Concetti Chiave
- Il contratto a tutele crescenti, introdotto dal d.lgs. 23/2015, rende più flessibile il regime sanzionatorio per i licenziamenti illegittimi dei lavoratori assunti dal 7 marzo 2015.
- La tutela reintegratoria ex art. 18 è limitata a situazioni eccezionali, mentre generalmente si applica una tutela economica calcolata in base all'anzianità di servizio.
- Il criterio di risarcimento economico è proporzionato all'anzianità di servizio, con importi ridotti nelle ipotesi di tutela debole, e non si applicano più eccezioni per le organizzazioni di tendenza.
- L'istituto dell'«offerta di conciliazione» permette al datore di lavoro di offrire al lavoratore un risarcimento in cambio della rinuncia a impugnare il licenziamento, esente da contributi e tasse.
- L'offerta deve essere accettata dal lavoratore entro il termine di impugnazione stragiudiziale e può includere la risoluzione di altre controversie tramite una «conciliazione tombale».
Il nuovo regime sanzionatorio
Il regime sanzionatorio del licenziamento il legittimo per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 è molto più flessibile della disciplina precedente. Il d.lgs. 23/2015 ha introdotto due novità principali:
1) la tutela reintegratoria ex art. 18 è stata confinata ad ipotesi eccezionali, mentre di regola si applica la mera tutela economica;
2) l’importo della tutela economica è stato ridotto, divenendo proporzionato all’anzianità di servizio. Esso è calcolato tramite l’applicazione di un criterio automatico di risarcimento, crescente con l’anzianità di servizio (da qui l’espressione «tutela crescente»(. Essa si applica anche nelle ipotesi che ammettono la tutela debole: in questo caso, però, l’importo è dimezzato. La nuova disciplina, inoltre, non contempla più l’eccezione delle organizzazioni di tendenza: fino al 2015 esse erano sempre assoggettate alla tutela debole a prescindere dal numero di dipendenti occupati; oggi, invece, il regime applicabile è individuato in base al numero di impiegati.
Offerta di conciliazione
La nuova disciplina mira soprattuto a favorire rapporti di conciliazione fra lavoratore e datore: quest’ultimo può servirsi di un apposito istituto, definito «offerta di conciliazione», in base al quale può offrire al lavoratore l’importo di una mensilità di retribuzione per ogni anno di servizio, per un minimo di 3 e un massimo di 27 mensilità e, se il lavoratore accetta, l’importo non è assoggettato a contribuzione previdenziale né all’imposta sul reddito delle persone fisiche. In questo modo entrambe le parti ricavano un profitto dalla transazione.
L’offerta è valida solo se è fatta dal datore di lavoro mediante consegna al dipendente di un assegno circolare e, soprattutto, se il lavoratore la accetta entro il termine di impugnazione stragiudiziale del licenziamento. Durante la procedura, le parti possono conciliare anche altre eventuali pendenze, raggiungendo la cosiddetta «conciliazione tombale».