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Concetti Chiave

  • Prima della sentenza 51/85, c'era dibattito sulla validità delle norme penali in decreti legge non convertiti.
  • L'articolo 2, comma 6, ora abrogato, estendeva la successione di leggi penali ai decreti non convertiti, creando conflitto con l'art. 77, comma 3 della Costituzione.
  • La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il comma 5 dell'articolo 2 c.p., limitando l'applicabilità delle sue disposizioni.
  • La regola dell'irretroattività della norma penale incriminatrice è stata preservata, proteggendo le condotte durante la vigenza del decreto.
  • Le modifiche più favorevoli al reo non influenzano le condotte antecedenti all'emissione del decreto legge.

Indice

  1. Controversia sul trattamento delle norme penali
  2. Incompatibilità tra norme costituzionali
  3. Decisione della corte costituzionale

Controversia sul trattamento delle norme penali

Fino alla sentenza 51/85 era fortemente controversa la questione in dottrina del trattamento da riservare alle norme penali contenute in un decreto legge non convertito in legge dalle Camere. La difformità di opinioni prendeva avvio dall’art 2 comma 6 a causa dell’incompatibilità tra la materia costituzionale del decreto legge e la sua perdita di efficacia in caso di decadenza ex tunc, e l’art 2 comma 6 (ora abrogato).

Incompatibilità tra norme costituzionali

Il comma 6 infatti prevedeva che “la disciplina generale della successione di leggi penali si estendeva anche ai casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto legge” Vi è totale incompatibilità con l’art 77,3c, cost che stabilisce che i “decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione”. La perdita di efficacia ex tunc sembra quindi inibire lo stesso ingresso di un meccanismo di successione tra leggi, in quanto la successione di leggi presuppone che vi sia stata (anche se per poco) la validità della legge preesistente che, invece , l’articolo 77 comma 3 costituzione esclude.

Decisione della corte costituzionale

La corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il 5 comma (ora 6) dell’articolo 2 c.p. nella parte in cui rende applicabili alle ipotesi da esso previste le disposizioni contenute nei commi 2 e 3 dello stesso articolo 2 c.p.

Con la non inclusione del comma 1 la corte costituzionale ha fatto salvo la regola dell’irretroattività della norma penale incriminatrice. Ciò significa che se con il decreto legge, ad esempio, si abroga una incriminazione preesistente, la sua reviviscenza (a seguito della caducazione del decreto legge) non potrà spiegare effetti rispetto alle condotte realizzate nel periodo di provvisoria vigenza della norma contenuta nel decreto, che restano non punibili, in quanto non costituenti reato “secondo la legge del tempo in cui furono commesse”(art2,comma1c.p.).

Di contro né l’abolitio criminis, né le modificazioni in senso più favorevole al reo potranno spiegare effetto nei confronti delle condotte antecedenti all’emanazione del decreto.

Domande da interrogazione

  1. Qual era la questione controversa riguardo ai decreti legge non convertiti?
  2. La questione controversa riguardava il trattamento delle norme penali contenute in un decreto legge non convertito, in particolare la loro compatibilità con l'articolo 77, comma 3 della Costituzione, che prevede la perdita di efficacia dei decreti non convertiti entro 60 giorni.

  3. Cosa ha stabilito la Corte Costituzionale riguardo al comma 6 dell'articolo 2 c.p.?
  4. La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il comma 6 dell'articolo 2 c.p. nella parte in cui applicava le disposizioni dei commi 2 e 3 dello stesso articolo alle ipotesi previste, mantenendo però la regola dell'irretroattività della norma penale incriminatrice.

  5. Quali sono le implicazioni della sentenza della Corte Costituzionale sulle condotte realizzate durante la vigenza provvisoria di un decreto legge?
  6. Le condotte realizzate durante la vigenza provvisoria di un decreto legge non sono punibili se il decreto abrogava un'incriminazione preesistente, poiché tali condotte non costituiscono reato secondo la legge del tempo in cui furono commesse.

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