Concetti Chiave
- Manthe evidenzia l'incongruenza nel rito della mancipatio, dove l'acquirente dichiara la res sua prima del completamento del rito.
- Il rito della mancipatio prevedeva che la compravendita precedesse l'acquisizione del bene, creando un'incongruenza con l'affermazione dell'accipiens.
- Manthe ritiene che la parte finale del rituale sia un'aggiunta successiva, non presente nella versione originale.
- Il rito della mancipatio coincide con l'actio sacramentum in rem, dove l'attore dichiarava la proprietà del bene senza opposizione del venditore.
- La coincidenza tra i rituali suggerisce che i beni principali non potevano essere trasferiti senza consenso specifico, rendendo la mancipatio una forma di processo mascherato.
Processo arcaico a difesa della proprietà secondo Manthe
Nell’ambito della mancipatio, Manthe nota:
1. Che il primo a parlare sia l’acquirente e che egli dichiari che la res sia sua, sebbene ciò non sia vero perché il rito non è stato ancora ultimato;
2. Il fatto che l’accipiens affermi che la res deve venire da lui acquistata in cambio di questo rame e con questa bilancia di rame, costituisce un dato incongruo con il rito della mancipatio: esso prevedeva infatti che la compravendita precedesse sempre l’acquisizione del bene;
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4. L’incongrua formulazione del rito della mancipatio coincideva esattamente con il processo arcaico actio sacramentum in rem, in cui l’attore affermava appunto che la res era sua proprietà secondo il diritto dei cittadini romani e doveva venire da lui acquistata in cambio di questo rame e con questa bilancia di rame, cioè le medesime parole costituenti il rito della mancipatio. Nell’actio sacramento in rem, processo a tutela della proprietà, l’attore (colui che prendeva l’iniziativa del processo) affermava di essere il proprietario del bene. Da ciò derivava una sentenza (emessa sempre al tramonto del giorno in cui il procedimento aveva avuto inizio). Nella mancipatio, chi voleva acquistare la proprietà affermava che la cosa era sua; colui che voleva trasferire la proprietà non si opponeva. Lo stesso accadeva nel corso dell’actio sacramentum in rem: se la rivendicazione di una proprietà da parte di un soggetto non trovava l’opposizione del proprietario effettivo, il giudice riconosceva il diritto di proprietà all’attore (sedicente proprietario);
5. Tale coincidenza fra l’originario rituale della mancipatio e il rituale dell’antico processo arcaico a difesa della proprietà ha indotto Manthe a sostenere che nell’età arcaica i più importanti beni dell’asse patrimoniale non potevano essere trasferiti senza un consenso specifico. Per questa ragione la mancipatio è stata mascherata sotto forma di processo che consentiva ai romani di effettuare ugualmente il trasferimento del bene pur non servendosi della mancipatio;
6. L’aggiunta non organica, dunque, rappresentava la consapevolezza che originariamente i beni più importanti dei romani non potevano essere trasferiti tramite la mancipatio.
Domande da interrogazione
- Qual è l'incongruenza principale nel rito della mancipatio secondo Manthe?
- Come si collega il rito della mancipatio con l'actio sacramentum in rem?
- Perché Manthe ritiene che la mancipatio fosse mascherata sotto forma di processo?
Manthe osserva che l'incongruenza principale nel rito della mancipatio è che l'acquirente dichiara che la res è sua prima che il rito sia completato, e che l'affermazione dell'acquisto in cambio di rame e bilancia dovrebbe precedere l'acquisizione del bene.
Il rito della mancipatio coincide con l'actio sacramentum in rem, poiché in entrambi i casi l'attore afferma la proprietà della res con le stesse parole, e se non c'è opposizione, il diritto di proprietà viene riconosciuto.
Manthe sostiene che la mancipatio fosse mascherata sotto forma di processo perché, nell'età arcaica, i beni più importanti non potevano essere trasferiti senza consenso specifico, e il processo consentiva il trasferimento senza utilizzare la mancipatio.