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Concetti Chiave

  • Il concetto di dolore è variabile, influenzato da epoche, culture e contesti sociali, con la cultura orientale che lo associa a una sapienza terapeutica specifica.
  • Nel mondo occidentale, la percezione del dolore è cambiata, dalla visione fatalistica dei greci antichi alla società postmoderna con terapie avanzate per la sofferenza psichica.
  • Per i greci, il dolore era una parte ineluttabile della vita, connesso alla morte e al tragico, da accettare con dignità e conoscenza piuttosto che da vincere.
  • Nell'ultima filosofia greca, il dolore era visto come una manifestazione del non-essere, un'illusione destinata a non durare, suggerendo una prospettiva ontologica.
  • Le religioni precristiane interpretavano il dolore come il risultato di una lotta tra i principi del Bene e del Male, influenzando la felicità e la sofferenza umana.

Indice

  1. Evoluzione storica del dolore
  2. Concezione greca del dolore
  3. Realismo e filosofia greca
  4. Religioni antiche e dolore

Evoluzione storica del dolore

Il dolore, per l’uomo, c’è sempre stato, ma l’atteggiarsi nei suoi confronti non è statico, sia a livello individuale che collettivo. Ogni epoca, società, cultura, ambiente umano, ha prodotto mentalità diverse, modi diversi di concepire il dolore, modi diversi di decifrarlo teleologicamente. Basta un cenno alla cultura orientale, con una concezione del dolore correlata ad una precisa sapienza terapeutica. Sarebbe dunque di qualche interesse ricostruire una “storia del dolore”, intesa come analisi puntuale del mutare dell’atteggiamento nei suoi confronti.

Indubbiamente, limitandoci al contesto occidentale, l’uomo antico o medievale percepivano il dolore in modo molto diverso dall’uomo moderno e contemporaneo. Nella società postmoderna, si fanno i conti con la rivoluzione telematica, in cui le sofisticate terapie per la sofferenza psichica sembrano aver drasticamente elevato la soglia di liberazione dal dolore somatico e in parte psichico, pur lasciando inevasa la questione della sofferenza esistenziale. Quel che è certo, in chiave comparativa, è che le cose stanno ben diversamente rispetto a quanto accadeva in passato.

Concezione greca del dolore

Nel caso del mondo greco antico, il dolore era accolto in modo fatalistico, anche se il fatalismo greco ha un’accezione particolare: il fato è anche benedetto e va colto in modo positivo. Non solo la filosofia, ma anche la lirica, la tragedia, etc, tutto è dominato da una visione fatalistica, non c’è via d’uscita possibile dal dolore e riscatto alcuno. Domina la grande Ananke. In tal modo la sofferenza, così come il male e la morte, è in sostanza intrascendibile, insuperabile. Il dolore per i greci è esperienza di morte, ed in questo senso è tragedia. Ma appartiene al tragico come dimensione dell’ineluttabile. Nulla è più ineluttabile del movimento verso la morte, sigillo della necessità impresso su ogni vivente, della quale il dolore è espressione. Su questa base ogni dolore potrebbe dirsi tragico, cioè non è nella mani dell’uomo ma del divino. Dunque l’unica possibile umana dignità è la sua conoscenza, un approccio gnoseologico. L’uomo degno per il mondo greco è colui che conosce il suo destino e non lo elude. Non per vincere il dolore, ma per farlo rientrare in una logica. Esso aggredisce fintantochè non interviene il sapere che lo domina e lo riconduce alla pienezza del tutto e dell’essere. Questo approccio può attenuare angoscia e pessimismo, riducendo l’individuo ad una fatale accettazione della sua condizione di vivente destinato alla morte. Accettazione liberatoria e catartica. Per la quale comunque il dolore scomparirà con la scomparsa della vita.

Realismo e filosofia greca

I greci dunque erano terribilmente realisti, non accettando illusorie vie di attenuazione. Nell’ultima filosofia greca, di ispirazione plotiniana e neoplatonica, ciò ha trovato anche una propria traduzione di carattere ontologico: nella teoria ontologia che il dolore, quale epifania del negativo umano, è in sé non-essere, una sorta di meontologia del dolore. Vale a dire il dolore è una dimensione contingente dell’esistente destinata a rivelarsi alla fine semplicemente nulla. Queste soluzioni meontologiche, siano religiose o filosoficamente formulate, introducono comunque una variante in rapporto alla concezione greca generale, implicando la convinzione della non definitività della nostra dimensione storica e attuale del vivere, e implicano la possibilità di un rinvio o di una trasvalutazione di una tale dimensione e condizione al di fuori del tempo. Sofferenza manifestazione del limite dell’esistente contingente.

Religioni antiche e dolore

Nelle religioni più antiche, precristiane, la realtà del dolore è spesso riferita ad una lotta tra due principi (antropomorfizzati), del Bene e del Male. Il secondo invia dolori e il primo contrasta questa prospettiva. La felicità da un lato o il dolore dall’altro dipendo dunque dalla preminenza di volta in volta di uno dei due principi in continua lotta. La prospettiva gnostica.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'approccio della cultura greca antica nei confronti del dolore?
  2. La cultura greca antica accoglieva il dolore in modo fatalistico, considerandolo un'esperienza ineluttabile legata al destino e alla morte, con un approccio che vedeva la conoscenza del proprio destino come unica dignità umana.

  3. Come si differenzia la percezione del dolore tra l'uomo antico e l'uomo moderno?
  4. L'uomo antico percepiva il dolore come un destino ineluttabile, mentre l'uomo moderno, grazie a terapie sofisticate, cerca di elevarsi dal dolore somatico e psichico, pur lasciando irrisolta la sofferenza esistenziale.

  5. In che modo la filosofia greca affronta il concetto di dolore?
  6. La filosofia greca affronta il dolore come una dimensione tragica e ineluttabile, dove l'unica via è la conoscenza e l'accettazione del destino, piuttosto che la sua elusione.

  7. Qual è la visione del dolore nelle religioni precristiane?
  8. Nelle religioni precristiane, il dolore è spesso visto come il risultato di una lotta tra due principi, il Bene e il Male, con la felicità o il dolore dipendenti dalla prevalenza di uno dei due.

  9. Cosa implica la teoria ontologica del dolore nella filosofia neoplatonica?
  10. La filosofia neoplatonica implica che il dolore è una manifestazione del non-essere, una dimensione contingente destinata a rivelarsi nulla, suggerendo una trasvalutazione della condizione umana al di fuori del tempo.

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