Concetti Chiave
- Platone definisce l'Amore come una tensione spirituale verso il bene, non solo un ideale casto e irraggiungibile.
- Nel "Simposio", un banchetto filosofico, diversi personaggi discutono sull'Eros, culminando con il mito dell'Androgino raccontato da Aristofane.
- Il mito dell'Androgino descrive esseri originari divisi dagli dèi, il cui desiderio di ricongiungersi rappresenta la nascita dell'Amore.
- Socrate, ispirato da Diotima, presenta Eros come un demone tra bellezza e povertà, simbolo dell'incessante ricerca di bellezza e conoscenza.
- Nel "Fedro", Platone usa l'allegoria della biga alata per descrivere l'anima, che lotta tra desideri corporei e l'aspirazione alla bellezza eterna.

Indice
Amore platonico ed Eros, significato
Nel linguaggio comune siamo abituati a riferirci all’”amore platonico” come a un sentimento puramente ideale che non trova il proprio corrispettivo su un piano fisico.
Quello a cui alludiamo è un amore puro e casto che vive di ideali ed è totalmente slegato dalla realtà. Per questo non si tradurrà mai in azione di conquista del proprio oggetto del desiderio, ma rimarrà sempre idealizzazione del soggetto amato. Questo modo di dire e di pensare trae sicuramente un fondamento dal concetto di amore in Platone, ma non ne rispecchia la caratteristica principale. Né tantomeno ne soddisfa pienamente il valore filosofico. Per Platone infatti l’Amore, l’Eros, è “tensione”, “desiderio” spirituale verso il bene: che sia il sapere, la bellezza, la vita buona, la filosofia. E di questa idea, centrale nella sua filosofia, ce ne parla in due importantissimi dialoghi della maturità: il Simposio e il Fedro.
Il Simposio, un dialogo sull’amore
Il Simposio è il dialogo platonico dedicato al tema dell’Eros, della ricerca della verità e della bellezza. L’opera racconta di un banchetto tenutosi a casa del poeta Agatone per festeggiare insieme a importanti personalità dell’epoca la sua vittoria in un agone tragico. Al banchetto sono presenti il poeta Fedro, il retore Pausania, il medico Erissimaco, il poeta Aristofane, Agatone stesso, Socrate e il suo allievo Aristodemo. Dopo aver mangiato, tutti gli invitati si ritrovano a filosofeggiare e scelgono un argomento su cui farlo. È Fedro a coinvolgere gli invitati in un elogio su Eros. A turno ogni commensale espone la sua teoria sull’amore. Molto celebre, oltre al discorso di Socrate che chiude il cerchio, quello di Aristofane, che presenta il famoso mito dell’Androgino.
Il mito dell’Androgino: Amore figlio dell’incompletezza
Il mito dell’Androgino raccontato da Aristofane ripercorre le basi della teoria dell’Eros di Platone. Secondo il mito, un tempo gli uomini erano degli esseri mostruosi e potenti suddivisi in tre generi: il maschile, il femminile, e l’androgino. Erano composti, a seconda del genere, di due metà maschili, due metà femminili e una metà maschile e una metà femminile. Avevano due teste, quattro gambe e quattro braccia poste alle estremità esterne. Ed erano esseri eterni con un forte slancio vitale. Sentendosi minacciati dall’ambizione di questi esseri, gli dei dell’Olimpo decidono di punirli, depotenziarli. E così, Zeus li divide in due. Da ogni essere si separano uomo e uomo, donna e donna, uomo e donna. Così, gli esseri indeboliti cominciano a vagare alla ricerca della propria metà perduta. E danno inizio alla prima manifestazione di Amore: desiderio di unione, senso di incompletezza, desiderio di ricongiungersi con la metà perduta. Quando trovano la propria metà, questi mezzi uomini e mezze donne si abbracciano insieme fino a lasciarsi morire.
Questa divisione a cui li hanno sottoposti gli dei potrebbe causare la fine del genere umano. Come garantire che essi sopravvivano? Come far si che gli dei siano ancora dei per qualcuno?
Così, per evitare il pericolo di estinzione, le divinità decidono di donare agli uomini la possibilità di riprodursi: voltano il volto, gli arti, i genitali.
Parla Socrate, la nascita di Eros
Siamo ancora nel Simposio e ancora a casa di Agatone, dove tutti gli invitati prendono la parola e tessono un elogio nei confronti di Eros. È il turno di Socrate che annuncia che quanto dirà gli è stato suggerito da Diotima, una donna saggia (diversamente da come erano considerate le donne a quel tempo) che da ragazzo lo ha istruito proprio su questo tema. Secondo Diotima l’amore non è né bello né brutto, ma è un demone (daimon) a metà tra sapienza e ignoranza, tra umano e divino, tra mortale e immortale. E spiega a Socrate la genealogia di Eros, che egli riporta ai suoi compagni commensali. Eros è figlio di Poros, “Abbondanza”, un dio che impersona tutte le qualità positive di bellezza e bontà. La madre invece è Penia, “Povertà”, una viandante che non ha nulla, e che impersona tutto ciò che c’è di positivo. Penia, che incontra Poros durante i festeggiamenti per la nascita di Afrodite, la Bellezza, si fa ingravidare. E da questa unione nascerà appunto Eros, figlio di povertà e desideroso di bellezza.
Amore, sempre più desideroso di bellezza, compie un cammino verso l’alto che si appaga solo al culmine della conoscenza. Da qui, Diotima spiega a Socrate gli stadi di amore:
- L’amore per il bel corpo, cioè la prima vista è quella che fa innamorare, il cosiddetto eros platonico;
- L’amore per le anime, al plurale cioè la compagnia dell'amato, la sua conoscenza, tutto ciò che segue la bellezza esteriore;
- La persuasione che la bellezza dell’anima superi quella del corpo, e cioè la sollevazione di sé verso l'altro;
- L’amore per le opere create dall’uomo e cioè la fascinazione, l'armonia tra le diverse attività della nostra anima;
- L’amore per la bellezza in sé, l’idea di bellezza e cioè la fortezza d'animo che genera la conoscenza, e poi l'amore, di sé tramite l'altro

L’amore nel Fedro, il mito della biga alata
L’altro dialogo in cui Platone affronta il tema dell’amore è il Fedro. Qui Platone riprende il tema della bellezza come annunciato nel Simposio e spiega come fa l’anima a raggiungerla.
Nel Fedro Platone ci parla di nuovo attraverso il mito raccontandoci l’anima umana tramite l’allegoria della biga alata. L’anima è come una coppia di cavalli alati guidati da un auriga, che ha lo scopo di condurla verso il mondo dell’iperuranio. L’auriga che rappresenta la parte razionale, vuole innalzare l’anima ed è assecondato dal cavallo bianco, l’anima irrazionale che rappresenta però la parte spirituale dell’anima. Il cavallo nero invece è la parte irrazionale che rappresenta i desideri negativi, quelli corporei, e opponendosi all’auriga lo trascina verso il basso. Per questo a volte l’anima cade nel mondo terreno e si incarna in un essere terrestre che vive con il ricordo dell’iperuranio, a cui brama tornare. L’anima che ha visto più a lungo l’iperuranio, domando meglio il cavallo nero, si incarnerà in un uomo dedito all’amore e alla sapienza.
Per ulteriori approfondimenti sul Simposio vedi anche qua
Domande da interrogazione
- Qual è il significato dell'amore platonico secondo Platone?
- Cosa rappresenta il mito dell'Androgino nel Simposio di Platone?
- Come viene descritto Eros nel discorso di Socrate nel Simposio?
- Qual è l'allegoria utilizzata nel Fedro per descrivere l'anima umana?
- Quali sono gli stadi dell'amore secondo Diotima nel Simposio?
L'amore platonico, secondo Platone, è una tensione spirituale verso il bene, come il sapere, la bellezza e la filosofia, piuttosto che un sentimento puramente ideale e casto.
Il mito dell'Androgino rappresenta l'amore come desiderio di unione e senso di incompletezza, dove gli esseri umani cercano la loro metà perduta per ricongiungersi.
Eros è descritto come un demone a metà tra sapienza e ignoranza, figlio di Poros (Abbondanza) e Penia (Povertà), che desidera la bellezza e compie un cammino verso la conoscenza.
Nel Fedro, l'anima umana è descritta tramite l'allegoria della biga alata, con un auriga che guida due cavalli, uno bianco e uno nero, rappresentando rispettivamente la parte razionale e i desideri corporei.
Gli stadi dell'amore secondo Diotima includono l'amore per il bel corpo, l'amore per le anime, la persuasione della bellezza dell'anima, l'amore per le opere create dall'uomo e l'amore per la bellezza in sé.