Andrea301AG
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Concetti Chiave

  • L'articolo 18 dello statuto dei lavoratori prevedeva due forme di tutela per licenziamenti illegittimi: reale (reintegrazione) e obbligatoria (scelta tra riassunzione o penale).
  • La legge Fornero del 2012 ha introdotto distinzioni tra tutela "forte" per aziende con almeno 15 dipendenti e tutela "debole" per aziende più piccole.
  • La tutela "debole" si applica anche in organizzazioni di natura politica, culturale, religiosa o educativa, dove la reintegrazione è inapplicabile.
  • La tutela ripristinatoria piena è limitata a casi gravi come licenziamenti discriminatori, legati a matrimonio o maternità, o motivi illegali.
  • Il datore di lavoro può assegnare nuove mansioni al lavoratore reintegrato o lasciarlo inattivo, ma rischia richieste di risarcimento per danni da inattività.

Indice

  1. Distinzione tra tutela reale e obbligatoria
  2. Modifiche introdotte dalla legge Fornero
  3. Applicazione della tutela debole
  4. Limitazioni della tutela ripristinatoria piena
  5. Prerogative e rischi per il datore

Distinzione tra tutela reale e obbligatoria

Fino al 2012, l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori distingueva due forme di tutela nel caso in cui il licenziamento fosse considerato illegittimo dal giudice:

- la tutela reale, che comportava la reintegrazione del dipendente;

- la tutela obbligatoria, in base alla quale il datore di lavoro può scegliere liberamente se riassumere il proprio dipendente o pagare una penale di ridotto importo.

Modifiche introdotte dalla legge Fornero

La legge Fornero ha modificato questo assetto, definendo «forte» la tutela reale, «debole» quella obbligatoria». La tutela forte si applica alle imprese con almeno 15 dipendenti a livello locale e a quelle con più di 60 impiegati su piano nazionale. La tutela debole, invece, è residuale: si applica in tutti gli altri casi (aziende con meno di 15 dipendenti).

Applicazione della tutela debole

La tutela debole si applica anche con riferimento ad associazioni che svolgono attività di natura politica, culturale, religiosa o di istruzione (organizzazioni di tendenza); qui, la reintegrazione non può aver luogo perché un lavoratore entrato in contrasto con la ragion d’essere dell’organizzazione non può esservi reinserito.

Limitazioni della tutela ripristinatoria piena

La legge Fornero ha limitato l’applicabilità della tutela ripristinatoria piena (tutela forte) alle ipotesi più gravi di licenziamento illegittimo: licenziamento discriminatorio, licenziamento in concomitanza con matrimonio e maternità, licenziamento nullo perché determinato da motivi illeciti e, infine, licenziamento inefficace sotto il profilo della forma. In questi casi il giudice dispone il ripristino giuridico del rapporto di lavoro.

Prerogative e rischi per il datore

Il compito di adibire il lavoratore reintegrato a nuove mansioni spetta però al datore di lavoro, che non può essere costretto a un’esecuzione forzata. Egli, ad esempio, può scegliere liberamente di lasciare il lavoratore inattivo, fermo restando l’obbligo della retribuzione, nella speranza di un ribaltamento della sentenza in appello. Questa prerogativa comporta comunque dei rischi per il datore: il dipendente, infatti, può richiedere il risarcimento dei danni patiti a causa della forzata inattività.

Domande da interrogazione

  1. Quali erano le due forme di tutela previste dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori prima del 2012?
  2. Prima del 2012, l'articolo 18 prevedeva la tutela reale, che comportava la reintegrazione del dipendente, e la tutela obbligatoria, che permetteva al datore di lavoro di scegliere tra riassumere il dipendente o pagare una penale.

  3. Come ha modificato la legge Fornero il regime sanzionatorio del licenziamento?
  4. La legge Fornero ha definito la tutela reale come «forte» e la tutela obbligatoria come «debole», limitando l'applicabilità della tutela forte ai casi più gravi di licenziamento illegittimo, come quelli discriminatori o nulli per motivi illeciti.

  5. Quali sono le implicazioni per il datore di lavoro nel caso di reintegrazione del dipendente?
  6. Il datore di lavoro deve adibire il lavoratore reintegrato a nuove mansioni, ma non può essere costretto a un’esecuzione forzata. Tuttavia, se il lavoratore resta inattivo, può richiedere il risarcimento dei danni per l'inattività forzata.

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