualità umane).

Perché in un individuo prevale una caratteristica rispetto ad un’altra? Platone risponde a questa domanda con il mito delle stirpi, che però è definita dallo stesso una nobile menzogna, non razionalmente esprimibile, serve solo per far capire ai più senza suffragare (sostenere) la teoria. Un individuo, secondo il mito, fa parte di una classe sociale, in base alla sua natura:

Ferrea  3ª classe

Argentea: guerriero.

Aurea  filosofo.

Platone prevede la comunità quando si dà mobilità sociale generazionale (ogni individuo ha già la propria destinazione, ma si dà il mutamento solo con una nuova generazione).

Platone arriva a giustificare non uno stato aristocratico (dei pochi sapienti), piuttosto uno sofocratico (pochi ma casualmente intelligenti).

Per Platone i custodi (filosofi e guerrieri) non devono possedere alcuna proprietà privata, altrimenti quando gestiscono il potere, probabilmente, sono influenzati e non adempiono bene il loro dovere. Oltre a proprietà private, non devono possedere nemmeno proprietà affettive (p.e. non devono conoscere i loro figli). Devono vivere insieme in comunità. Devono sottostare alle leggi politiche quando compiono un’azione. Su di loro vale anche l’eugenetica (con chi devono avere figli).

I guardiani sono felici?

Si, perché realizzano la giustizia in quanto realizzano la loro virtù.

Modello di stato e degenerazione

Nella repubblica platonica c’è un modello di stato. Questo è importante perché permette di giudicare lo stato attuale.

Per Platone il modello di stato è tutto ciò che ha finora detto.

Parla poi degli stati reali; tutte queste forme sono degeneri, perché mancano di qualcosa rispetto al modello.

Platone classifica questi stati:

Timocrazia: (timo = onore). È il governo di pochi che agiscono in base all’onore e alle ambizioni personali.

Oligarchia: (oligo = pochi). È il governo di pochi sulla base del censo (ricchezze). Solitamente i pochi sono i proprietari terrieri.

Democrazia: (demo = popolo). Platone intende la d. come la nostra attuale demagogia. Per Platone con la democrazia c’è il governo di licenza: ogni persona fa ciò che gli pare.

Il demagogo è la persona che fa un discorso solo per ottenere il favore del popolo, senza poi realizzare quello che ha detto.

-> Platone è antidemocratico, anche perché dice che il governo è dei pochi, solo di coloro che hanno la competenza.

Tirannide: al potere c’è colui che lo esercita per favore personale, attraverso il consenso popolare.

Questo Stato ha sicuramente una struttura antidemocratica perché:

  • La società è gerarchizzata.
  • C’è una rigida divisone del lavoro (No mobilità sociale, solo generazionale).
  • La politica è a carattere ereditario.
  • C’è la tendenza statalista perché lo stato interviene oltre le sue prerogative.

Critica alla democrazia e governo dei sapienti

Lo Stato ha il pieno controllo della società -> totalismo (controllo anche dei pensieri).

Per Platone non vi è peggior dittatura di quella che ha l’apparenza della libertà:

Se una persona s’impone con la forza, i suoi sottoposti, pur recitando la sua parte, sono consapevoli della situazione e preferirebbero la sua decaduta.

Se una persona s’impone con la sua capacità dialettica, i suoi sottoposti non ne hanno la consapevolezza e non c’è dunque la possibilità di ribellarsi. Formalmente c’è la libertà di scelta, ma in realtà l’individuo è totalmente condizionato dal capo.

È giusto che siano i filosofi (i sapienti) a governare perché:

  1. Solo loro possono prendere le decisioni opportune.
  2. Con gli aristocratici c’è sempre la possibilità di una dittatura.

Gli studiosi hanno interpretato in diverso modo l’idea di democrazia per Platone:

  1. Lettura da sinistra: favorevole perché Platone pone il problema della proprietà privata dei custodi.
  2. Lettura da destra: negativa perché Platone sostiene che il fine della democrazia è la dittatura e una società chiusa.

“Con la rivoluzione francese viene meno il potere del sovrano; con il suffragio (non universale) si arriva ad istituire il parlamento.

I sostenitori della democrazia per il bene sociale si siedono a sinistra (riformatori); quelli legati ancora alla monarchia, alle tradizioni si siedono a destra. I più radicali si siedono in alto. Quelli promotori della stabilità si pongono al centro.

Quelli di sinistra propongono le riforme in senso democratico, sociale -> progressisti.

Quelli di destra vogliono mantenere l’ordine.”

Educazione e conoscenza in Platone

Prima di custodire gli altri, i filosofi devono custodire se medesimi e quindi istruirsi. Solo con l’educazione, infatti, si educa alla scienza. Quest’ultima è la conoscenza perfetta.

La conoscenza per Platone si dà a gradi.

Se sento il rumore che fa un oggetto, non sono sicuro dell’esistenza di questa cosa. In questo caso ci si trova nella conoscenza sensibile (udito) ed in particolare nell’immaginazione.

Se credo che l’oggetto ci sia realmente e ne sono sicuro, la conoscenza diventa, in questo caso, fede.

La ragione scientifica si dà con la meditazione (lunghi passaggi per arrivare ad un risultato). Si parla qui d’idee matematiche.

La filosofia si dà solamente attraverso la conoscenza intuitiva. Le idee sono etiche.

Se ci sono quattro gradi di conoscenza (gnoseologici), ci sono altrettanti gradi d’essere (ontologici).

Come si può fare il “salto di qualità” da un tipo di conoscenza all’altro?

C’è bisogno della matematica perché questa unisce la conoscenza sensibile (il mondo delle cose) con la conoscenza razionale (idee): permette il passaggio dal mutevole all’immutevole. Unisce la qualità con la quantità.

La matematica è legata al sensibile ed è inferiore alla filosofia.

Calcolare = contare;

Pitagora considerava stessa cosa il concreto e l’astratto;

La matematica parte da ipotesi che non sono dimostrate (postulati).

Il modello educativo dei filosofi si articola in questo modo:

  1. Prima c’è un momento pre - conoscitivo, di preparazione allo studio. Si deve basare sulla musica e sulla ginnastica. È un momento che non termina.
  2. C’è poi lo studio vero e proprio. Questo si deve basare su 5 materie propedeutiche:

    A. Aritmetica.

    B. Geometria (superfici).

    C. Stereometria (3 dimensioni).

    D. Astronomia (armonia astri).

    E. Musica (armonia per eccellenza).

Si passa poi allo studio della filosofia = dialettica (studio della conoscenza).

C’è un tirocinio che va da 35 a 50 anni d’età del reggitore, tale solo dopo i 50.

Questo è il mito dei miti di Platone perché con esso vengono alla luce gli elementi essenziali della dottrina platonica.

Il mito della caverna

Gli schiavi della caverna sono legati e rivolti verso il fondo. Possono vedere solo le ombre delle statue portate da altri uomini (situati sul ciglio dell’entrata dell’antro dietro un muro) e sentirne le voci scoordinate. Vogliono dare un significato a ciò che percepiscono.

Un uomo riesce a liberarsi con fatica e si gira. S’accorge che la realtà non sono le ombre, ma gli oggetti sopra il muro.

Salendo fa una gran fatica. La luminosità aumenta ed il filosofo è costretto a rivolgere lo sguardo verso il basso, altrimenti accecato. S’accorge che gli uomini non le cose sono la realtà.

C’è però un’altra realtà: le stelle riflesse nello stagno.

Lentamente il filosofo s’abitua alla luce e riesce a guardare verso l’alto. Riesce a guardare le stelle e infine il sole.

L’uomo ironizza sulla realtà alla quale credevano gli altri uomini.

Decide di illuminarli e discende nella comunità. Tornando nella caverna è ceco a causa del buio improvviso. Qui i veri sapienti sono coloro che danno un senso alle voci e alle ombre; il filosofo viene deriso e, se troppo fastidioso, ucciso.

Interpretazioni:

La caverna è il corpo che tiene rinchiusa l’anima o il nostro mondo. Gli schiavi sono gli uomini; le catene sono le passioni; le ombre, le immagini superficiali; le statue, le cose del mondo; il fuoco, il principio fisico con cui i primi filosofi spiegavano la realtà. L’uomo si libera con fatica grazie alla filosofia. Il mondo fuori della caverna rappresenta le idee; le idee riflesse nello stagno sono quelle matematiche (legate al sensibile); le stelle, le idee etiche; il sole, l’idea del Bene.

La prima tentazione del filosofo è starsene lì; poi subentra il dovere filosofico di spiegare il mondo esterno agli uomini; il filosofo nella caverna non ci vede più ed è deriso; se dà fastidio viene ucciso (Socrate); chi interpreta le ombre sono i falsi sapienti.

Quattro gradi ontologici (ombre, statue, idee riflesse, stelle).

Quattro gradi conoscenza (eikasìa, pìstis, diànoia, nóesis).

C’è la necessità di un uomo nell’arrivare a conoscere attraverso lo sforzo etico.

“Il sapere è potere”: viene alla luce la concezione politica platonica. Il filosofo deve ridiscendere nella società per riformarla nel modo più giusto.

schema sul pensiero filosofico di Platone

Arte e filosofia

L’arte è imitazione di un’imitazione – natura (è tre volte lontana dal vero = è al terzo grado). L’arte rappresenta le passioni degli uomini. La tragedia, per esempio, esalta le passioni, non la ragione con la quale si arriva alla verità. È quindi corruttrice dell’anima.

Nella realtà ci sono due prospettive educative: la tradizione (fa riferimento al passato) e la filosofia. -> L’arte ha un senso quando diventa strumento della filosofia (Mito).

Problemi del dualismo platonico

I problemi che si pongono al vecchio Platone e che nascono dall'esigenza di mitare il rigido dualismo tra mondo delle idee e delle cose sono fondamentalmente due:

  1. come dev'essere adeguatamente pensato il mndo delle idee?(sofista)
  2. come va convenientemente concepito il rapporto tra le idee e le realtà naturali?

Teoria dei generi somi

Parmenide: "solo l'essere è, mentre il non essere non è") Platone si trova di fronte al problema do conciliare la pluralità delle sue idee con l'unicità dell'essere parmenideo. Si trova quindi costretto ad uccidere filosoficamente Parmenide.

Per spiegare come possano esistere più idee e come esse possano comunicare tra loro, Platone elabora la teoria dei generi somi, ossia le caratterisxtiche universali che tutte le idee devono avere:

  • l'essere
  • principio di identità (ogni cosa è uguale a sè stessa)
  • principio di diversità (ogni essere è diberso dagli altri)-ne deriva il valore predicativo e copulativo del verbo essere-
  • concetto di quiete
  • concetto di moto

Da qui trae una definizione dell'essere: l'essere è possibilità -qualunque osa possa agire o subire(-verbi attivi e passivi-) da pate di un'altra cosa un'azione, anche per una sola volta--ne deriva il concetto di relazione: esiste tutto cò che può entrare in relazione(si applica come i 5 generi a tutti gli esseri

Nella repubblica viene definita come la scienza delle idee-valori.

Nel Fedro viene definita come la tecnica stessa del discorso filosofico, che si svolge attraverso due momenti:

  1. determinazione e definizione di una certa idea
  2. divisione dell'idea nelle sue varie articolazioni interne

Nel sofista c'è l'organica messa a punto del procedimento dialettico: l'arte dialettica parte dal presupposto della possibile comunicazione tra le idee(infatti se tutte le idee comunicassero tre loro come volevano gli eristi, ogni decorso sarebbe vero e la dialettica non avrebbe più senso; se nessuna idea comunicasse con le altre come volevano i cinici non sarebbe possibile nessun tip di discorso). in sintesi la tecnica dialettica consisterà nel definire mediante successive identificazioni e diversificazioni, attraverso un processo dicotomico, che avanza dividendo per due un'idea fino a giungere a un'idea indivisibile

Il Demiurgo e il mondo delle idee

Con questo mito rivede i rapporti tra le idee e le cose.

Il Demiurgo non è né un uomo né un Dio, è il termine medio che permette l’imitazione. Proprio perché sta a metà strada, ha a che fare sempre con una visione del mondo delle idee; guardando il mondo materiale, invece, gli appare senza forma, una chora (caos informe soggetto alla necessità). Il Demiurgo, spinto da una sorta di “bontà” (è amante del bene), cerca di ordinare, plasmare le cose in base a ciò che ha visto. Non ha quindi capacità creative. Accade però che tutto non si lascia ordinare: la materia in sé non è perfetta come le idee.

 Il Demiurgo determina la possibilità di imitazione.

Il mondo iperuranico è incorruttibile: come dare un’immagine dell’eternità? Attraverso il tempo (ordinato, regolare e stabile) che riflette il movimento degli astri.

Tempo:"immagine mobile dell'eternità" (il tempo con il suo succedersi ordinato riproduce, nella forma del movimento, l'ordine immutabile dell'eternità)

"Si deus est, unde malum?"

Se Dio è tutto, da dove proviene il male? Platone sosteneva che il Demiurgo non è responsabile del male (ha solo ordinato il caos informe che c’è da sempre), la materia è responsabile perché dà una “resistenza” alla perfezione.

Platone nel time giunge a interpretare i numeri come schemi strutturali delle cose, e a fare della matematica la "sintassi del mondo", cioè il codice di interpretazuione di tutto ciò che esiste.

1600: Galileo "Dio ha creato il mondo con figure geometriche".

Concezione della storia come regresso da una mitica età primordiale e ritornando quindi a un'immagine mitica del passato.

Democrito e Sofisti: storia come progresso.

Concezione della storia e legge

Platone arriva a capire che la “Repubblica” è solo un modello ideale. Prende come atto l’impossibilità di una comunità ideale. Nel “Politico” si domanda quale deve essere la caratteristica più propria dell’arte del reggitore.

La giusta misura: bisogna trovare un compromesso tra gli estremi. Il politico per esempio, dovrebbe possedere la saggezza, ma in realtà non accade mai. Sostiene che è meglio l’uomo rispetto alla legge perché quest’ultima regola in modo uguale, universale tutti gli uomini (hanno diverse necessità). La legge è però necessaria perché non si può permettere ad una persona di fare ciò che desidera. Non ci sono più i custodi (né i filosofi al sapere, né i guerrieri), ma solo persone che amministrano la legge. Cade il discorso del comunismo platonico e si ritorna alla tradizione.

La legge per aver effetto deve avere anche sanzioni. La pena non deve avere una funzione punitiva, bensì rieducativa.

In questa società continua ad intervenire lo stato (statalismo).

Prevede l’istituzione del consiglio notturno, istituto che controlla le attività umane, anche da un punto di vista morale.

Anche la religione può servire per la legge; tende infatti a rendere sacre queste regole.

La religione platonica è astrale perché ritrova le divinità negli astri, in quanto rappresentano il movimento perfetto.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il ruolo del dialogo nella filosofia di Platone?
  2. Platone utilizza la forma del dialogo per rimanere fedele al suo maestro Socrate, concependo lo scrivere come una trascrizione del dialogo. Questo metodo permette di presentare teorie proprie e avversarie, favorendo un filosofare aperto e argomentativo.

  3. Come Platone concepisce il rapporto tra idee e cose?
  4. Platone vede un rapporto di mimesi tra idee e cose, dove le idee sono l'originale e le cose le copie. Le idee sono presenti nelle cose attraverso la parusia e le cose partecipano delle idee tramite la metessi.

  5. Qual è la concezione platonica dell'immortalità dell'anima?
  6. Platone sostiene l'immortalità dell'anima attraverso la dottrina della reminiscenza e il mito di Er, affermando che l'anima, simile alle idee eterne, rivive dopo la morte del corpo e conserva il ricordo delle idee viste nel mondo iperuranico.

  7. Come Platone vede la struttura ideale dello Stato?
  8. Platone immagina uno Stato gerarchico e antidemocratico, dove i filosofi governano grazie alla loro saggezza. La giustizia si realizza quando ogni individuo svolge il compito più adatto alla sua natura, con una rigida divisione del lavoro basata sulle attitudini dell'anima.

  9. Qual è la critica di Platone all'arte imitativa?
  10. Platone condanna l'arte imitativa perché è un'imitazione di un'imitazione, lontana dalla verità. L'arte esalta le passioni e non la ragione, corrompendo l'anima. Tuttavia, l'arte può avere un senso se diventa strumento della filosofia, come nel caso del mito.

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