carolina.della
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Concetti Chiave

  • Il sistema giudiziario dell'antica Atene era centrato sul tribunale dell'Elia, dove i processi erano brevi e richiedevano l'intervento di logografi per la difesa.
  • I sofisti, come Antifonte e Trasimaco, hanno criticato la giustizia umana, vedendola spesso come un mezzo per i potenti di mantenere il controllo.
  • Socrate, con il suo metodo socratico, sfidava il pensiero sofistico e fu condannato a morte dalla debole democrazia ateniese per le sue idee considerate minacciose.
  • Platone considerava la giustizia come un ordine armonico nella società, essenziale per il bene comune e il fondamento delle leggi.
  • Erri De Luca, scrittore contemporaneo, ha sempre lottato per la giustizia e la verità, affrontando accuse di reato di opinione e sostenendo cause umanitarie.

Indice

  1. Origini e significato della giustizia
  2. Sistema giudiziario dell'Antica Atene
  3. Dibattito sofistico sulla giustizia
  4. Socrate e la democrazia ateniese
  5. Platone e la giustizia universale
  6. Erri De Luca e la giustizia
  7. Democrazia e giustizia moderna

Origini e significato della giustizia

Il termine “giustizia” deriva dal latio “iustus” (“giusto”) che deriva da “ius” (“diritto”). Esso indica una legge, cioè una prescrizione per la comunità, che può derivare dalla natura, dagli dei o può essere positiva.

Sistema giudiziario dell'Antica Atene

Il perno principale del sistema giudiziario dell’Antica Atene era il tribunale dell’Elia.

Solo chi si riteneva leso in qualcosa poteva promuovere un’azione legale. Per le cause private era previsto un tentativo di conciliazione e se questo non andava a buon fine si andava in tribunale. Entrambi i contendenti dovevano sostenere le proprie ragioni attraverso un logografo che sfilava l’orazione. Il processo non poteva durare più di un giorno e quest’ultimo era calcolato dal mese di Poseidone. In caso di condanna una seconda riunione dei giudici fissava la pena altrimenti, dopo un verdetto assolutorio, il processo terminava.

Dibattito sofistico sulla giustizia

Nel periodo della crisi della pòlis si inaugura un dibattito con i sofisti: Antifonte con la svalutazione delle leggi umane e con l’illusorietà della giustizia, Trasimaco con la disuguaglianza per natura e Callicle con la tirannia dei più deboli.

Verso la metà del V secolo a.C. egli sottolinea la differenza tra leggi di natura, quindi norme universali, e leggi umane, considerate arbitrarie. Secondo Antifonte la legge di natura innalza alla giustizia e quindi all’uguaglianza. Le leggi umane, invece, chiamate anche leggi “positive” (positivo: ciò che è stabilito dagli uomini e che si oppone alle leggi naturali), risultano condizionate dalle situazioni.

Secondo tale sofista la giustizia è illusoria perché affidata alle leggi della città che spesso non proteggono l’offeso. Infatti spesso il colpevole con la forza della persuasione riesce a convincere i giudici della propria innocenza.

Secondo Trasimaco gli uomini non sono uguali per natura e la loro disuguaglianza è rispecchiata dall’ordine sociale. Infatti come in natura prevale il più forte così in politica prevale chi è più convincente e capace. In questo modo la giustizia viene interpretata secondo criteri utilitaristici e la legge diventa lo strumento utilizzato dai più potenti per far prevalere il proprio interesse.

Callicle, per il tema della giustizia, riprende il conflitto tra “nòmos” (legge) e “physis” (natura). Egli sostiene che le leggi sono strumenti utilizzati dai più deboli per tutelarsi nei confronti dei più forti. In natura, invece, accade il contrario: i più forti sottomettono i più deboli. Secondo il sofista quest’ultimo rapporto dovrebbe essere anche alla base della vita politica.

Socrate e la democrazia ateniese

Socrate è il filosofo greco che per primo si distaccò dal pensiero sofistico. Il suo metodo di insegnamento, detto “metodo socratico”, invitava i giovani a capire fino in fondo i momenti della vita politica e soprattutto portava l’interlocutore al completo utilizzo della ragione.

Dopo la dittatura del governo dei 30 tiranni, ritornò la democrazia al potere. Quest’ultima però, siccome molto debole, condannò a morte il filosofo perché vedeva i suoi insegnamenti come una minaccia. Egli fu accusato e riconosciuto colpevole di non onorare gli dei e di aver corrotto i giovani. In questo caso la giustizia è stata utilizzata dai più potenti (i democratici) per liberarsi di coloro che impedivano di raggiungere i loro scopi (Socrate). Inoltre l’allievo più amato da questo filosofo, Platone, nelle sue opere parlerà di “democrazia bagnata di sangue”, ovvero di quel regime politico che garantiva la libertà di parola e di espressione ma, compiendo un’ingiustizia, la negò a Socrate e il suo sangue venne versato (condanna a morte).

I sofisti riescono ad evidenziare la differenza tra il livello universale dei principi di giustizia “naturali” e quello relativo delle leggi umane.

Zagrebelsky espone una riflessione nella quale tenta di mediare tra queste 2 posizioni. Da un lato espone la giustizia in un dibattito politico alla ricerca di “valori sostanziali e universali”, dall’altro afferma che i criteri universali riguardano ciò che è ingiusto. Secondo il letterato, infatti, in ogni uomo esiste un innato “sentimento del diritto” o “senso dell’ingiustizia” che consiste nella naturale reazione contro le azioni che ripugnano. Tale sentimento ha quindi carattere negativo perché ci segnala cosa è inaccettabile dal punto di vista etico.

Platone e la giustizia universale

Il tema della giustizia è il centro della filosofia di Platone. Per il filosofo la giustizia è il confluire delle cose in un ordine globale tali da rispecchiare l’idea suprema del Bene. Infatti non si può affrontare il tema della giustizia senza conoscere il Bene. L’opera “La Repubblica” di Platone è un dialogo dedicato al tema della giustizia. Essa è essenziale per la comunità, è alla base delle leggi, deve precedere ogni comandamento. La giustizia è armonia per lo stato, cioè si ha giustizia quando ciascun componente della società (comandanti, guerrieri e lavoratori) svolgono a pieno il proprio ruolo.

Erri De Luca e la giustizia

Nato a Napoli il 20 maggio del 1950, Erri De Luca è un autore che si è sempre lasciato ispirare dalle persone che conosce, perché “le storie non se le inventa”. Prima di scrivere ha svolto tanti mestieri, infatti è sempre stato un personaggio che non è mai stato ad oziare. Il successo è arrivato nel 1989 con il romanzo “Non ora, non qui”. I suoi libri sono stati prodotti in più di 30 lingue, molti sono stati anche vincitori di alcuni concorsi, e fece dell’autore napoletano lo scrittore italiano del decennio. Fin da giovanissimo si è sempre battuto per la ricerca della verità e della giustizia, fin quando nel 2013 è stato incriminato per istigazione e commettere reati. Durante gli anni del processo egli ha ricevuto molta solidarietà perché erano anni che non si accusava uno scrittore per reato di opinione, un’accusa tanto ingiusta quanto stupida. A sua difesa pubblicò “La parola contraria” dove ha fatto chiarezza sulle accuse ricevute. L’ultima battaglia che sta combattendo è quella sulle “ONG”.

“Io sto con questi pescatori di uomini che salvano migranti nel Mediterraneo”

In questa sua frase egli, senza strumentalizzazione di pensiero, esprime l’amore per la vita, per la fratellanza e per la pace.

Democrazia e giustizia moderna

Per nostra fortuna, viviamo in un Paese libero, democratico e repubblicano. Il fondamento essenziale per una vera democrazia consiste nella partecipazione di tutti alla vita politica della propria nazione. Se democrazia significa “governo del popolo”, questo vuol dire che tutti dobbiamo sentirci coinvolti in ciò che il governo fa o decide e negli errori che compie. Tra i compiti di uno Stato democratico c'è quello di emanare leggi che siano uguali per tutti i cittadini i quali sono tenuti a rispettarle. Lo Stato impone di rispettare le leggi e di comminare pene a coloro che le violano, secondo la giustizia. Essa indica la libertà dei cittadini che devono sentirsi tutelati e, allo stesso tempo, sicuri che le decisioni dei magistrati abbiano le stesse conseguenze per tutti. Un moderno Stato democratico deve quindi amministrare la giustizia in modo equo ed efficace, in modo da garantire ai propri cittadini la loro uguaglianza davanti alle leggi, nel rispetto dei loro diritti, così come dei doveri a cui sono chiamati in quanto facenti parte di una società civile.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il concetto di giustizia nell'Atene democratica?
  2. Nell'Atene democratica, la giustizia era vista come una legge o prescrizione per la comunità, derivante dalla natura, dagli dei o come legge positiva stabilita dagli uomini.

  3. Come funzionava il sistema giudiziario nell'antica Atene?
  4. Il sistema giudiziario si basava sul tribunale dell'Elia, dove solo chi si riteneva leso poteva promuovere un'azione legale. Le cause private prevedevano un tentativo di conciliazione e, se fallito, si andava in tribunale, con processi che non duravano più di un giorno.

  5. Qual era la visione di Antifonte sulla giustizia?
  6. Antifonte distingueva tra leggi di natura, universali, e leggi umane, arbitrarie. Considerava la giustizia illusoria poiché spesso le leggi della città non proteggevano l'offeso, permettendo al colpevole di convincere i giudici della propria innocenza.

  7. Come Platone interpretava la giustizia?
  8. Platone vedeva la giustizia come l'armonia dello stato, dove ogni componente della società svolgeva il proprio ruolo. La giustizia era essenziale per la comunità e doveva precedere ogni comandamento, rispecchiando l'idea suprema del Bene.

  9. Qual è il ruolo della giustizia in uno Stato democratico moderno?
  10. In uno Stato democratico moderno, la giustizia deve essere amministrata in modo equo ed efficace, garantendo l'uguaglianza dei cittadini davanti alle leggi e rispettando i loro diritti e doveri, assicurando che le decisioni dei magistrati abbiano le stesse conseguenze per tutti.

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